Gli articoli di questo numero presentano le esperienze di un giovane disabile, un'amica, un fratello, due famiglie (qui e qui), una mamma sola col suo bambino. Essi rappresentano la "famiglia" di persone di cui "ombre e Luci" parla e a cui si rivolge.

Quando da piccolo andavo a vedere le partite di pallone, ho capito che per i miei problemi fisici purtroppo non potevo né frequentare discoteche né fare gite in montagna né partecipare a tutte le attività che svolgono gli altri perché mi sono reso conto che sono pesante da portare in giro: Fino a sedici anni circa ho sempre frequentato i miei parenti: era mio papà a portarmi in braccio.
Successivamente l’assistente sociale del comune di Nerviano mi ha aiutato ad ampliare le mie conoscenze e ad aprirmi maggiormente verso la sociatà.
Ho cominciato a frequentare altri ragazzi.
L’attività del mio gruppo tutto nervianese, il volontariato per la promozione umana, era inizialmente sostenuta da un grande entusiasmo. Col passare del tempo però si sono formate molte coppie di fidanzati che privilegiavano la loro vita privata rispetto alle attività di gruppo.
Impulsivamente ho deciso di allontanarmi da loro.

Nel mio nuovo gruppo, formato da giovani che frequentavano l’oratorio riuniti attorno al parroco don Emilio, mi sono sentito a mio agio. Il gruppo giovani era formato allora da sposini e fidanzati. Queste persone erano affettuose e disponibili tra di loro e nei miei confronti e alcune di loro, anche se erano ufficialmente fidanzate, non si isolavano ma erano parte attiva del gruppo.
Con i giovani di adesso mi trovo bene nonostante qualcuno faccia un po’ fatica ad esprimere il suo affetto nei miei confronti; so comunque che migliorerà.
Con molti di loro sono molto affiatato: c’è una certa sintonia fra noi che ci consente di comunicare apertamente e di trascorrere momenti allegri e spensierati. Anche in questo ambiente però avverto una mancanza: quella di adeguate attrezzature, come ad esempio un pulmino, per l’assistenza agli handicappati.
Per questo motivo ho dovuto rinunciare a gite ed escursioni pur desiderando tanto parteciparvi.

A volte penso che a causa delle mie difficoltà fisiche sarebbe meglio che io mi appoggiassi a una struttura sanitaria. A questo proposito so che non sono molti i giovani che scelgono di diventare infermieri, mentre penso che questa sia una professione attraverso la quale si possa offrire un vero aiuto materiale e psicologico all’ammalato.
Nell’ambito sanitario rivestono importanza anche gli obiettori di coscienza che prestano servizio in enti specializzati spinti dal desiderio di mettersi a disposizione del prossimo.
Cinque anni fa ho conosciuto un obiettore, Alberto Monza, mio coetaneo, con cui sono ancora in contatto, presso un istituto socioeducativo che si occupa di handicappati, il SEME. Insegnava a lavorare e a realizzare cestini di midollino, a svolgere attività di collage o disegno, a fare sport… Noi due eravamo molto affezzionati e ancora adesso quando usciamo in pizzeria coi coscritti, io cerco lui accanto a me perché so che ha vissuto questa esperienza ed è contento di potermi aiutare.

Gianni De Vita, 1993

Un mondo che cambia ultima modifica: 1993-03-18T14:17:05+00:00 da Redazione

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