Alla luce delle sue esperienze personali Claudio Imprudente, affetto da tetraparesi spastica, pone lo sguardo sul mondo e sul vissuto dei portatori di handicap con lucidità e concretezza. Egli si domanda «che cos’è la normalità?», chi la stabilisce?» e si chiede se il modo di confrontarsi con l’altro nella nostra società non sia errato come errati sono i valori proposti. Al di là di un handicap, di un limite, di un ostacolo dovuto ad una malattia ormai superata, non c’è forse l’uomo, la donna, il bambino, con capacità specifiche e una personalità propria che vive ed ama come tutti? «Questo è il punto, egli dice, l’uomo ha costruito una società che lo allontana dal mistero, alla bellezza ma anche dalla paura di questo mistero, e non riesce a vedere dentro se stesso». Non riuscire a vedere dentro noi stessi non è un impedimento che ci preclude la possibilità di vedere «dentro» gli altri?

E’ attraverso di loro, attraverso l’accettazione di persone diverse, forse a volte difficili a capire, ma sempre presenti e pronte al confronto, ad aiutare ed essere aiutate, che si manifesta la «Vita». Claudio Imprudente non si ferma qui; è carico di una forza carismatica tutta sua e sente una vocazione alla testimonianza che lo trascina in mezzo alla gente, fra i giovani, fra i ragazzi. Egli è convinto che la conoscenza delle persone, dei loro problemi, delle loro gioie, porta alla comprensione, alla serenità, all’amicizia. Non è questo l’amore che ci chiede Gesù? Questo ideale viene perciò da lui continuamente sperimentato fra i suoi amici, nei gruppi e nella comunità Maranà-Thà dove vive. * Claudio Imprudente lavora » al Centro Documentazione Handicap dell’AIAS di Bologna, dirige la rivista bimestrale ACCAPARLANTE, interviene in dibattiti , coordina iniziative. Una delle più recenti è il «PROGETTO CALAMAIO» dove attraverso una serie di incontri i ragazzi delle scuole elementari e medie di Bologna sono messi in grado di fare la conoscenza e vivere l’amicizia con portatori di handicap. «Amare *è la mia condizione. E così se prima la gente veniva da me per dar qualcosa, e il movimento era univoco, ora c’è sempre uno scambio reciproco. Questa è la cultura che deve stare attorno e insieme alLhandicap».

Natalia Livi, 1991

Natalia Livi, è stata una delle storiche collaboratrici di Ombre e Luci. Ha contribuito alla rivista dal 1991 al 2004.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.33, 1991

Sommario
Con la vostra collaborazione - Inchiesta di Mariangela Bertolini
Famiglie diverse? di Giacomo e Maria Labrousse
Educare è desiderare di Marie H. Mathieu
La Stelletta di Nicole Schulthes
Quel che mancava ai nostri figli di Laura Delay

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

L'omino di vetro di M.C. Barbiero
Vita! riflessioni sulla cultura dell'hadicap di C. Imprudente
Il mio piede sinistro di C. Brown

VITA! Riflessioni sulla cultura dell’handicap ultima modifica: 1991-03-16T10:26:44+00:00 da Natalia Livi

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