nella suaPubblichiamo due parti e la lettera di introduzione di un documento del Cardinale Joseph Bernardin, presidente della Conferenza Episcopale Americana, che meritano la lettura e la meditazione dei genitori, degli amici, soprattutto dei sacerdoti.

Miei cari amici,
desidero scrivere una lettera speciale per voi, che siete chiamati ora handicappati psichici, ora disabili di mente. Desidero che voi sappiate che Dio vi ama moltissimo e che appartenete al popolo di Dio.
Desidero che i vostri genitori, fratelli e sorelle, gli amici sappiano che voi siete membri della Chiesa a pieno diritto. Con il Battesimo e la Confermazione voi avete nella Chiesa un posto di cui nessuno può privarvi.
Alcuni di voi vivono con le proprie famiglie. Altri vivono in piccole comunità o in istituti molto grandi. Ma tutti appartenete alla famiglia di Gesù.
Accludo alla presente un documento con il quale affermo che si devono trovare i modi perché voi possiate andare in Chiesa a ricevere la Santa Comunione.
Tutte le persone che vengono in Chiesa devono essere vostri amici. Desidero che voi sappiate di avere un posto alla Mensa del Signore.

Altrimenti dove ci sarà un posto?

L’assemblea liturgica è l’adunanza dei membri della parrocchia che si pongono davanti al Padre per offrire preghiere di lode e di ringraziamento.
Questa adunanza è sempre un processo di crescita — crescita nella fede in Dio e nel rispetto per le persone. Una sfida per la parrocchia è discernere e decidere perché e come accogliere i disabili di mente nella sua vita per mezzo dei sacramenti.
La vita liturgica della parrocchia deve offrire un ambiente dinamico che possa aiutarli, ad ogni età, a superare l’isolamento e a scoprire gli altri come credenti. Deve procurare le occasioni per aiutarli a superare la paura degli altri. Deve aiutare anche ciascun parrocchiano ad avere il coraggio di rischiare qualcosa per costruire la solidarietà, per costruire l’unità, per edificare il Corpo di Cristo.
L’assemblea parrocchiale provvede continuamente alla vita sacramentale di tutti i suoi membri, compresi coloro che sono disabili di mente.
Se le famiglie non possono portare tutti i loro membri alla Chiesa parrocchiale, dove potranno portarli? Se ogni persona non ha un posto davanti alla mensa della Parola di Dio e alla mensa del Pane di Dio, dove ci sarà un posto per loro?
Tuttavia, per provvedere un’appropriata atmosfera di dignità e di riverenza per il culto, si richiedono capacità di guida, buon senso e grande rispetto sia per l’assemblea che per ciascun disabile.

Per rispondere al bisogno della famiglia

L’invalidità di un bimbo, di un fanciullo, di un giovane o di un adulto è un terribile colpo per una famiglia. L’invalidità minaccia l’equilibrio di tutte le relazioni tra i membri della famiglia: genitori, fratelli e sorelle, nonni e gli altri parenti. Può anche sfidare la fede in Dio quale Padre misericordioso. A volte una famiglia ha bisogno di ritirarsi per qualche tempo per superare l’ansietà e ricostruire i suoi legami. Spesso solo gradualmente la famiglia può avvicinare i responsabili della parrocchia per chiedere la celebrazione di un sacramento.

Una sfida per la parrocchia è discernere e decidere perché e come accogliere nella sua vita chi ha una disabilità mentale per mezzo dei sacramenti

Per rispondere bene ad una tale richiesta, i responsabili della parrocchia devono avere sensibilità e capacità di ascolto. Non rispondono solo alla persona disabile ma a tutta la sua famiglia.
La famiglia ha il diritto di aspettarsi la partecipazione ai sacramenti e la relativa catechesi per i suoi membri disabili. E così, anche se il progresso è lento e il cammino non sempre sereno e facile.

D’altra parte la parrocchia e i suoi responsabili hanno il diritto di aspettarsi che la famiglia si coinvolga nell’educazione religiosa o nella formazione alla fede di uno dei suoi membri. In questo cammino, in altre parole, c’è la reciproca relazione tra la famiglia e la parrocchia.
«Quali sono i segni con cui un disabile di mente può indicare di essere pronto per ricevere l’Eucarestia? Essi sono il desiderio, le relazioni con le persone che condividono la fede e la preghiera, e il senso del sacro manifestato con il comportamento. Spesso queste persone non possono usare parole adeguate per esprimere la differenza tra il pane ordinario e il Pane di Dio, ma possono dimostrare che riconoscono la differenza con il comportamento esteriore, l’espressione dei loro occhi, i loro gesti o con il loro significativo silenzio. Il desiderio di Dio di essere in comunione con la persona si può presumere; il desiderio della persona per la comunione deve essere risvegliato e sostenuto.
Quando i disabili di mente sono nell’assemblea e si sentono uniti alle persone che li circondano, è normale che sentano il desiderio di ricevere la Comunione. Le famiglie e i catechisti dovrebbero sostenere questo desiderio, alimentarlo e procedere con la presentazione alla Prima Comunione mentre il desiderio è vivo. Una catechesi specifica, che spieghi il significato dell’evento con maggiori dettagli, è spesso più fruttuosa dopo la Prima Comunione.
A volte la persona è tanto disabile che le rimane difficile avvicinarsi al ministro della Comunione. In tal caso la comunione sarà portata alla persona.
In alcuni casi il disabile di mente è così malato da non potere andare in Chiesa. Una liturgia in casa o nell’istituto che lo ospita è l’occasione migliore e il luogo più adatto per la Prima Comunione.

Joseph Cardinal Bernardin, Arcivescovo di Chicago (USA), 1989

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.28, 1989

Sommario

Editoriale

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Rubriche

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Dove se non in Chiesa? ultima modifica: 1989-12-26T11:00:58+00:00 da Redazione

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