Il tavolo di una sala da pranzo; un seminterrato; la stanza di un ufficio; un ex magazzino. Le cose e i luoghi – annotava Carla Simons, scrittrice e giornalista ebrea uccisa ad Auschwitz – prendono vita se gli diamo vita (La luce danza irrequieta. Diario 1942-1943, Edizioni di Storia e Letteratura 2023). E di vita, nei suoi quarant’anni di esistenza, Ombre e Luci ne ha seminata e annaffiata tantissima. Quattro decadi e quattro sedi, nate provvisorie ma diventate storia, spesso di fortuna e di amicizia, in ogni caso di un’armonia piena.

La prima sede è stata, per dirla con il femminismo, il partire da sé. E da sé era il grande tavolo della sala da pranzo della casa di Mariangela Bertolini a Roma, come racconta il figlio Nanni. Lì e all’Istituto Nazareth, in via Cola di Rienzo (sede legale di Fede e Luce fino al 2012) dove nel 1974 si inizia a stampare Insieme.

Poi i decenni in via Bessarione n. 30, dai primi anni Ottanta e per i successivi trentacinque. Se c’è un punto cardinale più punto di altri, eccolo: via Bessarione non è stata una delle sedi di Ombre e Luci; è stata casa.

È il 1981 quando si libera la portineria dello stabile. L’appartamentino «era molto piccolo – racconterà anni dopo Olga Gammarelli – ma forse sarebbe bastato per ospitare il giornale, almeno all’inizio. Poi, appena esso fosse divenuto economicamente stabile, sarebbe stato necessario e possibile trovare una sistemazione più grande a pagamento». I cinque proprietari della palazzina – e cioè Francesco, il marito di Olga, suo fratello Filippo e le sorelle Paola, Maria e Anna – concordavano nel volerne dare uso gratuito alla rivista. Così nel condominio Gammarelli – dove, con Olga e Francesco vivevano i figli Max e Sabina, una delle ragazze storiche di Fede e Luce, che oggi ha casa al Carro – arrivano i nuovi inquilini («Per la presenza dei giornalisti giù in portineria – scriverà ancora Olga – abbiamo fatto belle risate!»). È qui che nasce il n. 1 di Ombre e Luci, datato gennaio/marzo 1983.

Non si sapeva all’inizio quale sviluppo avrebbe avuto l’idea di «fondare una rivista» Eravamo timorosi e incerti: era grande il pericolo di far solo parole

La coabitazione porta a tanto. Alle parole di Maria Monica nel 2007 ad esempio («Noi condomini abbiamo sempre vissuto con la massima simpatia la compagnia di tutti i volontari della redazione che negli anni si sono avvicendati […]. Siete sempre stati ospiti ideali per cortesia, discrezione, gioia e sempre portatori di pace») è seguito, tra gli altri, un bel frutto. Di recente, infatti, è stata proprio lei l’ispiratrice del nostro focus speciale sulla storia della disabilità (cfr. OL n. 153) con il suo orgoglioso racconto della tesina della nipote Ludovica, dedicata al mondo non udente.

Il tempo, però, passa per tutti, le rughe segnano anche i luoghi, e per motivi strutturali l’appartamentino di via Bessarione non è più stato agibile. Parte il passaparola per trovare un nuovo spazio, anche perché intanto la sede di Ombre e Luci ha iniziato a coincidere con quella di Fede e Luce. Si bussa a tante porte, ma nulla. Ovviamente nel frattempo la redazione continua a lavorare, si sposta di casa in casa, finché è un amico di vecchia data – Filippo Ascenzi – a offrirci la coabitazione nel suo studio di ingegneria informatica in via Nomentana n. 150. Cerchiamo di essere più discreti possibile, noi che proprio leggeri non siamo, eppure la nostra presenza non ci viene mai fatta pesare, anzi l’offerta di Filippo è sine die. Per due anni l’architettura di inizio Novecento fusa con la modernità degli spazi interni, le vetrate sul giardino invisibile dalla strada e il vialetto di sassolini bianchi saranno fucina di tante idee, cambiamenti, progetti (per dire, la messa a punto del salto nel mondo delle newsletter è avvenuta lì; poi non tutti i salti vanno a buon fine, ma gli ostacoli non hanno mai fermato OL).

Infine via di Valle Aurelia n. 92, un percorso lungo, ma necessario per l’urgenza di avere «una stanza tutta per sé». Trovare la sede era uno degli obiettivi del primo quadriennio della presidenza di Angela Gattulli, ma alla scadenza dell’incarico, ancora nulla. I frutti sono arrivati solo all’alba del secondo mandato di Angela: grazie alla segnalazione di Vito Giannulo, e all’effetto domino successivo, abbiamo partecipato al bando del comune di Roma per l’affitto di immobili non residenziali di edilizia popolare. Angela, Cristina e Matteo hanno visionato ex magazzini, ex garage, seminterrati (la mitica sede del Partito Socialista di via Appia è rimasta nel cuore, ma le barriere architettoniche hanno precluso qualsiasi fattibilità), fino ad arrivare ai locali di via di Valle Aurelia. Un tweet del 24 marzo 2021 annunciava, con tanto di foto, che la presidente Angela Gattulli aveva ricevuto ufficialmente le chiavi della nuova sede. Quindi i necessari mesi di cantiere, e ancora tanti tentativi in cerca dei fondi necessari (o almeno di una parte), fino all’agognato «Ci siamo» del 10 gennaio 2022. Inaugurati gli spazi, sono iniziate riunioni, visite, incontri e varie migliorie. Da poco, ad esempio, la sede ha «ancora più luce» grazie alla sostituzione dei pannelli opachi dell’entrata con vetri trasparenti.

E così, quarant’anni dopo la nascita di Ombre e Luci, eccoci nell’ex magazzino riconvertito, avendo portato con noi un po’ il tavolo di quella mitica sala da pranzo, il seminterrato che è stato per decenni casa e i sassolini dell’ufficio del nostro caro amico: la quarta tappa della storia è ora, qui, insieme a voi.

Giulia Galeotti, 2023

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.161


Quattro punti cardinali: i luoghi di «Ombre e Luci» tra i quartieri di Roma ultima modifica: 2023-05-08T13:04:06+00:00 da Giulia Galeotti

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