«Una famiglia» è un breve romanzo di Kenzaburo Oe scrittore giapponese contemporaneo premio Nobel per la letteratura nel 1994.
Lontanissimo da noi per ambiente, cultura interessi, ci è straordinariamente vicino perché padre di Hikari, nato con una grave malformazione al cervello, autistico, soggetto a crisi epilettiche e, insieme, «affermato compositore di musica classica».
Di questo libro, per i nostri lettori, abbiamo scelto alcuni passaggi.

Hikari nacque con una malformazione cerebrale, e non è esagerato affermare che cominciò a «vivere in questo mondo» solo dopo aver subito un intervento chirurgico…

Mi accorsi che mostrava un grande interesse per il canto degli uccelli, e quasi con frequenza maniacale presi a fargli ascoltare un disco su cui era inciso il canto di cento specie diverse…

Un giorno, nel bosco che circondava la nostra piccola casa di montagna, mio figlio, che aveva cinque anni, con una voce che imitava perfettamente il narratore del disco, riconobbe l’esemplare e disse in tono solenne: — È un porciglione! —

Non ho il dono della fede, ma devo riconoscere che nelle sue melodie mi sembra di scoprire qualcosa…di molto vicino alla «grazia», intesa come virtù e bellezza ma anche come espressione, attraverso la preghiera, di un sentimento di riconoscenza …

Nell’agosto del 1963, due mesi dopo la nascita di Hikari, andai ad Hiroshima per scrivere un articolo sulla Conferenza Mondiale contro le bombe atomiche. Per quanto ricordo…mi spinse la sensazione pressante che se non mi fossi spostato su un piano da cui avere una visione più ampia, mi sarei fatto schiacciare dal problema di mio figlio…

Quando Hikari nacque credo mi trovassi nel mezzo della mia crisi di identità della giovinezza, o forse al suo culmine…la nascita di un figlio cerebroleso arrivò come una bomba nel mezzo di questa crisi. Fu grazie a tale dolore che riuscii a ritrovare un equilibrio…

Ci vuole una certa dose di coraggio…per ammettere che ci sono momenti in cui qualcuno nella mia famiglia non riesce a controllare la rabbia nei confronti di Hikari: e mi riferisco soprattutto a me stesso…

Non ho dubbi che la tendenza ad allevare figli sia un istinto innato dell’uomo, ma credo ci sia qualcosa di istintivo anche in un accesso d’ira provocato da un bambino che piange di notte…

Quando vedo l’immutata abnegazione di mia moglie verso questo figlio diverso, mi sento colpito nel profondo. Da quando è nato, lei incarna la vera immagine della pazienza…

…Io interpreto il termine compassione come la capacità spontanea e insieme voluta di cogliere quanto alberga nell’animo della persona che ci sta di fronte…

Mio figlio, soprattutto da piccolo, non è mai arrivato a esprimere un desiderio… nemmeno del tipo più semplice… Per questo nutro un’immensa e profonda gratitudine nei confronti di mia moglie, che con spontanea compassione e facendo lavorare l’immaginazione ha scoperto dentro al cuore di Hikari il suo intenso bisogno di musica…

E per quelle persone che ci hanno aiutato a far venire alla luce ciò che era chiuso nel profondo dello spirito di Hikari. io provo ogni giorno una profonda
gratitudine…

Molte volte, crescendo Hikari, io e mia moglie ci siamo detti: Non abbiamo scelta, diamoci da fare… i disabili stessi, che generalmente sopportano senza lamentarsi sofferenza e difficoltà, probabilmente affrontano la loro vita di infermi dicendosi la stessa cosa…

Ci fu un periodo in passato in cui Hikari spesso disobbediva o approfittava della sua mole per tiranneggiare la sorella e il fratello. Ma quando respinge violentemente la persona che ama di più al mondo, la sorella, lo fa perché invaso anima e corpo da una sensazione di profonda angoscia che lui stesso non può controllare. Poi, quando torna in sé, passa il resto della giornata con lo sguardo fisso a terra, sopraffatto dalla vergogna per la sua condotta, tanto che tutta la famiglia, e la sua vittima per prima, accorre a confortarlo…

Parlando con Hikari mia suocera mostrava una dolcezza particolare, ed il loro rapporto funzionava in qualche modo come un asse attorno al quale ruotava tutta la famiglia…

Avevo già riflettuto …sul perché una società che emargina i disabili possa essere considerata debole e fragile…

In famiglia il fatto che uno di noi sia portatore di handicap ha fatto sì che gli altri dovessero compensare le sue debolezze facendo appello alla propria creatività…

Nel corso del tempo, la famiglia del disabile (in base alla sua esperienza) può conquistare un suo ruolo all’interno della comunità in cui vive, e infine può certamente diffondere il suo messaggio in larghi strati della società…

Estratti da Hikari – «Una famiglia»Kenzabuto Oe – Edizioni Oscar Mondadori Original, 1998

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.63, 1998

Sommario

Editoriale

Sapersi meravigliare di M. Bertolini

Il melograno

Roberto trova un'altra casa di L. Cusimano
Ora può riposare di M. I. Sarti
Roberto, chi sei? di M. Cusimano
Giorno di festa al Melograno di N. Schulthes

Altri articoli

Impossibile tacere
Isolamento infranto di A.M. Vexiau
Sinceramente increduli di C. Colaizzi
Catechesi facilitata di Don A. Lonardo
I nostri grandi amici: Maria Teresa di B. Morgand e N. Herrenschmidt
Congresso mondiale dei movimenti ecclesiastici 1998a cura di D. Mitolo

Libri

Hikari – «Una famiglia», O. Kenzabuto

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce

Hikari – «Una famiglia» ultima modifica: 1998-09-28T12:24:12+00:00 da Redazione

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.