Appello ai genitori

Sono la più piccola di tre fratelli. Roby, il più grande, ha 39 anni: è cerebroleso.
La mia famiglia e la mia vita ha sempre girato intorno a Roby, anche se io lo capisco solo da poco tempo.
Era normale uscire una domenica sì e una no per fare i turni con mia sorella per non lasciar soli i miei con Roby; era normale frequentare Fede e Luce (così non ero sola con lui); è stato ovvio diventare operatrice per gli handicappati, è stato scontato cercare lavoro in una scuola per portatori di handicap.
Oggi mi accorgo che il mio (anche il tuo) passato e futuro è stato gestito e ipotecato in modo egoistico dai nostri genitori.
Io adoro Roby ( lui è un angelo che cerca solo persone sorridenti). Amo Roby, soffro maledettamente per lui per quello che non potrà mai conoscere, per quello che non potrà mai fare, per essere costretto a far scegliere agli altri come disporre dei suoi diritti ed è stata una scelta ingiusta quella fatta dai miei (dei tuoi) genitori di non pensare al futuro dei loro figli sani e non.
I genitori quando scoprono di avere un bambino così particolare, prima si disperano, poi lo amano troppo e ipocritamente (senza cattiveria) pensano: «Vivrà felice fino a che io ci sarò, poi…» Ma poi cosa? Sono forse loro in grado di dire per quanto tempo potranno badare a lui? E un impegno che loro prendono in piena coscienza e che devono rispettare col nostro aiuto, ma l’impegno è il loro.
Quando loro non sono più in grado di provvedere al bambino, ragazzo e poi uomo, il figlio sano provveder a loro e al ragazzo, poi solo al ragazzo, come se questo figlio-fratello fosse stato concepito con questo compito prestabilito.
Il sano cresce ereditando ogni giorno che passa questo futuro dovere senza neanche osare ribellarsi perché ormai dovrebbe combattere contro se stesso e sa che perderebbe amore e voglia di vivere.
Quando il sano comincia a vivere la sua vita?
Quando le sue scelte saranno mirate prima al suo bene e poi alla famiglia?
E quando il genitore muore all’improvviso, senza avere provveduto né a parole (perché è sempre stato sottinteso che ci avresti pensato tu), né a fatti (pensando a fare domande presso istituti, creando un fondo economico) al futuro del figlio malato e tu ti trovi a dover decidere che cosa fare?
Vuoi non far soffrire Roby perché lui ormai conosce solo la vita domestica e nessun istituto (se esiste) ti sembra appena accettabile né idoneo ad evitare a Roby la tragedia del distacco da casa, da noi.
Vuoi dedicarti ai tuoi figli, dando loro tutto il tuo tempo perché sai, per esperienza, che indietro non si torna e ogni attimo con loro è insostituibile.
Tuo marito credeva di essere conscio quando ti ha sposata, di quanto la presenza di Roby sia importante per te e di quanto avrebbe inciso sulla vita in comune. Ma non fino a questo punto.
Hai avuto la sensazione di un mattone sul cuore quando il giudice tutelare ha detto: Sei responsabile e insostituibile per lui; fai le scelte giuste».
Come sarebbe stata la mia vita e quella di Roby e quella dei miei genitori (papà sarebbe morto meno angosciato?) se Roby fosse cresciuto presso una casa-famiglia, una istituzione? Probabilmente ora non subirebbe tanti traumi ed io non lancerei questo appello agli altri genitori.

Eleonora


Anche in ospedale

Da parecchi anni sono una lettrice affezionata alla vostra rivista. In ospedale viene letta anche dai medici e infermieri; prendono parte pure le persone che sostano negli ambulatori in attesa di visite specialistiche.
Auguri di ogni bene.

Suor Cristiana Dei Pra

Grazie. Suor Cristiana, per le sue parole e per la sua solidarietà. G auguriamo che si moltiplichino le persone che , come lei. mettono OMBRE E LUCI negli ambulatori, nelle sale d’aspetto e dovunque ci sia la possibilità di un momento di sosta e di riflessione.


L’amicizia, dov’è?

Sono un anonimo, ma un vostro lettore.
I vostro giornalino l’ho trovato molto interessante e soprattutto molto significativo.
Io faccio parte, da diversi mesi, di un gruppo di Fede e Luce del mio paese). Mi trovo benissimo con questo gruppo e poi mi sono fatto diversi amici, che prima per me non c’erano.
Il mio gruppo si riunisce una volta al mese ma vorrei che questo incontro fosse due volte al mese.
L’amicizia per me è una cosa fondamentale.
Io ho molti amici però, a volte, loro si dimenticano e questo mi fa rimanere male.
Vorrei far presente a quegli amici che se se sono andati o che stanno per farlo, di fermarsi in tempo se vogliono salvare l’amicizia che c’è fra noi, perché c’è sempre bisogno di una parola di conforto. Se abbandoniamo questa amicizia, che cosa rimarrà di noi? Un amico vero non ti abbandona mai anche se tu sei in difficoltà perché tutti siamo fratelli.

Un lettore


Ho ritrovato la gioia di vivere

Pubblichiamo come lettera una parte di un lungo scritto che in forma di racconto comunica una esperienza di vita.
Camminai senza una meta, fino a notte fonda, pedalando con sacrificio. Il mio viso era bagnato di sudore; vidi un vialetto, camminai per circa due chilometri; vidi una luce piccolissima come un lumino e io, pallido, distrutto, addolorato, mi avvicinai.
Vidi aprire un cancellerò, mi apparve un viso dolce e bello e mi disse: «E tu, caro figliolo, a quest’ora, che ci fai davanti a questo cancelletto?». Risposti: «Ho pedalato sperando di trovare un po’ di pace e tranquillità». Ti abbraccio mamma Maria, per avermi ridato la gioia di vivere; un bacio da tuo figlio.

Domenico

P.S.: Adesso capisco perfettamente che chi mi ha abbandonato, è senza cuore, e che chi ha cuore, salva un figlio e un amico distrutto.


I miei racconti

…Disabile anch’io…sulla breccia però: sono stata una lavoratrice instancabile e voglio morire con le armi in pugno. La mia storia è lunga… Non mi lamento, vorrei solo non peggiorare, per non dare fastidio. Tanti si rivolgono a me… Se fossi milionaria o almeno sana per andare a lavare i piedi a disabili come me! Mi è stato negato l’accompagnamento perché ragiono bene. Avete mai visto un bicchiere di acqua portato alle labbra «con la ragione?»
Faccio quello che posso e come posso. Da anni, pratico una specie di volontariato per corrispondenza e adesso per telefono, perché alcuni non possono scrivere.
Ho una silloge di racconti: vorrei farli stampare e devolvere ricavato e diritti di autore a favore di una Cooperativa per disabili sorta in Acri. Conoscete una Casa Editrice pronta a farlo? Appena possibile vi manderò il mio obolo della vedova. Sono tale dal 1994. Vi prego di scusare il mio scritto, sono stanca, non posso correggere e ricopiare.

Assunta Gallipoli Capalbo

Speriamo che qualche lettore sia interessato ai suoi racconti. Noi possiamo , forse pubblicarne qualcuno: sarebbe un modo metterli , sotto gli occhi di molti. Ce li mandi, se crede.

DOCUMENTAZIONE

È uscito, a cura del Servizio di Consulenza Pedagogica di Trento, il 26° volume della «Bibliografia Italiana sui Disturbi dell’Udito, della Vista e del Linguaggio» 1997 di S. Ligati, pp. 128, L. 20.000. Il volume contiene 634 voci bibliografiche (libri, articoli, periodici italiani ed esteri) su questi temi e su altri che interessano anche tipi diversi di handicap: i problemi educativi, il ritardo mentale, le varie forme di terapia, l’integrazione scolastica e sociale, la famiglia, l’educazione religiosa, i convegni, la legislazione, i film, le videocassette ed altri. Il volume può essere richiesto al Servizio di Consulenza Pedagogica – Casella Postale 601 – 38100 Trento – tel. 0461/828693. Gli articoli presentati dalla Bibliografia Italiana sono disponibili in fotocopia. I libri devono essere ordinati nelle librerie e i Cataloghi degli editori presentati si possono ottenere scrivendo o telefonando agli editori.

Dialogo aperto n.58 ultima modifica: 1997-06-12T08:30:51+00:00 da Redazione

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