Da anni ci chiedevamo se OMBRE e LUCI fosse in grado di affrontare il tema dell’affettività e della sessualità delle persone con handicap intellettivo. Abbiamo rimandato perché non è facile entrare in questo campo con il rispetto e la delicatezza dovuti.
Perché ci accingiamo ora a dare il nostro piccolo contributo su questo tema? — Perché siamo sollecitati dalle domande che ci vengono poste sia da genitori, sia da amici che frequentano i loro figli…

  • Perché la cultura di oggi è diversa da quella di cinquant’anni fa. Si è preso coscienza che ora, dal momento che molti di loro non vivono più segregati come prima, c’è bisogno di avere le idee chiare in proposito: come agire per il meglio nei loro confronti?
  • Perché i mass-media, soprattutto la televisione, irrompono nelle nostre case con programmi a volte eccessivi e troppo palesi per non destare turbamento e perplessità in chi è fragile e indifeso.
  • Perché, infine, noi crediamo fermamente che anche loro debbano poter esprimere al meglio la loro affettività, il loro diritto all’Amore. Sappiamo che le nostre risposte non potranno essere esaurienti. Per questo incoraggiamo tutti a non avere timore di chiedere, di informarsi, di dare tempo a questa ricerca.

I genitori di figli con handicap intellettivo sanno da sempre che il matrimonio è per loro quasi precluso, così come la laurea. Fa male prendere coscienza di questo limite, e tremenda è la sofferenza che ogni genitore assume, con fatica e ribellione, all’annuncio dell’handicap intellettivo del propio figlio.
Un grande scrittore, C.S. Lewis, distingue l’amore in quattro categorie: l’affettivo, l’amicizia, l’eros, la carità.

È facile, per chi conosce i nostri amici con ritardo più o meno grave dell’intelligenza, riconoscere che in loro la capacità di amare è spesso molto più forte che in noi, esseri cosiddetti normodotati. Proprio in questo campo, spesso, li abbiamo scoperti «maestri» nei nostri confronti. E non solo per quanto attiene alla manifestazione esteriore. I genitori sanno quanto i loro figli handicappati mentali siano capaci di affetto, di tenerezza, di gesti altruistici, di capacità di perdono, di vero dolore e di grave sgomento di fronte al male e a chi lo compie. E così: essi vivono bene l’affetto, l’amicizia, la carità. Tutte queste potenzialità che sono in loro vanno sviluppate, incentivate, sorrette. Proprio perché una necessaria e sofferta limitazione si impone ai loro bisogni e manifestazioni che riguardano l’eros. Questa limitazione, per i più gravi fra essi, non sarà neppure messa in discussione. Per altri, i più lievi, sarà oggetto di valutazione, a seconda dei casi: sarà utile con l’aiuto di «educatori» preparati e competenti cercare la strada migliore. Non sarà sempre una strada facile, ma i nostri ragazzi vi saranno accompagnati, capiti, guidati e non lasciati soli.
A noi tutti spetta il compito di guardare a questi nostri amici con rinnovato rispetto e delicata attenzione: pronti sempre a prenderli sul serio, a non indulgere mai ai loro «infantilismi», a proteggerli dalle situazioni rischiose, a capirli nella loro sofferenza spesso celata e inespressa, a riconoscere la loro interezza di uomini e di donne, a promuovere e ricevere il loro dono più grande che resta quello dell’Amore.
Solo così potremo unirci alla convinzione di Jean Vanier:
«Credo che Gesù desideri aiutare in modo tutto speciale quelli che vivono un celibato per forza».

Mariangela Bettolini, 1995

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

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Un tema difficile e delicato ultima modifica: 1995-03-16T21:34:34+00:00 da Mariangela Bertolini

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