Alessandro ha nove anni ed è portatore di handicap fisico. Passa la giornata in carrozzella. Una domenica mattina dichiara improvvisamente che non vuole andare alla messa e non vuole spiegarne i motivi. I genitori si domandano se non gli è giunta all’orecchio un’osservazione irritante, se si è sentito ferito da uno sguardo maldestro di pietà… oppure se le sue parole manifestano una ribellione verso quel Dio che ha permesso la sua situazione. Come agire in queste circostanze?
Ecco come risponde Padre Henri Bissonier, per 40 anni professore di catechesi «speciale» all’Università di Lovanio.

È molto difficile sapere perché un bambino, che sia disabile o no, un giorno decide che non vuole andare a messa. Del resto forse non lo sa bene neppure lui.
Gianni, per esempio, è un po’ invidioso del fratellino più piccolo. Questo ha avuto ultimamente un’influenza ed è stato «dispensato dall’andare a messa». Gianni allora ha inventato una malattia immaginaria per restare anche lui a casa con i suoi giochi preferiti. Francesco invece sa che, nell’istituto dove vive, proprio questa mattina sarà di turno quell’educatrice che egli apprezza più delle altre e con la quale sarebbe così bello restare quando i suoi compagni se ne saranno andati… O forse Francesco oggi vuole «fare come» Mustafà, il compagno musulmano del quale tutti ammirano la forza e l’abilità.

Certi motivi ci sembrerebbero «puerili» se li conoscessimo, ma possono avere un’influenza decisiva su un bambino. Come ad esempio una trasmissione televisiva. Tali motivazioni sono tanto più determinanti quanto più il soggetto è fragile e frustrato dalle insoddisfazioni quotidiane. Ma allora cosa fare davanti a questi rifiuti così improvvisi e a volte così categorici?
Un caso che mi è accaduto personalmente è quello di Susanna, portatrice di handicap mentale. Improvvisamente, durante una riunione di catechesi. mi dichiara: «Io non ho voglia di andare a messa questa sera!» Sono un po’ contrariato per questa esclamazione che mi sembra fuori luogo… e seccante. Rispondo: «Susanna, non è il momento di parlare di questo. Sai bene che sei libera. Vedremo dopo e ne parleremo a quattrocchi». Ma Susanna riprende: «Io non ho voglia di andare a messa questa sera». Ripeto allora che parleremo di questo problema dopo la riunione. Alla fine rimango solo con la mia interlocutrice. «Susanna, le dico, sai bene che qui non si forza nessuno. Ora rifletti: tu non hai voglia di andare a messa. Questo è un fatto. Ma domanda semplicemente a te stessa: Gesù, proprio quel Gesù che ti vuole bene, desidera che tu ci venga?» Quella sera Susanna era a messa ed era ben contenta di esserci. Naturalmente non ho fatto alcun accenno a ciò che era accaduto prima.

Dobbiamo fare di loro persone libere ma responsabili

Tutti sanno che un bambino, e ancora di più un adolescente, a volte cambia idea da un’ora all’altra. Tuttavia mi sarebbe parso inopportuno per Susanna e per le sue compagne rispondere semplicemente: «Fa quello che vuoi, non ha importanza». Prima di tutto perché non pensavo affatto che ciò non avesse importanza, né per Susanna, né per le sue compagne… né per Dio. Poi perché desideravo chiedere a Susanna di mettersi da un punto di vista diverso dal suo e, in qualche modo, di porsi dal punto di vista dell’Altro, del suo Dio e dell’amore che le porta.

Propongo di far così

Altro esempio in campo spirituale: credevo di conoscere bene Benedetta e l’altro giorno le ho domandato se voleva venire a trovarmi per « essere aiutata a preparare il suo cuore per la Pasqua». In genere Benedetta è felice di venire da me. Ma con mia grande sorpresa quel giorno mi rispose scuotendo il capo, come per dire di no. Parlo allora con la sua educatrice e le dico del mio stupore. Risponde: « Quando Benedetta sta facendo qualcosa è quasi impossibile distogliervela». Mi viene allora in mente che, quando l’ho invitata, Benedetta stava disegnando dei piccoli cerchi su un foglio di carta. Un momento dopo eccola che bussa alla porta, si siede, e, con un sorriso che le illumina il viso, mi regala la sua opera ormai terminata. Ora possiamo passare a ciò che io, per parte mia, considero una cosa seria… Se sul momento avessi insistito avrei ferito e addolorato Benedetta: lei invece, appena terminata la sua opera, è venuta a regalarmela e mi ha incontrato con gioia.
Per reagire nella maniera giusta mi sembra dunque indispensabile sapere le ragioni vere di questo tipo di comportamento.

Conoscerle può essere però importante e vale la pena di soffermarsi sulle ipotesi suggerite all’inizio dai genitori di Alessandro. Alcune di esse possono avere conseguenze pesanti, come per esempio un atteggiamento irritante da parte di parrocchiani poco preparati a un incontro valido con un giovane portatore di handicap. Quando questo succede il bambino farà fatica a raccontarlo. Forse bisognerà abbordare con lui in modo più generale l’argomento dello «sguardo degli altri»… Quanto alla questione di «una rivolta verso Dio» non possiamo escluderla (anche se ci sembra un po’ precoce in un bambino di nove anni). In ogni caso di fronte a questo interrogativo potrebbe essere opportuno parlare della messa come del luogo dove Gesù vuol farci capire sempre di più il mistero della sua sofferenza. Ma anche qui è difficile improvvisare: bisogna prendersi tutto il tempo necessario e misurare le parole che si dicono.
Per il momento riassumerò così le mie proposte:

  • non « farne un dramma»;
  • non «forzare il bambino». La sua libertà (ciò che non significa il suo capriccio) è un diritto sacro;
  • non fingere neppure indifferenza;
  • prendere sul serio questo problema , proponendosi di tornarci sopra in un colloquio a tu per tu con il bambino… che nel frattempo
  • anche questo succede — potrebbe avere cambiato idea.

Una buona catechesi della messa e, all’occorrenza, un riesame del modo in cui questa viene celebrata e vissuta, potranno in molti casi dimostrarsi benefici.

Henri Bissonier, 1994 (O. et L. n. 102)

Sono in pubblicazione gli atti del convegno sulla catechesi speciale tenuto a roma , presso la cei nel gennaio 1994

Il Padre Henri Bissonier è senza dubbio un’autorità nel campo della catechesi delle persone con handicap mentale.
Ha scritto molti libri e articoli, ha insegnato in numerose università, ha fondato e diretto Movimenti nazionali e internazionali di persone con handicap.
Ma non ha fatto solo teoria: provato, fin da bambino, nella malattia, a diciannove anni scopre, nei grandi sanatori delle Alpi, l'esclusione sociale e la desolazione spirituale del mondo dei malati.
Fin dalla sua ordinazione nel 1935, impegna tutta la sua vita di sacerdote in una lotta quotidiana per la difesa dei diritti delle persone con handicap, per il riconoscimento della loro dignità, per il loro inserimento nella vita sociale e nella comunità cristiana.
È stato il pioniere in Francia della catechesi delle persone handicappate entrando con tutta la forza della sua speranza e la sensibilità del suo cuore nel mondo triste e chiuso di un ospedale pubblico dove «vivevano» delle giovani e delle ragazze handicappate mentali.

Henri Bissonier

Sacerdote

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.43, 1993

Copertina - Ombre e Luci n.47 - 1994

Sommario

Editoriale

Ferie di agosto di M. Bertolini

Articoli

Un fardello pesante di E.C.Bulligan
Non vuole più andare a messa di H. Bissonier
Esperienza di catechesi: confessione di T. Pelagallo
Come costruire il futuro delle persone disabili di D. Byrne e N. Seede
Per tutte le Sabine del mondo

Inchiesta

Inchiesta tra i genitori di figli con handicap

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce

Non vuole più andare a messa ultima modifica: 1994-09-02T12:42:56+00:00 da Henri Bissonier

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.