Almeno fino a pochi anni fa era un’esperienza comune a tutti. Con l’avvento delle fotocamere digitali prima e dei cellulari poi capita sempre più raramente: aprire un vecchio album di famiglia, sfogliarlo con calma e rivivere gli attimi di vita quotidiana immortalati nel tempo sul supporto fotografico, magari in compagnia di un parente più anziano che meglio ricorda le cose passate o di uno più giovane ignaro di tutto. Pranzi, compleanni, vacanze, viaggi, si animano e prendono vita in un viaggio emotivo che ci permette di capire chi siamo e da dove veniamo.

Qui in redazione, proviamo qualcosa di simile ogni volta che ci rimettiamo a lavorare sulla digitalizzazione dei vecchi numeri di Ombre e Luci. Ormai quasi da quattro anni stiamo portando avanti questo impegnativo progetto che punta a rendere disponibili online, a più persone possibile, tutti gli articoli pubblicati nel corso degli anni sulle pagine della rivista cartacea.

La decisione è stata presa durante una riunione nella quale si stava progettando il rinnovo grafico ed editoriale del sito (ombreeluci.it). Con un po’ di ingenuità e un pizzico di presunzione, c’eravamo ripromessi di completare il lavoro per i quarant’anni della rivista che ricorrono proprio in questi giorni (il primo numero è del 1983). Fra impedimenti tecnici e altri impegni, nonostante gli sforzi, il compleanno è arrivato ma il regalo non è ancora pronto. Nelle righe che seguono proviamo a raccontarvi quanto fatto finora e alcune delle emozioni provate sfogliando e ricostruendo questo nostro album di famiglia.

Partiamo dall’inizio: cosa vuol dire digitalizzare?

Senza entrare in dettagli tecnici, digitalizzare significa trasformare le informazioni analogiche contenute, ad esempio, in un testo scritto, una foto stampata, un disco in vinile o una pellicola cinematografica, in formato numerico (digitale viene dal latino digitus che sarebbe il dito, primo strumento col quale i nostri avi erano soliti contare). Non molto chiaro, vero? Proviamo con una metafora: digitalizzare equivale a fare una traduzione dal linguaggio umano a quello dei computer: noi ci esprimiamo e comunichiamo attraverso i nostri sensi attraverso parole, immagini, suoni; loro, almeno per il momento, solo attraverso segnali elettrici espressi in formato numerico (solitamente codice binario costituito da lunghissime stringhe di 0 e di 1). Ok, ma come si fa?

Ci sono diversi modi per digitalizzare una rivista, più o meno efficaci a seconda dei mezzi e delle risorse a disposizione. Noi abbiamo dovuto fare di necessità virtù sfruttando al meglio le attrezzature della nostra piccola redazione. Vediamo quindi, passo dopo passo, le varie soluzioni che abbiamo adottato per “tradurre” un numero di Ombre e Luci in formato digitale:

  1. Scansione del numero: in redazione abbiamo una stampante/scanner vecchio modello, di quelli in cui si alza il coperchio, si inserisce il documento da digitalizzare e si richiude per avviare la scansione. Articolo dopo articolo, pagina dopo pagina, seguendo una pratica ripetitiva e laboriosa, si riescono a ottenere tante singole fotografie, digitali appunto, e ad alta definizione di tutto il numero cartaceo;
  2. Creazione Pdf: esistono scanner che effettuano in automatico questa operazione ma, come accennato, non sono alla nostra portata quindi, realizzate le scansioni è necessario ri-unirle in un unico file pdf. Il documento così realizzato va poi rinominato e corredato di tutti gli attributi e i metadati necessari ad una corretta archiviazione: titolo, numero sequenziale, data pubblicazione, riferimenti legali, ecc;
  3. Caricamento sull’Internet Archive (vedi box): questo passaggio si è reso necessario per un duplice scopo. Il primo è che questa piattaforma garantisce, per i contenuti caricati, standard di sicurezza e conservazione nel tempo molto alti; la seconda è che ci ha permesso di ovviare ad un altro limite del nostro caro vecchio scanner: la mancanza della funzione OCR;
  4. L’OCR (Riconoscimento ottico dei caratteri) è una tecnologia che converte in formato digitale la fotografia di un testo stampato che può quindi essere poi modificato, copiato e incollato con qualsiasi editor di scrittura. Questo ci permette di estrarre tutti i contenuti testuali degli articoli senza doverli riscrivere manualmente;
  5. Verifica e correzioni: ovviamente questa procedura è ben lungi dall’essere perfetta e risulta quindi necessario procedere alla verifica e alle correzioni dei testi estrapolati. Ogni articolo, parola per parola, riga per riga, deve essere ricontrollato e formattato per ovviare ai vari errori commessi dall’OCR;
  6. Terminato il lavoro sui testi si passa al materiale fotografico. Le tante e belle foto presenti sulla nostra rivista devono essere ritagliate e rielaborate in post-produzione per migliorare, ove possibile, luci, colori ed eventuali errori di scansione; vanno poi ottimizzate per il web riducendone il peso senza che la qualità nel risenta;
  7. Bene, il grosso sembra fatto ma manca il passaggio più importante. Preparati tutti gli ingredienti si può procedere alla pubblicazione online vera e propria. Sul sito di ricrea l’articolo, con il suo titolo, l’immagine di copertina, le eventuali foto a corredo, i paragrafi, ecc. Ma sarebbe un errore limitarsi a questo. L’attività veramente importante è quella di sfruttare al meglio uno dei vantaggi offerti dalla rete: il sistema ipertestuale che la caratterizza. Ecco che, ad esempio, un articolo pubblicato nel numero 2 del 1983 può essere collegato tramite link (per tema trattato, tipologia di contenuto, parola chiave, autore, data, ecc) ai molti altri articoli pubblicati in seguito, consentendo una navigazione trasversale, impossibile con il cartaceo. È un lavoro lungo, affascinante, potenzialmente senza fine, che cerchiamo di portare avanti a piccoli passi ma con continuità. Risultato di questo lavoro sono i diversi speciali tematici come quello dedicato all’autismo, alla catechesi o alla disabilità nei film, che raccolgono tutti i materiali pubblicati nel corso degli anni.

Questa quindi la mera pratica delle operazioni di digitalizzazione che, credeteci, non è complicata e noiosa solo da leggere. Ciò che ci ha permesso di perseverare nel lavoro è la consapevolezza del valore dei contenuti pubblicati su Ombre e Luci, l’urgenza di metterli in sicurezza (molte copie cartacee si stanno progressivamente deteriorando) e al contempo, di far conoscere a più persone possibile questo nostro patrimonio comune. Un lavoro di ricucitura spesso non facile ma sempre pieno di scoperte e sorprese. Quante volte ci siamo interrogati, in redazione o via whatsapp, cercando di ricostruire il contesto di un articolo o la genesi di un dossier, di ritrovare un nome da associare ad una foto o a commuoverci davanti a photoshop, di fronte al sorriso di un amico che non c’è più e che ci ha accompagnato lungo un tratto del cammino fatto insieme.

…come un album di famiglia

Ecco, il cammino fatto insieme. C’è quel bellissimo passo dello spettacolo di Paolini dedicato al Vajont che ci torna spesso in mente mentre scansioniamo, correggiamo, pubblichiamo: «Marcia e tasi! Verso il rifugio che è là… E son tre ore che è là… E come fa a esser sempre là se cammini da tre ore? Chi cazzo è che sposta i rifugi in montagna? Perché spostarli li spostano… Magari lo fanno per il tuo bene, ma li spostano! Ma mentre sei lì che fatichi lungo il sentiero […] e ti domandi chi te l’ha fatto fare, ti casca l’occhio indietro… ed è in quel momento che capisci perché valeva la pena di far tutta la fatica del mondo per arrivare lì.»

Guardarsi indietro e ripercorrere il sentiero battuto ci rende consapevoli che quella strada è stata tracciata da altri, prima di noi, e ce li fa sentire vicini. Che affetto per tutti questi compagni di viaggio, i ragazzi, i genitori, gli amici, protagonisti e autori di questa avventura. E quanta stima nei confronti della “vecchia” redazione e dei tanti collaboratori che negli anni hanno contribuito a costruire questo “giornalino”, così lo chiamavano, sforzandosi di raccontare, numero dopo numero, le tante ombre ma anche, e soprattutto, le tante luci che accompagnano questo cammino.

E quante cose sono cambiate in questi quarant’anni e ce ne siamo accorti a partire da piccoli dettagli che ci hanno messo di fronte a dubbi e domande: le parole, ad esempio, utilizzate negli articoli dei primi numeri. Quante volte durante la pubblicazione, ci siamo fermati, imbarazzati, chiedendoci se dovevamo trascrivere proprio “handicappato” o “mongoloide” rispettando l’impegno filologico assunto nei confronti della “fonte” all’inizio del progetto. O se pubblicare l’intervista a quell’esperto che, agli inizi degli anni ‘90, elogiava pratiche terapeutiche rese poi obsolete – quando non proprio nocive – dal progredire della ricerca scientifica. Alla fine, dopo lunghe e stimolanti discussioni, abbiamo deciso di riportare fedelmente quanto scritto sul cartaceo con l’accortezza di evidenziare sempre e nella maniera più chiara possibile la data di pubblicazione dell’articolo e, nei casi più estremi, inserendo un cappello introduttivo al fine di chiarire i limiti del contenuto riportato. Sono parole e approcci che testimoniano, visti in prospettiva, dei punti di svolta verso una nuova sensibilità.

E che dire del “caso Jean Vanier”? Un terremoto che ha sconvolto nel profondo la comunità dell’Arche e di Fede e Luce e che ci ha messo di fronte ad una scelta editoriale non facile: cosa fare dei suoi tanti articoli pubblicati sul sito di Ombre e Luci? Sono ancora validi e hanno ancora un senso anche alla luce di quanto emerso dopo la sua morte? Come verranno recepiti e riletti? Vanno forse cancellati? Domande necessarie e dolorose alle quali forse non è possibile dare una risposta definitiva. In redazione ci siamo divisi, abbiamo discusso, ci siamo confrontati e, alla fine, abbiamo optato per un compromesso decidendo di lasciare online i vari articoli di Jean, anche in questo caso, preceduti da un avviso che informa e rimanda all’esito delle indagini svolte dall’Arche internazionale.

Meno complesso ma altrettanto stimolante è riscoprire gli articoli dedicati alle tante realtà di volontariato, case-famiglia, centri di accoglienza, iniziative spesso avviate da genitori e amici con pochi mezzi e tanta buona volontà. E ogni volta ritrovarsi a sospirare una preghiera digitando su Google il nome di quell’associazione sperando di ritrovarla ancora attiva, magari più ricca e forte di prima. Che soddisfazione quando la preghiera va a segno e si può procedere all’aggiornamento dei contatti, si può aggiungere l’indirizzo email e del sito, e magari trovare il tempo per contattarli e scrivere un nuovo articolo che racconti le novità e i progressi fatti. Che pena, invece, quando il motore di ricerca esita, non trova nulla o, peggio, ti propone un sito vecchio e desolato, il cui ultimo aggiornamento risale a tanti anni fa.

Ci sono poi i tanti articoli che, sempre con un’apprezzabile e velata cautela, trattano le novità in campo istituzionale, le leggi, i decreti dedicati alla disabilità, al “dopo di noi”, al volontariato e al terzo settore in generale. Anche questi articoli, visti in prospettiva, raccontano una storia, tracciano un percorso che, con tempo e risorse adeguate, andrebbe indagato e approfondito.

Ovviamente tutto questo lavoro è frutto anche della collaborazione di tante persone che ci hanno aiutato di volta in volta a mettere insieme i pezzi di questo grande mosaico che è la storia di Ombre e Luci. Facciamo un esempio per tutti (che vale anche come ringraziamento) citando Stefano Guarino, una delle memorie storiche di Fede e Luce, che ha mantenuto diligentemente (quasi) tutti i numeri di “Insieme”, il ciclostile pubblicato fra il 1975 al 1980, progenitore di Ombre e Luci (ne trovate i primi numeri sul nostro sito).

Insomma, buon compleanno Ombre e Luci! Noi proseguiamo nel lavoro ché al rifugio manca poco (“Marcia e tasi!”). A voi l’invito, quando volete, a sfogliarlo insieme questo bellissimo album di famiglia.

Internet Archive 

Internet Archive (archive.org) è un’organizzazione no-profit che ha lo scopo di conservare e rendere accessibili contenuti digitali di vario genere, come siti web, libri, video, musica e software. Utilizza tecnologie come il web archiving per catturare e conservare copie di siti web in modo che possano essere consultati anche in futuro. Internet Archive è importante perché aiuta a preservare la memoria storica e culturale della rete e rende accessibili contenuti che altrimenti potrebbero essere persi per sempre.

I vantaggi che offre sono diversi e vanno dalla conservazione a lungo termine dei contenuti caricati con la garanzia che rimangano accessibili anche in futuro, alla accessibilità globale che permette a chiunque, ovunque nel mondo, di cercare e fruire tutti i materiali archiviati; Internet Archive fornisce inoltre diversi strumenti per la collaborazione tra diverse istituzioni e individui, permettendo la condivisione di contenuti e la creazione di nuove risorse; da non sottovalutare il riuso e la rielaborazione dei contenuti caricati su Internet Archive che attraverso una licenza apposta (Creative Commons) possono essere utilizzati e riproposti in diversi modi; infine la ricerca e analisi attraverso strumenti di ricerca avanzati per consentire agli utenti di individuare e analizzare tutti contenuti caricati.

Creative Commons

Creative Commons è un sistema di licenze che consente agli autori di condividere i loro lavori con gli altri, specificando in che modo le persone possono usare il loro materiale. Ci sono diverse licenze Creative Commons, ognuna con diverse regole su come il materiale può essere utilizzato. Ad esempio, alcune licenze permettono solo l’uso personale del materiale, mentre altre permettono l’uso commerciale o la modifica del materiale. Creative Commons è un modo per gli autori di controllare come le loro opere vengono utilizzate, mentre allo stesso tempo consente a chiunque di utilizzare il materiale per scopi specifici.

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  6. Attribution-NonCommercial-NoDerivs (CC BY-NC-ND): Questa licenza consente solo l’uso non commerciale del materiale originale, senza la possibilità di modificare.

In generale, più restrittive sono le condizioni imposte dalle licenze, meno libertà c’è nell’utilizzo del materiale.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.161


Digitalizzando Ombre e Luci, come un album di famiglia ultima modifica: 2023-05-05T13:15:05+00:00 da Lars Porsenna

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