La bambina è Monic, le pile quelle che alimentano le sue protesi acustiche: una giovane donna sorda si racconta, disegnandosi bambina e trasmettendo con poche parole ed efficaci immagini cosa caratterizza il suo mondo. Un mondo che, pur senza suoni, vive di forti contrasti: le immagini in bianco e nero li trasmettono in modo essenziale evidenziando i disagi ma anche le possibilità di una bambina che, con una diagnosi di sordità profonda all’età di due anni, arriva a dieci ad avere l’impianto cocleare.

Monica Taini è davvero una “pratica” guida nella comunicazione attraverso mani e bocca.

Il suo albo illustrato è molto utile per chi voglia avvicinarsi al mondo dei sordi: pensato per i bambini e, allo stesso tempo, molto evocativo anche per i grandi, in particolare per il breve glossario semiserio (e “strettamente confidenziale”) sulla cultura sorda che strappa, intelligentemente, più di un sorriso… alla voce integrazione leggiamo -È quando non ti ricordi che il tuo amico usa le protesi e gli urli: “ Ma sei sordo?” e lui ti risponde: “Sì!”.

E poi vi mettete a ridere tutti e due. Riuscendo in un’impresa per niente scontata… far ridere chi è sordo e chi non lo è.

Cristina Tersigni, 2018

La bambina che andava a pile
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Ecco dove puoi trovarlo:

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.142, 2018

Copertina OL 142, 2018

La bambina che andava a pile – Recensione ultima modifica: 2018-06-30T07:30:13+00:00 da Cristina Tersigni

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