Una delle cose positive della legge sul Dopo di noi è senz’altro quella di aver posto la questione all’ordine del giorno delle diverse parti interessate (Enti territoriali e locali, ASL, famiglie, associazioni). Non che le famiglie non fossero già pienamente coinvolte e interessate ma ora dovrebbero avere delle indicazioni e degli stimoli maggiori per valutare la questione il prima possibile. Speriamo non a complicare…!

Come leggiamo nel contributo che segue della Fondazione Promozione Sociale, da anni impegnata in una costante attenzione della situazione assistenziale italiana, molto veniva già garantito dalla leggi esistenti. E tanti gli esempi avviati anche prima di questa legge di buoni progetti di vita per le persone con disabilità lontano dai loro familiari. È importante ricordarlo. Ma tanti diritti pienamente esigibili, già esistenti o descritti nella legge, devono (e forse dovranno) ancora essere richiesti per via giuridica perché vedano piena realizzazione. La legge può restituire invece una visione della questione più corale e, allo stesso tempo, più consapevole dando la possibilità di ritagliare per ciascuno il progetto di vita più adeguato.

Continuiamo a confrontarci per avere tanti importanti punti di vista affinché le buone pratiche, che speriamo prenderanno sempre più avvio da questa legge, siano davvero buone e percorribili per ciascuno. Aspettiamo, per questo, anche le vostre esperienze e valutazioni.

A più di un anno dall’approvazione della legge 112/2016, la cosiddetta legge sul «dopo di noi», pare doveroso, anche per seguirne l’applicazione e fare in modo che le risorse da essa stanziate rientrino nell’alveo delle prestazioni concretamente esigibili per le persone con disabilità, ripercorrere le criticità della legge stessa e i suoi possibili correttivi che già vengono in parte assunti dal decreto di riparto dei fondi (decreto del 23 novembre 2016) e potrebbero essere adottati appieno dalle delibere di riparto delle risorse a livello regionale.

Prestazioni aggiuntive

Nonostante sia stata presentata come una legge «innovativa», che per la prima volta affrontava in Italia la questione del «dopo di noi», la legge 112/2016 prevede disposizioni che «si aggiungono – ha osservato il Consiglio nazionale del notariato nel protocollo siglato con Anffas il 28 aprile scorso – ai livelli essenziali di assistenza e agli altri interventi di cura e sostegno previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone con disabilità. Si tratta quindi di ulteriori facoltà messe a disposizione dei privati, attraverso la previsione di incentivi di natura prevalentemente fiscale». Ulteriori rispetto a cosa? Alla vigente legislazione sulla presa in carico sanitaria e socio-sanitaria delle persone con disabilità intellettiva grave e limitata o nulla autonomia e delle persone affette da autismo. Vediamola insieme.

Un po’ di storia

Nel nostro paese la questione del “Dopo di noi” è risolta dal punto di vista del diritto da lunghissimo tempo. Già in base al regio decreto 6535 del 1889 i Comuni erano obbligati a sostenere le spese di ricovero degli inabili al lavoro e cioè delle «persone dell’uno e dell’altro sesso, le quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistenza», salvo che i relativi oneri fossero assunti da altri enti preposti all’assistenza. Un positivo passo avanti era stato realizzato con il regio decreto 383/1934 in base al quale i Comuni erano obbligati a provvedere al «mantenimento degli inabili al lavoro» e quindi anche al sostegno volto a consentire la permanenza a domicilio.

I livelli essenziali

Attualmente, in base ai Lea, Livelli essenziali di assistenza sanitaria e socio-sanitaria (articolo 54 della legge 289/2002) le Asl e i Comuni sono obbligati a fornire alle persone con disabilità grave le occorrenti prestazioni domiciliari, semiresidenziali (frequenza del centro diurno) e residenziali (in particolare, a nostro avviso, la soluzione migliore è quella rappresentata dalle comunità alloggio parafamiliari di 8-10 posti al massimo, inserite nel normale contesto abitativo, oppure gruppi appartamento per persone con disabilità e limitata autonomia). Sono tutti interventi già pienamente realizzati (migliaia di strutture, cooperative, società lavorano oggi in questo campo per la presa in carico in convenzione di migliaia di utenti), che però molto spesso vengono negati dalle Asl per disapplicazione della legge. Nonostante questo, le prestazioni sanitarie e socio-sanitarie previste dalle leggi sono esigibili, cioè formalmente richiedibili e, se negate, rivendicabili anche in sede giudiziaria. Tutti gli strumenti pratici per la richiesta delle prestazioni sono sul sito www.fondazionepromozionesociale.it – tel. 011.8124469.

Dopo il «dopo di noi»

Che fare quindi dopo la legge per garantire che le risorse stanziate confluiscano in prestazioni di Livello essenziale garantite dalle Aziende sanitarie agli utenti? È necessario che le singole delibere di ripartizione dei fondi nazionali vincolino queste risorse a prestazioni decise nella programmazione regionale e inserite nell’alveo dei Lea. È già avvenuto in Piemonte con la delibera 2 del 2017, Intervento regionale a sostegno della cura dei pazienti cronici con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico, occorre continuare su quella strada.

Qualche esempio. La costruzione e gestione di un centro diurno o di una comunità alloggio per persone con disabilità non avrebbe senso (e futuro) al di fuori della cornice di intervento del Servizio sanitario nazionale (tenuto a pagare il 70% delle rette di permanenza delle persone con disabilità in un servizio residenziale). Idem per i percorsi domiciliari: inutile, anzi dannoso, istituirli senza l’intervento della sanità che porta con sé la garanzia del diritto. Sarebbe un peccato sprecare le aspettative e le attività anche concrete che molte famiglie vorrebbero mettere in moto, ma altrettanto negativo sarebbe illuderle (come purtroppo nella propaganda politica spesso è stato fatto) lasciando che provvedano a soluzioni insostenibili per costi e fatiche di gestione, mandandole avanti con il paravento fittizio di qualche contributo economico transitorio.

L’esigenza di conoscere la legge 112/16 arriva anche all’interno delle associazioni come Fede e Luce. Tante le famiglie che cercano risposte nei punti della legge, visti gli stanziamenti ripartiti tra le Regioni e i gli atti applicativi contenenti gli indirizzi di programmazione di ciascuna (ancora solo per alcune Regioni). A Genzano, ad esempio, nell’ottobre scorso, i familiari e gli amici delle comunità Fede e Luce del Centro Italia (Kimata) si sono incontrati con alcuni esperti per approfondire gli argomenti della legge e alcuni aspetti tecnici in una Giornata di formazione dal titolo Issate le vele! I contributi dei singoli relatori sono disponibili sul sito www.fedeeluce.it. Di seguito potete leggere i contributi di Letizia, una sorella, che riflette su come nasce l’esigenza di affrontare il discorso della vita lontana dai propri familiari delle persona con disabilità mentale. E quello di Nicla, che ci racconta le sue impressioni sull’incontro dal suo punto di vista di mamma.

Andrea Ciattaglia, 2018
Fondazione promozione sociale onlus, Direttore della rivista Prospettive Assistenziali

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.140

Dopo di noi: i diritti che ci sono ultima modifica: 2017-12-21T09:59:33+00:00 da Redazione

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