“Tu sei matta ad aver avuto altri due figli dopo Philippine», mi dice una amica con un misto di ammirazione e incomprensione. Scoppio a ridere mentre le rispondo «Piuttosto sei tu completamente matta, tu che hai adottato dei bambini con disabilità!»

Questa breve conversazione, mostra a qual punto siamo ciechi verso noi stessi. Tendiamo ad ammirare negli altri le qualità che di fatto sono nostre. Ammirare gli altri è dunque imparare a conoscersi. Dimmi chi ammiri e ti dirò chi sei. L’ho sperimentato ancora una volta leggendo la storia della fondazione A Braccia Aperte (ABO) fatta da Tugdual Derville. Ho detto a mio marito: «Sono incredibili i Derville. Due giovani sposi che vanno un week end su due ad ABO». E non pensavo che noi in famiglia siamo in attività a braccia aperte da 17 anni: 12 anni per 365 giorni all’anno e 5 per 120 giorni all’anno, compresi tre week end su 4 e 6 settimane di vacanza.

Ciò che appare normale per noi, diventa una prodezza quando lo vediamo fare agli altri. Tuttavia questi due aneddoti mi fanno tremare, perché io sento altre cose dentro di me. Se io non fossi stata mamma di una figlia con disabilità e sorella di una persona con disabilità (cosa che non si sceglie affatto) avrei mai deciso di stare vicina a queste persone così preziose? Non ne sono tanto sicura. Tutto a un tratto mi sono sentita piccola, piccola. Allora pian piano prendo atto della mia piccolezza, e apprezzo, senza paragonarmi a loro, quelle persone che, con una generosità che mi sovrasta, scelgono di adottare o di servire i più fragili

Da qui la fitta al cuore che possono avvertire, incontrandosi, le mamme biologiche e le mamme adottive. Nessuna delle due deve giudicare l’altra, né giudicare se stessa, può semplicemente essere se stessa nella unicità della propria vocazione. L’una è stata chiamata ad accogliere l’imprevisto della fragilità, l’altra è stata chiamata a scegliere di servire. Ognuna testimonia le due facce dello stesso dono: accettare di non essere padroni della propria vita e la volontà di essere vicini ai più piccoli. Nessuna delle due mamme è migliore dell’altra. Diverse, ma ognuna a suo modo, sono al servizio della vita, nel mistero delle proprie capacità e dei propri limiti.

Sophie Lutz (da O&L n.218)
Trad. di Rita Massi

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.140

Dimmi chi ammiri… ultima modifica: 2017-12-21T11:40:33+00:00 da Sophie Lutz

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