Negli ultimi anni molti papà hanno raccontato e descritto il particolare legame d’amore per i loro figli portatori di un handicap, parlando e scrivendo della loro esperienza, non trascurando il loro dolore e la loro rabbia, ma condividendo nuovi modi di star con loro, inventando attività perché dopo la scuola trovino un possibile e relativo spazio di autonomia. Uno degli ultimi libri usciti,

Alla fine qualcosa ci inventeremo, che recensiremo, è scritto da Gianluca Nicoletti, papà di Tommy, un ragazzo autistico, e affronta le gravi preoccupazioni di un padre rispetto al dopo di noi.

Sulla rete i papà trovano certamente un trampolino in più e sono molti quelli che descrivono le loro esperienze. Uno di loro, questa estate, ha percorso il cammino di Santiago con i due figli di 12 e 8 anni, il primo dei quali autistico, per sensibilizzare al diritto al movimento, al trasporto accessibile, alla partecipazione ad attività culturali, ricreative e sportive. Alcuni fondano associazioni e insegnano ai loro figli attività decisamente nuove, come quella del carpentiere o di addetto alle consegne (L’emozione non ha voce, n.125). L’attenzione nei confronti dei papà è senza dubbio maggiore.

In Francia, nella scorsa primavera, è uscito un film De toutes nos forces, di Nils Tavernier, che ha tratto ispirazione dalla vera storia di un padre e di un figlio con un handicap neuro-motorio: i due hanno reso pubbliche le loro battaglie partecipando a molte gare di triathlon negli Stati Uniti. Sempre in Francia, la rivista Declic, l’associazione francese per la lotta alle miopatie -AFM- e Leroy Merlin organizzano da diversi anni un concorso per premiare le migliori idee di papà amanti del bricolage e di mamme creative, per l’aiuto al quotidiano e all’autonomia dei propri figli con handicap, con risultati davvero interessanti. Non sappiamo se anche in Italia esista una cosa simile: magari qualcuno di voi può segnalarcelo.

Insomma, se è vero che per nessuno è scontato e facile raccontare la propria difficile esperienza, forse in passato lo era ancor di più e soprattutto per i papà. In trent’anni di Ombre e Luci e in 126 numeri ce ne sono stati solo due o tre dedicati ai padri… Diceva uno di questi, “sono un papà ed ho imparato ad essere sottinteso..” (P. Bertolini). È anche vero, d’altronde, che spesso i papà hanno rifiutato più delle madri un rapporto con il figlio con handicap.

Forse qualcosa sta cambiando? Già con Mariangela avevamo deciso che fosse arrivato il momento di riparlarne: proviamo a farlo con l’aiuto di alcuni papà che hanno accettato di condividere le loro esperienze e i loro sentimenti con Ombre e Luci.

Tutto questo ci parla della speranza che anima un padre che rimane, comunque, accanto ai suoi figli, nonostante gli sbagli e i limiti di ognuno…che coltiva e custodisce i sogni possibili, per loro e con loro… e testimonia così “la speranza per la vita, per il bene che c’è in essa, nonostante tutto il male e il dolore che quotidianamente sperimentiamo” (F. Nembrini) dando un senso allo stare al mondo di ogni figlio.

Cristina Tersigni, 2014

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.127

Custodi della speranza ultima modifica: 2014-09-29T19:00:49+00:00 da Cristina Tersigni

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