Abbiamo estratto dal libro di Lynda Johnson Vitali “Chiamami Alex“, alcune pagine sull’argomento.

[…]
Non lontano dalla clinica, nel nostro appartamento suonò il telefono.
Rispose Paolo.
Era un’infermiera. Era costernata, ma il suo dovere prevedeva quella comunicazione urgente: secondo i medici, nel neonato, c’era qualcosa che non andava.
Il bambino, forse, non è normale. Probabilmente è affetto da Trisomia 21, o meglio, Sindrome di Down. Non possiamo esserne sicuri. Abbiamo bisogno di ulteriori accertamenti.
Mio marito non sapeva di cosa stesse parlando quella donna.
Ma non occorsero giri di parole per precisare che, con tutta probabilità, si trattava di mongolismo.
Shok. Terrore.
Paolo, il più giovane di sette fratelli, d’istinto e in preda al panico, corse da sua madre.
Mia suocera provò a consolarlo. Conosceva bene il dolore, sapeva come ci si sente quando al vita si ribalta senza avvertirti prima, quando ti fa vivere un istante, un istante in cui tutto cambia. ….
Aveva imparato a sopravvive alla sofferenza fino a conviverci e a farla diventare parte di se stassa. Ora ancora il dolore per un figlio.
Un figlio che soffriva, che piangeva che le domandava perché, perché, chiedendole aiuto , forza coraggio.
E lei gli diede tutto. Tutto ciò che Paolo nel buio cercava pur di trovare una possibilità per aiutare la donna che amava e il suo piccolino appena nato.

[…]
Andammo tutti dal dottore, sembrava una gita di famiglia : Paolo ed io, Flaminia, il neonato e mia madre, che sarebbe rientrata in Canada da lì a breve.
Dopo i soliti convenevoli di ben ritrovati, il medico visitò Alex con cura.

[…]
Lynda il tuo bambino ha qualcosa che non va…

[…]
La gola cominciò a bruciare e un vento sfondò il mio palato e salì al cervello che si annebbiò e, come senza volerlo, un urlo lacerante mi uscì dalla bocca.
NOO!
E quel no maledetto mi invase accecandomi, pungendomi, facendomi diventare sorda a chi cercava di contenermi, di controllarmi.
Il bambino tra le braccia di mio marito, poi tra quelle di mia madre, che prese per mano Flaminia e usci con i piccoli dall’ ambulatorio, mentre mi accasciavo su quella sedia, piegata sulla pancia. La mia pancia. Dove fino a un mese prima, solo un infimo, insignificante e stupido mese prima c’era il mio bambino e il mio mondo perfetto. Perfetto. Un sadico invisibile era lì e, liberamente davanti a tutti, mi stava affettando con una lama. Mi tagliuzzava in piccoli pezzi facendomi piccola piccola, …
Ma ora, ero una donna. Ero una madre. E che ci facevo davanti a quel buco nero ? Chi mi ci aveva messolì, in quella situazione, in quel dannato dolore e perché?
Svanirono i miei sogni?

[…]
Non avevo una sfera magica di cristallo per anticipare il futuro. Non potevo vedere Alex che avrebbe mangiato da solo come un adorabile bebè, o Alex a otto anni entusiasta per la sua prima volta in bici, autonomo e senza rotelle, o una qualsiasi delle sue innumerevoli conquiste. No. Non vedevo e non potevo nemmeno ipotizzare ciò che sarebbe accaduto.

Tratto da “Chiamami Alex” di Lynda Johnson Vitali, 2013

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.122

Il tuo bambino ha qualcosa che non va ultima modifica: 2013-06-10T15:55:04+00:00 da Redazione

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