Per meglio chiarire ai nostri lettori il pensiero di Enrico Montobbio sul ruolo lavorativo del giovane down e sul progetto a lungo termine che lo deve precedere, riportiamo due brevi episodi tratti dal suo libro: “Chi sarei se potessi essere”. Le illustrazioni tratte dal libro sono del pittore e scenografo Emanuele Luzzati.

Scuola materna

In una scuola materna del Comune di Genova, come in moltissime altre scuole della città, lavora da alcuni anni, in qualità di ausiliaria, una giovane donna dal dolce viso orientale.
Si chiama Paola ed è, come tutte le persone, unica ed irripetibile, ciò nondimeno appartiene ad una categoria: è handicappata mentale. Fa parte anche di una sottocategoria: è una persona con Sindrome di Down; ha?, ha avuto?, avrà per sempre? questa malattia (?), menomazione (?), stigma (?), peculiarità (?), caratteristica (?).

Per i colleghi della scuola, per i bambini, per i genitori, Paola è Paola e basta.
Questa scuola materna è frequentata anche da una bambina, Simona, anch’essa con tratti orientali, anch’essa persona unica ed irripetibile, «iscritta» (dalla Natura? da Dio? dagli Uomini? dagli Specialisti? dai Genitori? dagli Operatori?) alla stessa categoria di Paola ed anche alla stessa sottocategoria: quella dei congiunti del Dottor Down.

La mamma di questa bambina, nell’accompagnarla a scuola, ha osservato a lungo silenziosamente Paola al lavoro, quando accoglie i bambini sulla porta della scuola, quando li aiuta a togliersi il cappotto e a mettersi il grembialino colorato o a lavarsi le mani, o infine quando scende in cucina per aiutare nella preparazione dei cibi.

Guardando Paola la mamma di Simona ha cambiato atteggiamento verso la propria bambina; una volta ha confidato, ad un’altra mamma: «ora, io e mio marito, abbiamo capito cosa potrà fare da grande».

La vendemmia

“Vorrei esporre una breve esperienza vissuta da un educatore svizzero in occasione di una sua visita ad una azienda agricola di suoi lontani parenti, nel meridione d’Italia. L’aneddoto è stato raccontato dal protagonista in occasione di un corso di specializzazione sull’inserimento lavorativo dei portatori di handicap.

“Siamo in un’azienda agricola ricca di vigneti, è il tempo della vendemmia, il sole è ancora caldo, c’è un clima di festa e di fatica. Tutti, di buon grado, partecipano alla raccolta dell’uva e ad altri lavori.
Anche il giovane figlio del padrone di casa lavora attivamente accanto agli altri contadini.
Solo più avanti nella giornata, il nostro collega straniero si accorge che il giovane, a cui nessuno sembrava destinare una attenzione particolare, è una persona Down.

Un pensiero immediato (è lui a raccontarlo) attraversa la mente del nostro collega: “cosa ci fa qui questo giovane che dovrebbe trovarsi in qualche luogo specializzato?’’
Io spero che, al termine della lettura di questo volumetto i nostri lettori invertiranno il senso di questa domanda e si chiederanno: “cosa ci fa in un luogo “specializzato” questo giovane, quando potrebbe trovarsi in un posto normale a lavorare?”

Storie di lavoro – Chi sarei se potessi essere: la condizione adulta del disabile mentale ultima modifica: 2002-03-08T10:59:37+00:00 da Redazione

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