Durante più di due anni Johann Heuchel, studente francese dell’ultimo anno di liceo, affetto da fibrosi cistica, scrive il suo diario. Racconta i lunghi mesi trascorsi in ospedale e i periodi passati a casa, a scuola. Ma è soprattutto all’ospedale che egli rivolge la sua attenzione. È il luogo delle cure via via sempre più necessarie, il luogo dei suoi affetti, della sofferenza e della speranza. Là egli vive in attesa di un trapianto di polmoni, quel trapianto che egli desidera tanto pur conoscendone i rischi. L’ospedale è diventato la sua famiglia allargata, la sua comunità, la sua “casa”. La sofferenza, le cure, i tempi lunghi, l’alternarsi della speranza e dello scoraggiamento, l’amore e l’amicizia portano Johann a scoprire e a capire ciò che noi, nella nostra fretta e nella nostra attività quasi priva di pause, non riusciamo a percepire che per brevi istanti. È un ragazzo che vive ogni giorno con la morte accanto: la morte degli amici che se ne vanno uno dopo l’altro (mentre altri raggiungono il trapianto e superano la crisi di rigetto), la possibilità della propria morte e la morte dei donatori che per lui e i suoi compagni rappresenta la vita. Johann ha molti amici e molte amiche fra i malati dell’ospedale.

Dice: “L’amicizia ‘mi tiene caldo’, come canta Renaud. E questo calore è la cosa più bella che ci sia. Perché la cosa più difficile è resistere al proprio dolore”. La conversazione con gli amici è perciò la sua attività più intensa: essa lo porta ad una sempre maggiore comprensione degli altri e ad una sempre più ampia visione della vita. Malgrado la sua età egli dimostra una maturità e una positività che sorprendono noi adulti che lo leggiamo. In questo diario egli “si mette a nudo” come non riuscirebbe a fare con altri. Per lui scrivere è imparare a conoscere se stesso, senza pudori, nella verità. È come una terapia. La storia si evolve verso quel trapianto che è possibilità e speranza di vita, la successiva crisi di rigetto e la morte.

La lettura di questo libro ci arricchisce di un particolare senso di rispetto nei confronti della vita, della persona umana e di un cammino interiore come quello di Johann verso una sempre maggiore capacità di consapevolezza, riflessione e apprezzamento dei piccoli e grandi doni di cui, malgrado tutto, è cosparsa la nostra vita. Vorremmo potere dire all’autore: “Grazie, Johann.”

Natalia Livi, 2000

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.69, 2000

Sommario

Editoriale

Rosamaria di M. Bertolini

Speciale: La sua vita nelle loro mani

Gli siamo grati per questo di T. Cabras
La sete e l’acqua della speranza di don Marco Bove
“Coraggio Immacolata!” di Pennablù

Articoli

Mettersi in gioco di Silvia Tamberi
A proposito di sentimenti: la recensione a cura di T. Cabras e N. Livi
Villaggio senza barriere di M. Lenzi
Conferenza nazionale sull’handicap di C. C. Barbieri
La sofferenza di J. Vanier

Rubriche

Dialogo aperto
Vita Fede e Luce

Libri

Il libro di Johann “Io vi ho amati tutti”, Johann Heuchei
Clara va al mare - Recensione, Guido Quarzo

Il libro di Johann “Io vi ho amati tutti” – Recensione ultima modifica: 2000-03-28T10:42:25+00:00 da Natalia Livi

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