Appuntamento teatrale per i componenti di Fede e Luce di Roma. I loro parenti, gli amici e per chiunque ne avesse voglia, sabato 21 e domenica 22 febbraio (1981, n.d.r.) presso la sala dell’oratorio di San Paolo per assistere alla rappresentazione “Dopo di me il diluvio“, liberamente tratto – molto liberamente tratto, hanno detto i realizzatori – della commedia musicale “Aggiungi un posto a tavola”.
Il successo della rappresentazione è stato davvero notevole, gli applausi a non finire, a volte anche a scena aperta per sottolineare i quadri meglio riusciti o di maggiore effetto. Come quando Goffredo (pardon, don Silvestro) alza una mano e come per incanto una ammiccante luna sospesa nel cielo si accende di luce improvvisa; e sulle note di Notte da non dormire…” i ragazzi a coppie escono lentamente di scena. O come nella scena del diluvio dove un ingegnoso e validissimo effetto scenico ci ha convinti tutti che stava iniziando …il secondo diluvio universale. I complimenti sono andati copiosi a tutti, e sono stati unanimemente positivi, festeggiatissima Clementina, cioè Adriana. All’uscita si sentiva ripetere de tutte le parti: “Bravi, veramente bravi”.
Peccato non poter aggiungere, così come si è soliti dire al termine di una recensione teatrale… “si replica”.
(Enrica Cofano)

Intervista agli amici

Com’è nata la decisione di rappresentare questa commedia musicale?
Il nostro spettacolo è un’avventura cominciata tre anni fa. Eravamo andati al Teatro Sistina a vedere questo spettacolo, appunto perché è un misto di canti, di balletti e di parlato, si adattava bene alle qualità artistiche del nostro gruppo e poi aveva un suo messaggio originale. Allora ci siamo dati da fare e abbiamo costruito uno spettacolo a misura del gruppo e quest’anno lo abbiamo rimesso in scena per raccogliere i fondi per il pellegrinaggio di Lourdes e perché lo spettacolo, in fondo, è un’attività dove tutti – amici, ragazzi handicappati, genitori – possono prendere parte attivamente.

E i testi, e le musiche?
I testi li abbiamo scritti noi basandoci sul libro “Dopo di me il diluvio” al quale si ispira tutto lo spettacolo. Riscrivere vuol dire adattare i vari personaggi alle capacità dei nostri attori e anche alla loro realtà. Per esempio, l’amore di Clementina per don Silvestro, nel nostro spettacolo è diventato una piacevole amicizia e la figura della donna di facili costumi è scomparsa ed è stata sostituita da due vagabondi che faticano per farsi accettare.
Per le musiche è stato più semplice, perché abbiamo ripreso la colonna sonora di “Aggiungi un posto a tavola”, con un piccolo ma ingegnoso accorgimento: abbiamo lasciato le musiche originali registrate su un nastro di sottofondo, così quando il nostro coro cantava, sembrava quasi di essere al Sistina per davvero.
Ma lo spettacolo non è fatto solo di testi o di musiche. Abbiamo dovuto organizzarci per riuscire ad evitare la confusione totale.
C’è stato chi si è occupato dei testi e delle musiche, come dicevamo prima, chi ha curato i balletti costruendoli su misura, cioè facendo in modo che i ritmi, i passi, le entrate e le uscite non fossero tanto complicate. Poi c’era chi ha cucito i costumi. La proposta di usare gli abiti di tutti i giorni è stata solennemente scartata, perché gli attori sostenevano che per fare veramente teatro bisognava essere vestiti diversamente da tutti i giorni. E allora, compera stoffe e cuci.

Leggi altri articoli dedicati a teatro e disabilità

E chi si è occupato delle scenografie e più della parte più tecnica?
Lo scenografo è stato Marcello. Lui non era del gruppo Fede e Luce, ma si occupava di scenografie per hobby. Diciamo che è stato reclutato proprio per l’occasione e lavorando con noi ha deciso di restare ed ora è un attivo “fedelucino”.
Poi Francesco e Gianfranco, che frequentano il gruppo scout qui al Centro San Paolo, si sono occupati delle luci. Ecco, è stata un’integrazione nell’integrazione, cioè abbiamo realizzato questo spettacolo con l’aiuto individuale o collettivo degli altri gruppi del centro. Avete visto gli animali dell’Arca? Erano le bambine del pattinaggio che senza discriminazione di età (dai 4 ai 12 anni) per l’occasione si sono trasformate in animali su quattro ruote.

Come avete fatto a scegliere gli attori?
Fermo restando che il principio è quello del “fare insieme”, abbiamo cercato di affidare i ruoli secondo le singole capacità. Per esempio: Adriana, con la sua semplicità e la sua grande memoria, andava benissimo per interpretare il ruolo di Clementina, la protagonista dello spettacolo e gli altri amici handicappati, sono stati distribuiti nei vari balletti aiutati – con proporzioni di due a uno – dagli altri amici. Poi c’era un papà che interpretava il Sindaco. Insomma, un cast davvero unico.

Quante prove avete dovuto fare per arrivare al traguardo?
Quest’anno abbiamo iniziato in ottobre. Prima provavamo noi una volta alla settimana per acquistare la sicurezza necessaria prima di inserire i ragazzi handicappati. Poi provavamo con loro, sempre una volta alla settimana, dalle 16 alle 19,30. Le prove sono state una scuola di disciplina per tutti quanti: abbiamo imparato ad essere puntuali, ad aspettare il proprio turno, ad avere pazienza. Anche per i genitori è stata scuola: alla fine avevano imparato a non rincorrere i figli con pagnottelle per la merenda, sciarpe per lo spiffero, cappotti per il freddo ecc ecc.

Avete un metodo di lavoro?
Ogni amico era responsabile, sulla scena, di un ragazzo handicappato o due. Poi, per facilitare le cose, abbiamo utilizzato dei cartelloni con gli schemi delle entrate e delle uscite dalla scena, cartelloni che restavano dietro le quinte e che venivano consultati volta per volta. La loro memoria faceva il resto. Pensa che si ricordavano dei particolari dello spettacolo di tre anni fa. Comunque il metodo di lavoro si basava sulla divisione dei compiti, come dicevamo prima. È molto importante.

Avete avuto difficoltà?
Difficoltà… con il ritmo dei balletti, quella sì. Far andare d’accordo musica, passi, gesti, movimenti… Per i “ballerini” o gli “attori” più lenti abbiamo dovuto fare delle prove extra: allora provavamo singolarmente con quelli che non riuscivano, e a forza di provare sono andati tutti in scena.
Problemi veri e propri non ce ne sono stati, o almeno li abbiamo considerati come normali incidenti del mestiere, piccole cose comunque, e ci hanno aiutato ad essere più attenti al loro modo e alle loro richieste.
Il ritmo lento, per esempio: ecco, abbiamo imparato a fare un passo alla volta, a preparare lo spettacolo pezzo per pezzo con il rischio di arrivare al giorno dello spettacolo con l’incognita “starà insieme? Ce la faremo a farlo tutto in una volta?”.

E ce l’avete fatta. Ma secondo voi, che cosa ha reso possibile questo spettacolo?
Guarda, la cosa più importante è che noi ci conoscevamo e ci incontravamo già prima di fare lo spettacolo. Abbiamo vissuto insieme negli incontri e questo ci ha permesso di conoscerci e di misurare le nostre forze. Poi, nel nostro gruppo c’è una certa omogeneità, cioè i ragazzi hanno più o meno le stesse capacità e le stesse difficoltà. E questo vuol dire molto, perché in queste condizioni è più facile “fare insieme”. E l’obiettivo, se vuoi, era proprio questo “fare insieme”, insieme ai genitori, agli amici, insieme insomma, ma con una netta divisione dei compiti. Ci sembra che sia tutto.

A questo punto della nostra intervista, in cui gli amici del gruppo di San Paolo ci hanno raccontato i retroscena dello spettacolo, si inserisce nel dialogo don Vittorio, che finora era stato in un angolo ad ascoltare.
«Io aggiungerei – dice don Vittorio – che se siamo riusciti a fare Dopo di me il diluvio in parte lo dobbiamo anche alla struttura, cioè la Centro San Paolo, dove ci incontriamo. Qui c’è un teatro, c’è spazio, (luci, microfoni) ci sono tanti altri gruppi, cioè la possibilità di trovare la persona giusta con il talento giusto. E poi c’è la disponibilità e l’accoglienza. Sono elementi importanti, che ci hanno dato la possibilità concreta di realizzare questo spettacolo, direi di più, di poterci conoscere, di vivere insieme, di essere il gruppo di Fede e Luce di San Paolo».

Tratto da Insieme, n.29 del 1981
a cura di Nicole Shulthes e Manuela Bartesaghi

La Newsletter

Ombre e Luci è anche una newsletter
Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.
Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

“Dopo di me, il diluvio”: commedia musicale del gruppo Fede e Luce di San Paolo ultima modifica: 1981-01-03T15:48:37+00:00 da Nicole Schulthes

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.