Lyn’s House è una comunità di persone con e senza disabilità intellettive. Pur essendo cristiana, è aperta anche a membri di altre confessioni e a chi non ne professa alcuna. Siamo circa quaranta persone: tre giovani vivono insieme, gli altri risiedono nelle proprie case. La nostra vita di comunità consiste nel ritrovarci, a volte anche solo in piccoli gruppi; insieme mangiamo e preghiamo. È tutto qua, non c’è altro: il motivo per cui stiamo insieme è donarci reciprocamente tempo e attenzione. Siamo una realtà insolita per questo Paese: è raro che nel Regno Unito persone con e senza disabilità si incontrino e costruiscano relazioni, oltre a quelle familiari o al di fuori dal contesto di cura in cui ci si definisce in termini di assistente e assistito.

Quattro anni fa mi sono ritrovata a Lyn’s House perché non vivevo bene il contesto accademico in cui lavoravo, non trovandovi né pienezza né integrità: sono arrivata qui perché ero io ad aver bisogno. Non è facile raccontare la mia esperienza, ma ci provo presentando due incontri – quello con Lucia e quello con Domenico – che, forse, possono dare il senso del mio stare a Lyn’s House.

Comincio con la storia della mia prima visita nel 2018. Ero titubante: pur essendo stata invitata a cena da uno dei piccoli gruppi, non conoscevo nessuno. Entrai, mi sedetti e mi guardai attorno. Vicino a me c’era Lucia, impegnata a disegnare. Presto però si voltò e mi guardò da vicino, proprio negli occhi, un tantino diffidente ma con vera attenzione. Poi mi toccò il dorso della mano con un dito: non so cosa volesse dirmi con quel gesto, ma io lo sentii come un momento di profondo e reale incontro. Lucia, per scelta, non parla: lei, con il suo silenzio e la sua presenza, continua a essere una parte importante di quel che significa appartenere ed essere accolti a Lyn’s House.

Due persone durante una festa

Festeggiamenti a Lyn’s House

Poi c’è Domenico, che ha vissuto la pandemia con grande difficoltà, i ripetuti confinamenti sono stati molto difficili per lui: si è ritirato in sé stesso, perdendo buona parte del linguaggio che normalmente utilizzava. È veramente difficile capire come stargli accanto, anche se ora, piano piano, le cose sembrano un pochino migliorare. Ebbene, la scorsa settimana, dopo cena, ad alta voce Domenico ha pregato per sé stesso, per uno dei suoi amici, per tutti noi: ha chiesto a Dio di mostrarci come essere gioiosi, di mostrarci chi siamo. La sua preghiera è stata costellata di «noi, noi». Stare seduta accanto a lui quella sera è stata per me una sorta di rivelazione. Un dono.

L’idea di Lyn’s House è nata circa trent’anni fa (mentre la comunità solo nel 2013): a Cambridge c’era veramente bisogno di uno spazio come questo. Se infatti la grande tradizione accademica e intellettuale della nostra università arricchisce molto, allo stesso tempo però, concentrandosi così tanto su eccellenza, successo e risultati intellettuali, rischia di restituirci un’idea distorta di umanità, e di quel che davvero conti in una persona. Spesso non c’è spazio per l’incertezza, la relazione, la fragilità, la debolezza, per i desideri umani fondamentali, come quelli di essere accettati, accolti, valorizzati e voluti. È il grande rischio di perdere la nostra comune umanità.

A Lyn’s House cerchiamo anche di ampliare l’idea di cosa sia importante nella vita umana, di confondere un po’ le idee su abilità e disabilità: ognuno di noi infatti ha delle difficoltà (più ovvie in alcuni, meno in altri) e ciascuno di noi ha dei doni (anche questi più o meno evidenti a seconda dei casi). Come ho detto, si tratta di un’esperienza inusuale, sconcertante e profondamente salutare in un luogo come Cambridge; i nostri amici a Lyn’s House non si preoccupano che tu abbia il massimo dei voti, un dottorato di ricerca o una lunga lista di pubblicazioni. Ciò che importa è che tu sia venuto all’incontro, che tu sia disposto a restare nei paraggi, a essere amico.

Finora la nostra presenza e il nostro ruolo rispetto all’università di Cambridge sono stati abbastanza informali e casuali (studenti e non sono parte della comunità, mentre alcuni membri di essa fanno riferimento all’università; siamo sostenuti dalle donazioni di un discreto numero di colleghi). La speranza però – ed è sempre più una realtà – è che gli studenti che vengono a Lyn’s House mentre frequentano Cambridge vivano un’esperienza capace di influenzare in modo significativo la futura direzione delle loro vite, delle loro carriere, del loro lavoro, della loro vocazione, del loro essere cittadini.

Ieri ci ha salutati Sophia che, terminato il dottorato, sta per iniziare a lavorare ad Harvard; mentre noi pregavamo per lei, lei piangeva cercando di trovare le parole per dire quel che la comunità le ha dato.
Una studentessa, che non fa parte di Lyn’s House, ci ha raccontato quanto sia stato importante per lei ascoltare un’omelia tenuta da uno dei membri della nostra comunità: ascoltare come debolezza e fragilità siano parti indispensabili per renderci esseri umani completi e integri, persino in un posto come Cambridge. Ci ha confidato che recentemente ha perso l’udito per un tumore cerebrale, per fortuna non maligno, che comunque condizionerà la sua percezione di sé, del suo futuro e di ciò che davvero conta.

Intanto stiamo pianificando da settembre un nuovo progetto accademico dell’università per fare teologia insieme a Lyn’s House. È qualcosa di completamente nuovo che potrebbe richiedere metodi insoliti, dipendenti non tanto dall’uso della razionalità o delle abilità verbali, ma piuttosto dall’arte, dal silenzio, dai gesti.
Cerchiamo di trovare nuove strade per esprimere e condividere la nostra esperienza del cammino fatto insieme, dove si è accanto abili e disabili. Perché siamo insieme e non separati, perché apparteniamo gli uni agli altri, perché siamo amici.

Cosa lasciano intuire, cosa rivelano le lacrime di Sofia o la preghiera di Domenico? È qualcosa difficile da trasmettere o da interpretare, ma che cambia profondamente quelli di noi che ne fanno esperienza. E che potrebbe anche cambiare la Chiesa, il mondo accademico e l’idea stessa del vivere insieme.

Carole Irwin è presbitero nella Chiesa metodista, Carole Irwin è stata direttrice degli studi alla Wesley House Cambridge dal 2015 al 2021. Fa parte del comitato direttivo di Lyn’s House.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.162

Copertina di Ombre e Luci n. 162 (2023)

Quando ho bussato alla porta di Lyn’s House ultima modifica: 2023-07-18T09:13:23+00:00 da Carole Irwin

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