Sono passati alcuni giorni dalla Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità e io sono ancora disabile. Le parole sono finite, i riflettori si sono spenti, così come le luci delle telecamere, ma noi continuiamo a fare i conti con le nostre abilità diverse e con tutti gli ostacoli che questa società non rimuove o, peggio, ci mette davanti.

Si dice sempre che le persone con disabilità hanno diritto a «una vita normale» e subito dopo si parla di diritto alle cure, all’assistenza, a una generica rimozione delle barriere architettoniche e sensoriali, ma che vuol dire? Spiegatemelo perché io stento a capire.

Le persone con disabilità hanno diritto ad andare al cinema, al bar, al ristorante, in biblioteca, in parrocchia, in piscina, in palestra, ma troppo spesso non possono. E nessuno se ne occupa. Troppo spesso si relega il pensiero verso i disabili a un mondo sanitario e assistenziale e si tralascia la vita vera, quella che scorre nelle poche ore non impegnate tra la scuola e le fisioterapie.

La scuola arranca tra insegnanti di sostegno non sempre specializzati e assegnati con un incomprensibile ritardo che viene ogni anno giustamente sottolineato e denunciato.

Ma parliamo dell’università? Silenzio. I disabili che frequentano gli atenei fanno notizia solo se hanno dietro una storia da raccontare, eppure sono così pochi… Qualcuno mi potrà obbiettare che sono eccessivamente critica, perché il numero di studenti con disabilità iscritti sono in costante aumento, etc.., ma sono sempre molto pochi rispetto a coloro che terminano il quinto anno di scuola superiore. Dove sono? Che fine fanno? Perché la percentuale di studenti con disabilità che si iscrive all’università è così bassa in rapporto ai cosiddetti normodotati (scusate la parola, ma chi l’ha inventata si credeva normale, senza sapere che «da vicino nessuno è normale»)?

Non credo esista una risposta universale, ma a chi sta riflettendo, a chi sta scegliendo il proprio futuro e non sa se iscriversi all’università perché preoccupato dalla sua diversa abilità voglio dare un consiglio: osate, mettete alla prova le vostre abilità, sfidate voi stessi e le vostre paure e scoprirete quanta incredibile capacità è nascosta dentro di voi.

Io ho studiato storia contemporanea alla Sapienza, un privilegio aver frequentato quelle aule storiche dove i grandi hanno insegnato e si sono formati, che ancora oggi mi fa dire: “wow!”; ho fatto l’Erasmus a Lipsia nel semestre invernale, in mezzo alla neve, un’esperienza fantastica; a soli 29 anni ho terminato tutto il ciclo di studi conseguendo il dottorato di ricerca. Era il 3 dicembre 2015 la Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità.

A voi ragazze e ragazzi con disabilità che vi apprestate a scegliere cosa fare “da grandi”, auguro di osare il massimo: inseguite i vostri sogni.

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E il diritto allo studio? ultima modifica: 2020-12-14T09:43:53+00:00 da Laura Coccia

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