Il testo “Eterna è la sua Misericordia” (ed. Paoline, 2016) del monaco benedettino Fratel Michael Davide è stato il punto di riferimento per la nostra veglia.
Il modo in cui Fratel Michael Davide interroga la Parola di Dio promuove una riflessione personale, favorisce una personale “presa di controllo” nei confronti della Parola e genera consapevolezza.

Ma il testo di Fratel Davide non bastava. L’esperienza che a Fede e Luce dà molta importanza ai gesti, alla relazione di scambio e al silenzio fecondo, ha spinto ad una fusione dei linguaggi perché la veglia, alla quale avrebbero aderito molte altre persone, fosse un momento di ascolto ma anche di azione.
La parola laboratorio è composta da due parti: labor nel senso di attività, fare, agire e orare nel senso di contemplare, guardare con stupore, pregare.
Il lavorare in un gruppo dispone a nuove scoperte, ad interrogarsi, al raccontare di sé per accedere a nuovi significati di se stesso e del contesto.
Il mettere in gioco il proprio corpo e non solo la testa, lo scoprirne la forza vitale ed i movimenti possibili, spesso negati o repressi, fa approdare a prospettive diverse. Con il “laborare” possiamo dare voce ad un’energia mentale spesso sopita e deposta.

I momenti della veglia

La veglia si apriva con un’introduzione e si articolava intorno a otto punti di riflessione.
La stessa successione dei punti di riflessione proposti è stato stimolo per un “percorso laboratoriale interiore” in cui ci si interrogava sulla personale strada da percorrere.
Ciascun momento prendeva spunto dalla Parola di Dio del Vecchio o del Nuovo Testamento.

Alla lettura della Parola seguiva prima una riflessione tratta dal libro di Fratel Davide e poi il momento del segno.
In questa fase si agiva con modalità non verbali per attualizzare e trasporre il messaggio ascoltato.

Al momento del segno seguiva un ultimo momento di ascolto centrato in modo particolare sul come vivere e concretizzare la “Misericordia”.

La musica, i canti, le sonorità interiori hanno accompagnato l’interiorizzazione, selezionato la “partecipazione”, abituato a non essere “ripetitori”, saper reggere il silenzio di se stessi.

La “cura” dell’Ascolto

La veglia-laboratorio è stato un modo per esprimersi, per tessere relazioni, per imparare, per fare esperienze, per canalizzare emozioni; la dimensione “laboratoriale” improntata su azioni concrete ha attivato modi di pensare che favoriscono una nuova visione delle cose, per riconoscere le abitudini alle quali si vive ancorati.

I partecipanti hanno iniziato a sperimentare emozioni vere, legate all’esperienza del proprio corpo e della propria voce.

Lo spazio e il tempo sono stati riempiti di significati che i ritmi di vita attuali non ci fanno esplorare. Lungi dal divenire un palcoscenico in cui si dà spazio al proprio individualismo esasperato, il momento di preghiera della veglia è stata l’occasione per rileggere la Parola all’ombra dei vissuti personali scaturiti dai gesti-segno proposti.

Si è reso evidente che è possibile essere ascoltati, ma che è necessaria una “cura” ad ascoltare se stesso ed una “cura” ad ascoltare gli altri – le persone e i testi.

Tutti si sono potuti riconoscere parte di un processo più ampio ed è stato possibile assaporare il profumo del processo evangelico.

Ha preso così corpo l’ipotesi fondamentale che non si può educare all’ascolto della parola di Dio se non si educa all’emozione, generando un’attenzione diversa alla “fede” e alla “fiducia” che già vive in “latenza” in ciascuno di noi proprio perché Dio ce l’ha messa.
(Chi desidera il testo completo della veglia può richiederlo a ombreeluci@fedeeluce.it) OL

Introduzione: “Gesù camminava dinanzi a tutti salendo verso Gerusalemme” (Luca 19,28) Non si può restare a guardare senza prendere posizione

Segno: Alzarsi dal proprio posto, prendere un lumino, deporlo ai piedi dell’altare dell’Adorazione.

  1. “Sono forse io Signore”? (Mt, 26 14-25)
    Avere la propria vita tra le mani
    Segno: Dipanare in silenzio una matassina di stoppa, simbolo della propria vita, interrogandosi dei propri nodi interiori.
  2. Come Maria di Betania. (Gv. 12, 1-11)
    Non negare gesti di amore
    Segno: Annusare il nardo, portato da Gerusalemme e scegliere se farsi o no profumare.
  3. Scegliere senza tristezza (Dt.30,19-20)
    Amare e lasciarsi amare
    Segno: Respirazione, preghiera del povero “Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me”
  4. Un segno per stare sulla strada giusta (Le, 19,18)
    Trovare Gesù nel fratello più povero

    Segno: Formare una coppia con chi è seduto vicino. Fare un gesto di accoglienza, guardarsi negli occhi, toccarsi le spalle.
  5. Pregare (Matteo 6,14):
    Pregare per chiedere e per impegnarsi
    Segno: Cantare insieme il Padre Nostro
  6. Non lasciarsi intimidire dal fallimento, il padrone della vigna e il vignaiolo/Gesù (Luca 13,1-9).
    Segno: Silenzio fecondo: interrogarsi sulla propria misericordia.
  7. “Vuoi guarire”? (Giovanni 5,1-16)
    Gesù interroga i desideri che “ci paralizzano”
    Segno: Cantare insieme “Grazie alla vita”
  8. Essere figli (Giovanni 8, 31-32)
    Figli non si nasce ma si diventa
    Segno: Si forma un cerchio prendendosi per mano, con una mano si prende quella del vicino, con l’altra si accoglie. Ascoltando la musica e guardandosi negli occhi.

di Gemma Caputo Giuliani e Bruno Galante, 2017

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.137

Una veglia-laboratorio per il Giovedì Santo ultima modifica: 2017-03-16T10:30:14+00:00 da Redazione

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