Ci sono persone che di fronte alla propria disabilità non si arrendono e man mano che crescono imparano a lottare per gli ideali in cui credono; è una vocazione. La vocazione di seguire Cristo in castità, povertà e obbedienza. Trent’anni fa Maria Grazia, ragazza in carrozzina chiese all’Istituto Secolare Piccole Apostole della Carità di poter entrare nel loro ordine per essere anche lei alla sequela di Cristo. Per 30 anni l’istituto ha resistito alla richiesta, ma alla fine si è convinta della sua vocazione e nel 2001 a Sant’Ilario di Nerviano in provincia di Milano è stato aperto il Roveto, una casa senza barriere, che ospita quattro donne in carrozzina affette da tetraparesi spastica (Maria Grazia, Laura, Nunzia e Francesca) ed altre consorelle che hanno deciso di intraprendere questa vocazione.
Di loro ci parla oggi la consorella Anna Maria.

Vivo a Nerviano (Mi) nella Comunità dell’Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità, insieme ad otto “sorelle”, delle quali quattro sono portatrici di disabilità motoria severa: si spostano su carrozzina elettrica e utilizzano il computer per scrivere e comunicare, servendosi di ausili informatici sofisticati.
La loro storia viene da lontano ed è molto interessante: nella Chiesa sono le uniche persone portatrici di disabilità motoria grave, accolte in un Istituto di Consacrate secolari e che vivono in comunità. Grazie all’Associazione “La Nostra Famiglia”, dove tre di loro sono state riabilitate e hanno respirato la spiritualità del Fondatore, il Beato don Luigi Monza, fondata sulla carità dei primi cristiani e sulla “Piccolezza” del chicco di grano, hanno avvertito, per opera dello Spirito Santo, la consapevolezza di essere chiamate a donare la propria vita al Signore con i voti di povertà, castità ed ubbidienza.

È proprio vero, che il Signore non guarda all’apparenza, ma guarda il cuore e parla al cuore. “Ogni giorno provo la gioia di sentirmi chiamata da Lui, che è la roccia della mia vita; è il mio Signore, che con la sua vicinanza nella preghiera, nell’ascolto della Parola e nell’Eucarestia mi incoraggia ad andare avanti. Nunzia

Consapevoli che Dio predilige i piccoli e i deboli, con il sostegno di Monsignor Luigi Serenthà, del nostro amato Cardinale di Milano Carlo Maria Martini, di don Giuseppe Beretta, che tutt’ora segue la Comunità con grande passione e preparazione, nel settembre del 2002 hanno intrapreso il cammino della donazione totale a Dio nella vita consacrata, e sono state accolte nell’Istituto delle Piccole Apostole della Carità. A distanza di 14 anni dal loro ingresso nell’Istituto, testimoniano al mondo che “nulla è impossibile a Dio”, come ama ripetere M.Grazia, la maggiore delle “sorelle”.

Il 24 settembre 2015 Laura, Nunzia, Francesca e M.Grazia, hanno celebrato il 10° anniversario di Consacrazione.
Il Beato don Luigi Monza affermava che “non è il fare che conta, ma lo spirito con il quale si compie ogni azione, anche la più semplice”. Francesca, Laura, M. Grazia e Nunzia sono una presenza molto significativa ed importante per le persone del paese: la loro serenità, la loro capacità di attenzione e di ascolto delle pene dei parrocchiani, con la promessa del ricordo nella preghiera, la loro partecipazione attiva alle celebrazioni, il loro volersi bene, sono un “segno” che parla al di là di ogni discorso e di ogni iniziativa pastorale.
La loro presenza nella nostra comunità sollecita la solidarietà di tante persone che offrono una collaborazione volontaria per il trasporto, per le riparazioni degli ausili ortopedici, per la cura della casa, ecc.

Nella mia vita di consacrata secolare sento dal profondo del mio cuore il dovere di dare testimonianza di vita credibile, avvicinando e aiutando le altre persone, dimostrando sensibilità e attenzione verso i problemi dei quali vengo a conoscenza e per i quali prego intensamente. Francesca

È anche una testimonianza che dice alla Comunità ecclesiale che le persone con disabilità non sono solo soggetti da curare ed assistere, ma sono persone che possono dare il proprio contributo per umanizzare la società e renderla più sensibile e attenta agli ultimi, ai diversi, che sono fonte di grandi ricchezze spirituali; stimolo alla solidarietà e alla capacità di ascolto, sempre più difficile da trovare oggi.
Siamo sempre disponibili e felici di accogliere chi desidera conoscerci e trascorrere un po’ di tempo con noi.
Anna Maria Viganò

Forse, nel pensiero comune, si pensa che i disabili abbiano un modo tutto diverso, rispetto a chi non lo è, di porsi nei confronti della vita e delle scelte che essa comporta. È vero però che ogni persona è unica e affronta la vita a modo suo. Perciò il senso della vita e delle scelte che la persona fa, che sia disabile o meno, dipendono da come uno è, da quali valori ha assunto e da come reagisce agli eventi della sua vita. Quando io, che ho una tetraparesi spastica-distonica,terminate le scuole magistrali, mi sono chiesta cosa fare nella vita, non ho detto “sono disabile quindi mi è precluso questo è quello”, ma sono rimasta aperta ad ogni possibilità, cioè ho messo al primo posto il mio essere persona e dopo il mio handicap. Un altro, nelle mie condizioni, forse,avrebbe fatto il contrario.

Ci sono però persone che vivono la vita con rabbia e mettono al primo posto solo i diritti della loro disabilità, altri che sono preoccupati solo dei propri interessi e temono il domani rimandando agli altri le proprie responsabilità, altri ancora che si lasciano vivere piangendosi addosso; ma ci sono anche dei disabili che fanno della loro vita un dono: nelle loro attività, nel matrimonio, se è fattibile, e adesso anche nella vita consacrata. Questo è vero per i disabili fisici, che hanno piena facoltà di decidere di sé. Ma vorrei dire che anche ai disabili mentali, pur avendo gravi o lievi difficoltà deve essere difeso la dignità di persona e venire aiutati a vivere una vita degna. Solo nel rispondere di sì al Signore ho trovato piena libertà.

Ora con le mie consorelle, disabili e no cerchiamo di vivere la carità dei primi cristiani, il volersi bene, e testimoniare così, alle persone che ci incontrano, che è bello vivere nell’amore. L’amore, la realizzazione di sé, la gioia, tutti li cercano in modi diversi, io li ho trovati, li ho intravisti in Dio, e il cercare il Suo Amore e scoprirlo sempre più nella mia vita, il viverlo nel rapporto con gli altri, questo dà senso a tutta la mia esistenza.

La Misericordia va ben oltre il perdono delle colpe: essa è la forza propulsiva. Oh, se fosse stato per me, mi sarei fermata alla prima contraddizione, interna ed esterna a me, ma Dio mi ha dimostrato, e continua a farlo, che c’è sempre un “oltre”, un “modo” per vivere le contraddizioni, i problemi del quotidiano, che poi si risolvono secondo lo stile di Dio. Ci vuole fiducia nel Signore per vedere le contraddizioni sanate.

Ecco due pennellate chiave, misericordia e ripartenza, che danno colore e movimento a tutte le altre sfumature: le fatiche, le gioie, il lavoro, la fraternità, la preghiera, l’apostolato. Queste pennellate vanno disegnando un quadro colorato e formano la mia sequela di Cristo.

Concludo con l’ultima grande pennellata da una frase del Beato Luigi Monza, che rappresenta per me l’ideale ultimo a cui vorrei arrivare e verso cui sono ancora in cammino: “Quella carità che non si arresta a metà strada, ma sa giungere fino in fondo perché la volontà la guida e sa vedere nei nemici gli amici, che sa annullarsi per potersi donare maggiormente agli altri”. Questo è un ideale altissimo di Amore, è di un rosso vivissimo, è l’Amore di Gesù stesso.

Laura, 2016

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.133

Il Roveto di Sant’Ilario ultima modifica: 2016-03-25T11:55:53+00:00 da Redazione

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.