Gli inizi

Il Progetto Chopin è nato nel 2010 a Villa d’Adda, piccolo paese della bergamasca, per l’impegno, le necessità e le comuni aspettative di un gruppo di famiglie di giovani disabili e di alcuni loro amici. I primi passi sono stati mossi in un clima non sempre semplice e in una storia che, purtroppo, si ripete: una Cooperativa in difficoltà che sta per chiudere o per ridurre di molto le ore occupazionali dei suoi lavoratori, e le necessità di giovani diversamente abili, desiderosi di sentirsi parte attiva della propria comunità.

Nel ragionare sulla situazione, piano piano si è individuata una strada ed è nato un progetto, con l’azzardo di costruire qualcosa di diverso da quello che già era presente sul territorio, di modo da offrire un servizio che fosse un’ulteriore alternativa nella scelta di un luogo dove inserire un giovane diversamente abile dopo il percorso scolastico.

In questa fase la capacità delle famiglie di non arrendersi e il loro coraggio, chiamiamolo anche così, di tentare strade nuove, sono sati fondamentali, e nel Progetto della Cooperativa oggi si legge: “Il coinvolgimento attivo della famiglia nella determinazione del proprio destino è la musica che risuona in tutto il progetto Chopin, consapevoli che nemmeno l’amore, da solo, raggiunge tutti i risultati”.

Come è organizzato

Chopin è organizzata su tre aree di lavoro nelle quali i giovani e gli adulti disabili si alternano secondo turni stabiliti: la serra e l’orto (quest’ultimo nei mesi estivi) , dove si seminano le piante, si innaffia, si cura e si fa crescere il prodotto che poi andrà venduto. Il negozio con il suo laboratorio, dove si vendono fiori, piante e si preparano composizioni e bomboniere su richiesta. Il furgoncino con il quale si fa il giro dei mercati della zona, vendendo i prodotti del negozio e della serra. Ultimamente sono stati preparati anche gli addobbi per alcuni matrimoni.

L’idea è quella di proporre più spazi di lavoro, in cui sviluppare l’apprendimento di tecniche nuove e mettersi alla prova con esperienze di produzione, senza trascurare il contatto con il mondo “esterno” attraverso la vendita in negozio e l’uscita sui mercati.

I giovani e gli adulti disabili a Chopin sono chiamati “lavoratori speciali”, perché, prima di essere disabili, sono persone adulte desiderose di lavorare. Nello svolgimento dei loro incarichi, essi sono affiancati da varie figure professionali: due Educatori, un fiorista esperto, un Coordinatore scientifico che stabilisce i percorsi personalizzati, e un bel gruppo di volontari.

Il servizio è aperto cinque giorni la settimana per otto ore al giorno e i giovani si alternano in turni: nessuno è presente per tutte le quaranta ore di apertura.

Il lavoro è organizzato per poter ospitare un massimo di quindici utenti, per cui, essendoci invece più richieste, nel 2012 è già nato un secondo Chopin, per iniziativa e richiesta dell’Amministrazione e di un gruppo di famiglie di Brembate Sotto.
Tecnicamente il negozio è in affitto, il furgoncino per i mercati è stato acquistato con i proventi di un Bando di Concorso regionale, per la serra è stato acceso un mutuo. Sin dall’inizio si è pensato di organizzare Chopin seguendo una logica aziendale, come una vera e propria impresa, per quanto speciale, e non come un ente-cooperativa assistenziale, per questo motivo è gestito da un CdA e da un Direttore.

L’impegno dei lavoratori speciali

A Chopin nessuno deve fare ciò che non gli è possibile fare, ma ad ognuno viene chiesto di contribuire in tutti gli ambiti possibili. Coscienti che il grado di autonomia dei lavoratori può essere molto variabile, le mansioni che vanno a svolgere vengono stabilite con un responsabile scientifico che segnala le abilità di ciascuno e le sue possibilità di potenziamento: pur lavorando molto sull’acquisizioni di nuove autonomie, le richieste non vogliono mai superare i limiti delle abilità personali, per non creare nei disabili situazioni di disagio o di disorientamento che nascono quando ci si sente inadeguati di fronte ad una richiesta.

Il progetto nasce dall’idea che ad ogni persona piace “fare”, avere cioè la possibilità di produrre qualcosa di utile per sé e per gli altri. Non importa quali siano le capacità della persona, il fare è comunque una necessità.

La parola ai lavoratori

“Cosa ne pensi di Chopin?”
Alberto.: Bello mercato di Cisano! Perché faccio i “giri di colazione
Laura: Bello Chopin per le persone che ci sono
Virna: Piace il lavoro, la Laura e i ragazzi…ma non alzarmi presto al mattino
Andrea P.: Piace Chopin perché gli educatori Andrea e Matteo sanno sempre tutto sul calcio
Andrea I.: Mi piace lavoro, ciclamini… ma no alzarmi presto
Claudio V.: Chopin è bello per il lavoro
Cristina: Chopin, mi piace il lavoro e le persone e i volontari
Claudio M.: Bello lavoro! baci, baci, baci a Chopin!
Andrea C.: Sono contento quando lavoro a Chopin… Sono triste se non vado
Davide: Bello i mercati per vendere i fiori a tutti..ma no alzare presto mattino
Elisa: Bello Chopin per la serra, mercato di Sotto il Monte, annaffiare piante con Andrea e Claudio
Elena: SI….bello! compagnia e curare i fiori e trapiantarli
Elisa R.: Bello travasare la terra, le carte, i puzzle… “batti 5!” a Chopin tante vitamine d’amore dare e ricevere
Carlos: Chopin bello! bello! baci, baci. Ciao Chopin! Ciao Chopin!

Luisa Dinale, 2014

Il logo

Ciò che questo logo vuole simboleggiare è evidente:

  • unione in nome di un grande progetto
  • unione tra due simboliche diversità
  • unione, infine, in nome della musica che ha ispirato il progetto.
  •  

Il logo è formato dalla “C” di Chopin (da cui il nome dell’iniziativa) che genera due mani diverse.
L’una è senza un dito -in difficoltà tanto che non arriva ai tasti neri- e “suona” la melodia, mentre l’altra l’accompagna sicura, metafora del ruolo dell’educatore che guida l’utente nel suo percorso di lavoro e di vita.
Il significato della “C” si esplica nella sua stessa forma, che abbraccia letteralmente uno spartito/pentagramma, su cui le due mani suonano quella musica del lavoro e della vita all’unisono e sul quale appaiono due note.
Esse accentuano la “diversità” e nel contempo il legame fra esse, dal quale scaturisce un’armonia nuova.
Una curiosità: il nome Chopin è stato scelto perché, mentre i genitori erano riuniti in casa di uno di loro per discutere sulla realizzazione del progetto, Laura, che ora è una dei nostri lavoratori speciali, si è messa a suonare Chopin al pianoforte.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.125

Chopin: diversamente impresa ultima modifica: 2014-03-29T12:10:35+00:00 da Redazione

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