Un fulmine a ciel sereno

Padre Mario Lucarelli, il sacerdote che ha sostenuto la nostra prima comunità in Puglia, diceva che la vita spirituale di ognuno di noi è storia sacra e la scrive il Signore stesso con ognuno di noi. Ci sono momenti nel corso della propria vita in cui si fa urgente quasi misteriosamente la ricerca del soprannaturale e, se non c’è resistenza in noi ma remissività, il Signore può far forza su di noi, “ci afferra”e si mette all’opera per lavorare in noi. Così è successo anche a me.
Vorrei parlarvi della mia esperienza personale, che si intreccia strettamente e continua con l’esperienza della nascita delle comunità Fede e Luce della Puglia. Penso che il Signore afferra in tanti modi, per vie diverse. Un modo credo non raro in F. e L. è attraverso la sofferenza. Quando nel lontano 1980, come fulmine a ciel sereno il più grande dei miei quattro figli, allora tredicenne, ebbe bruscamente uno sconvolgimento psichico, nella mia sofferenza profonda capii perfettamente la gravità della situazione. Ma nel mentre mi rivolgevo ai colleghi, nel mio cuore di allora “tiepida credente” sentivo l’esigenza di rivolgermi più in alto, verso Qualcuno che non conoscevo bene, ma sapevo che poteva esserci per me e mio figlio. In quel momento questa mia posizione di fronte al dolore, la semplice apertura del cuore, la tensione verso chi è al disopra di noi aveva già stabilito l’aggancio a Lui: ora posso dire che proprio allora Egli mi aveva afferrato. Le cose andavano male con mio figlio, egli mi rifiutava con violenza, mi scacciava e con me anche il padre e i fratelli. Di fronte a questo dolore tremendo non c’era che da correre da Lui.

Egli mi ha afferrato

Quella mattina, era domenica, dopo una notte in clinica particolarmente dolorosa, presi per mano gli altri miei tre figli più piccoli e andai a messa. Ed ecco la Parola di Dio mi colpì come uno schiaffo. Era il brano di Luca (10,14) sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi. Si parla della vedova che insiste col giudice disonesto perché le faccia giustizia e questi alla fine l’accontenta per levarsela di torno. E quando udii il sacerdote proclamare: ”Avete udito ciò che fece il giudice disonesto? E Dio, non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Si farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente”, sentii che il Signore parlava proprio a me e scoprii il valore immenso della preghiera. Da allora cominciai a vedere quello che prima non vedevo. Figli di amici con problemi di handicap mentale o qualche ragazzo ricoverato in clinica Psichiatrica mi balzavano agli occhi, mi attiravano ed io cercavo la loro amicizia ed essi la mia e scoprivo a poco a poco un mondo nuovo, a volte un mondo di sofferenza profonda, che mi avvinceva e mi sconvolgeva, ma sempre mi portava verso un amore che mi sembrava essere quello a cui il Signore ci esorta. “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi!”. Non esisteva ormai più per me il problema di mio figlio ma il problema di tanti figli, di tanti altri, come un cerchio che si allargava, si dilatava, e nello stesso tempo si dilatava la mia capacità di amare. Mi sentivo molto sola però; a volte sotto un peso di dolore e di angoscia, facevo fatica a trovare il coraggio di riavvicinarmi a loro, ma dovevo ritornare perché l’avevo promesso e sapevo che mi aspettavano. Già allora ogni prova di fedeltà mi rendeva più gioiosa e sicura, ma non sapevo come avrei fatto a portare avanti tutto questo!

Un cerchio che si allarga

A questo punto nel settembre ‘83, esattamente 30 anni fa, ci fu Lourdes! Penso che il Signore, coadiutrice Maria, ha voluto iniziare a scrivere un’altra storia sacra per le famiglie, i ragazzi e gli amici di F. e L. della Puglia, servendosi di me che in quel momento vivevo una particolare esperienza di dolore e resurrezione. A Lourdes quell’anno per la prima volta ci sono andata perché la mia amica Agnese me lo aveva proposto: “Andiamo tutte e due come medici col treno dei malati dell’Unitalsi?” E anche perché era l’occasione per far contenta mia madre. Mia madre però dava a questo viaggio un significato particolare: pregare insieme per mio figlio. Dopo i primi giorni, l’atmosfera mistica di Lourdes, la preghiera intensa e spersonalizzata, l’impatto con i malati, mi avevano posto in cuore un’ansietà profonda, quasi un’attesa di qualcosa di nuovo che potesse accadermi. Passeggiando fuori dal recinto della Grotta lessi, scritto a lettere cubitali su una parete: Jean Vanier . Mi bastò quel nome per entrarvi. Avevo letto alcuni libri di Jean e mi erano stati di grande aiuto. Era quello l’ufficio promozionale di Foi et Lumière, nato per accogliere a Lourdes genitori, amici, pellegrini del mondo intero coinvolti col problema dell’handicap. Il padre Arqué, mentre io cercavo fra i libri di Jean Vanier, mi parlò di Foi et Lumière, mi informò che anche in Italia c’era Fede e Luce e insisteva perché prendessi l’indirizzo del responsabile di Roma. Poi non trovando nell’elenco comunità vicine a Bari, disse con mia sorpresa: “Perché non comincia lei a Bari?”

“Fate quello che Lui vi dirà”

Ritornata a Bari, circa un mese dopo riordinando le mie carte mi capitò sotto gli occhi il numero di telefono del responsabile nazionale di F.e L. che allora era Valeria Levi Della Vida. Presi il telefono e chiamai. Valeria dall’altro capo, molto indaffarata ma con voce dolce, mi disse che se volevo saperne di più potevo andare al Convegno Nazionale di novembre a Milano (mancavano 15 giorni). Forse avrei lasciato cadere la cosa, non ero in condizioni di lasciare la famiglia e il lavoro per un altro viaggio. E poi diffidavo delle istituzioni, del troppo parlare che vi si fa… Lo stesso, ne parlai con mio marito, tanto per informarlo. Egli mi rispose deciso:”Se credi che ne valga la pena, perché non vai? Anzi porta anche nostro figlio”. Non mi sarei aspettata tale risposta, anzi tale incitamento. Proprio per la stranezza della cosa partii. Dal convegno recepii due cose importanti: 1) F.e L. non era un’istituzione come tante altre. 2) abbracciare una causa comune, in quella profonda umiltà che caratterizzava i cari amici conosciuti lì, accresceva la personale capacità di dono e la illuminava di una gioia profonda (certo la gioia del Signore: “dove sono due o tre riuniti, io sono in mezzo a loro”) e riduceva la immancabile sofferenza di essere soli di fronte alle situazioni più dure. Sulla via del ritorno continuavo a pensare a quello che avrei potuto fare, conoscendo bene le mie scarse capacità organizzative. Ma mi tornavano sempre in mente le parole, tema dell’incontro: ”Fate quello che Lui vi dirà!” A Bari non persi tempo. Contattai due o tre famiglie amiche che vivevano il problema dell’handicap di un proprio figlio, ma avendolo già accettato in modo positivo. Mi sembrava il primo passo. E il sacerdote? Recentemente ne avevo conosciuto uno, Padre Mario, che mi pareva quello giusto e a portata di mano, essendo di una parrocchia vicina. Avvicinarlo, portargli i libri di Jean Vanier, i giornalini “Ombre e Luci”, fu cosa di un momento. La sua titubanza, per mancanza di tempo…fu vinta quando ci ritornai con Agnese: l’unione fa la forza e un pizzico di umorismo e di vivacità aiuta. E l’animazione? Nel viaggio a Lourdes avevo conosciuto fra i barellieri Basilio, un giovane disponibilissimo con i malati e pieno di inventiva. Cercai il suo numero telefonico e con mia grande gioia mi rispose che era disponibile con alcuni altri giovani della parrocchia, forniti di chitarra.

Basta avere coraggio

Il 10 dicembre 1983 (Madonna di Loreto) ci fu la prima riunione fra genitori e amici e Padre Mario a casa mia. I miei figli mi boicottarono (si chiusero nelle loro stanze), mio marito stava a guardare. Io tentavo di dire con le parole cosa è F. e L., vedevo tutto chiaro dentro di me, ma cosa riuscivo a comunicare? Come previsto, ci furono risposte contraddittorie, repliche fuori posto, fraintesi, ecc. All’improvviso p. Mario, da tiepido che mi era sembrato essere all’inizio, prese la parola e disse con decisione alcune cose importanti di F.e L. e soprattutto mise in chiaro fin dall’inizio che ci potevamo chiamare comunità F. e L., solo se rispettavamo ciò che era scritto sulla Carta, altrimenti potevamo lo stesso star bene insieme, ma ci saremmo dovuto dare un altro nome. Queste sue parole, penso, abbiano gettato le basi giuste per far nascere la nostra prima comunità. E io sentii per la prima volta che non si è mai soli a F. e L., basta aver coraggio, il Signore parla al momento giusto attraverso qualcuno di noi. Dal canto suo p. Mario, quando l’ho rivisto dopo questo incontro mi ha detto: “Ti ho visto così decisa ed entusiasta, che ho capito che il tutto non veniva da te, ma c’era Qualcuno alle spalle!” Questa conferma mi ha confortato. E poi la comunità si è avviata… Anche i miei figli si sono coinvolti con entusiasmo.

Maria ci attendeva

Nel settembre successivo, ad un anno dal mio viaggio, ho sentito che a Lourdes bisognava tornare. Maria ci attendeva. Nel profondo del mio cuore ne sentivo il richiamo. Siamo tornati ancora con l’Unitalsi, con cui avevamo già intrecciato tante amicizie, ma questa volta con la presenza dei nostri ragazzi. Eravamo un gruppo di dieci, 4 ragazzi con problemi, due mamme, un papà e tre amici. Fra gli amici c’era già Luisa! Amici e sacerdoti del pellegrinaggio ci hanno accolto con amore. Il nostro gruppo, per merito dei ragazzi pronti a fare amicizia con tutti, faceva da bandiera; han voluto una nostra testimonianza e c’è stata simbiosi fra Unitalsi e F.e L. Abbiamo incontrato e ringraziato Maria, specialmente la sera, vicino alla grotta mentre recitavamo il Rosario. Siamo tornati col gruppo alla sede permanente di Foi et Lumière. La responsabile Martine Guénard ci ha accolti con gioia, eravamo una nuova comunità che compiva un anno! Abbiamo festeggiato, i ragazzi hanno brindato e spento la candelina. Poi ci hanno chiesto: “Come si chiama la vostra comunità? Se non l’avete fatto, datele ora un nome!” Ci siamo guardati l’un l’altro. Nella foga di andare avanti, di conoscerci, di incontrarci, amarci, non ci avevamo ancora pensato! Ma la risposta fu molto semplice e immediata: “La nostra comunità la chiameremo Immacolata Concezione!”
Così nacque la prima comunità di Puglia… Nel libro di Marie Hélène Mathieu, “Mai più soli”, alla pagina 120 si fa menzione di questa meravigliosa avventura che conferma, ancora una volta, come Fede e Luce è nel cuore della Madonna di Lour-des!

Delia Mitolo, 2013

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.124

Una storia sacra ultima modifica: 2013-12-14T13:18:00+00:00 da Delia Mitolo

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