8 gennaio: Battesimo di Gesù per mano del Battista. Festa grande per gli Ortodossi, mi dicono, meno sentita tra i Cattolici, almeno così mi sembra. E invece quest’anno per me, è diventata occasione di riflessione nuova.

Il sacerdote che tiene l’omelia ci parla di Giovanni in modo insolito. Questo ragazzo è il figlio di Elisabetta, quella cugina da cui si reca in gran fretta Maria dopo l’annuncio dell’Angelo. Questo ragazzo è quello stesso bambino da poco concepito, che balza nel seno della Madre all’arrivo di Maria, in qualche modo tra i primi testimoni del prodigio dell’Incarnazione. Questo bambino è quello stesso tante volte raffigurato ricciolino, dolce e sorridente accanto a Gesù e a sua Madre.

Questo bambino figlio di un anziano sacerdote, allevato tra i marmi, gli ori e l’incenso del tempio, diventato un ragazzo abbandona ogni cosa, si ribella a tutto ciò che lo circonda, si veste di pelli e sceglie come rifugio e luogo di testimonianza il deserto. Da lì denuncerà ipocrisia e malvagità dei potenti, da lì inviterà a preparare le vie al Messia che deve venire nella giustizia e nella verità. E Gesù udita questa voce che grida nel deserto non la disdegna ma vuole conoscere lo strano profeta, si reca da lui per vederlo e ascoltarlo, per farsi battezzare secondo il suo nuovo rito… e poi sappiamo cosa accadrà ad entrambi.

Non avevo mai pensato al Battista come ad un ragazzo ribelle, come a un figlio che si sottrae al futuro che i genitori con amore e saggezza hanno sognato per lui. Si saranno preoccupati Elisabetta e Zaccaria? Avranno cercato di fermarlo o avranno capito e lo avranno lasciato andare per un destino così duro, fuori da ogni regola e buonsenso? Questi sentimenti li conosciamo bene: quante volte infatti è toccato anche a noi lasciare che sia un figlio a decidere per il suo destino contro ogni nostra aspettativa.

Ma mi sembra ci sia un’altra cosa su cui riflettere. Dovremmo forse anche noi, genitori, nonni, insegnanti, credenti e benpensanti, ligi alle regole e alle tradizioni, seguire l’esempio di Cristo. Perché non andiamo anche noi, come Lui ha fatto, con coraggio incontro a chi per destino di nascita o per scelta ragionata o per esperienze di vita, lascia le vecchie strade e percorre vie nuove, rifiutando schemi e regole? Potremo forse scoprire che lontano da tutto ciò che per noi è da sempre codificato e irrinunciabile, anche questi ‘diversi’ ribelli alle convenzioni, in ambiti insospettabili sono animati dal nostro stesso impegno, e spinti da una forza misteriosa danno testimonianza valida e coraggiosa del messaggio di giustizia e amore che Cristo ha consegnato ad ogni uomo.

Pennablù, 2012

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.117

Un ragazzo ribelle ultima modifica: 2012-03-16T09:38:58+00:00 da Pennablù

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.