Il nostro intento nel proporre un questionario non era quello di fare un’indagine statistica, bensì quello di dar voce alle mamme lettrici di Ombre e Luci, di conoscere un po’ le loro famiglie, il loro pensiero, forse il loro stato d’animo. Le risposte non sono state molte, e un po’ ce ne dispiace, ma siamo ugualmente contenti di aver “letto” quanto alcune di voi (ed un papà) ci hanno voluto raccontare di sé, dei loro figli, del loro vissuto. Leggere la solitudine o il conforto dalle persone accanto, leggere desideri e preoccupazioni, rabbia, rassegnazione o senso di pace.

Per sottolineare comunque qualche dato possiamo dire che hanno risposto mamme per lo più ultra cinquantenni, più della metà delle risposte ci sono giunte dal nord (come mai centro e sud sono stati restii a rispondere?!), la maggioranza dei figli disabili vivono ancora in casa, ma frequentano scuola, centri diurni o laboratori, uno solo lavora.

Abbiamo letto di molte mamme che si occupano da sole o con l’aiuto del marito del loro figlio/a; molti padri purtroppo non possono essere di grande aiuto per problemi di salute, e sorge spontanea la domanda: le madri sono più forti o non ci hanno detto come stanno?!
Prevale in quasi tutte le risposte il senso di accettazione e pace, rispetto alla disabilità del proprio figlio, ma per quanto riguarda il futuro le risposte sono velate da note di pessimismo, di incertezza e di preoccupazione e, rispetto al “dopo di noi”ci ha colpito la differente prospettiva tra le mamme del centro nord che pensano in prevalenza alla casa famiglia o ad una struttura residenziale e quelle del sud che invece sembrano orientarsi quasi esclusivamente nell’ambito familiare (fratelli, badante). Ci chiediamo se questi pensieri siano da attribuirsi ad un atteggiamento di tipo culturale oppure se nel sud sono più scarse le strutture che ispirano fiducia.

La parte più coinvolgente ed originale del questionario è quella delle risposte aperte, cioè quelle in cui ognuna ha potuto scrivere liberamente qualcosa di personale. Abbiamo trovato frasi molto interessanti, tanto che ognuna meriterebbe di essere riportata e certamente non ne scaturirebbe un testo noioso o ripetitivo. Le risposte, come dicevo, sono originali spontanee e ricche di umanità (alcune prese a caso potete leggerle nel riquadro nella pagina successiva).

“Io e mio marito, abbiamo problemi di salute, ma siamo coraggiosi e ci battiamo”

Dietro la sofferenza e talvolta la rabbia, emergono voci di speranza, di fiducia nel prossimo e soprattutto di amore per la propria famiglia e per il figlio più in difficoltà.

Sembra che le mamme oggi non siano più molto sole con il proprio figlio disabile, tuttavia le risposte sottendono sempre un legame forte tra madre e figlio/a, un rapporto in cui la madre è capo del governo, ministro degli esteri e degli interni.

La quasi totalità delle risposte su quale sia il desiderio più grande è concentrata sul figlio disabile, anche per cosa può far stare bene una mamma la risposta è in gran parte strettamente legata al benessere del figlio. Risalta in modo evidente come il benessere attuale e futuro di questi figli tanto amati, la loro serenità, il loro sorriso, avere con loro una relazione di scambio sia il desiderio più grande di tutte le mamme.

È indubbio, in conclusione, che in ogni questionario viene fuori qualcosa che è alla base di ogni aspirazione e di ogni speranza: l’amore. Amore per il proprio figlio/a, amore per la famiglia, desiderio di amore dagli altri e desiderio grande che questi figli possano essere ancora amati dopo di noi.

Rita Massi


Cara Mariangela

Prima di tutto grazie per esserci stata vicina con il “tuo” giornalino durante questi anni. Non devi pensare che potevi fare di più o meglio: io l’ho sempre apprezzato per il suo contenuto di facile lettura, per la sua affettuosa vicinanza con i nostri grandi problemi, per la sincera partecipazione di condividerli.
Ho sentito la tua “impronta” di mamma sensibile e intelligente che si adoperava per darci coraggio, speranza, certezza di non essere sole.
Ho sempre provato quando arrivava Ombre e Luci un ché di festa e di desiderio di trovare un momento per leggerlo tutto di un fiato il più presto possibile. Con la speranza di “leggerti” ancora per tanti anni.
Un abbraccio sincero e mi auguro di trascorrere un’estate serena.
Elisa Sturlese


Con vivo piacere

Con vivo piacere, ho voluto rispondere (insieme a mio marito) al questionario, proposto dalla redazione del nostro giornale, perché tale richiesta la trovo interessante.
Tale questionario smuove un po’ tutti i sentimenti, le idee e le prospettive, che ogni famiglia ha, quando vi è una grave invalidità, specie a livello psico-motorio. Premetto che leggo Ombre e Luci, ed è in verità l’unico giornale che infonde del coraggio nel tirare avanti nella vita. Abbiamo una figlia cerebropatia e sta compiendo 43 anni. All’età di nove mesi ha avuto delle convulsioni, che si sono ripetute con frequenza e sono state debellate all’età di 10 anni, grazie alle cure mediche. Tali crisi epilettiche vi sono ancora, ma con poca frequenza. Possiamo dire che da 43 anni che la assistiamo senza sosta e non le abbiamo fatto mancare nulla: dalle cure mediche, all’assistenza del comportamento e all’assistenza fisica. Questa nostra figlia non fa una vita normale, spesso non mangia a tavola con noi e spesso non vuole uscire di casa. Sta tutto il giorno a parlare spesso con frasi senza un vero significato. Tiene tutto il giorno in mano un pupazzo di stoffa e dei CD di cantanti. Il fatto che non vuole uscire, mi costringe ad andare agli incontri di Fede e Luce da sola. Da alcuni anni abbiamo una collaboratrice, che la porta a casa sua per circa 6 ore e così possiamo avere qualche ora di serenità e libertà.

“Mi fa bene uscire, vedere amici, leggere, stare all’aria aperta e naturalmente fare i campi di Fede e Luce.“

Dalle mie risposte si evince un senso di pessimismo, ma ciò è dovuto a tutto quello che ho constatato in vari istituti e associazioni che ho frequentato per poco tempo. Devo dire però che l’unico centro che funziona bene nella nostra Sicilia è L’Oasi di S.S. Maria di Troina (Enna) dove in 43 anni è stata ricoverata circa tre volte per periodi di sei giorni e per vari controlli. Mia figlia si chiama Geppuccia, ma non ha un fisico di una donna di 43 anni, ma sembra una ragazza di 10 o 12 anni. Solo noi genitori abbiamo la grande pazienza di sopperire a tutte le sue necessità. Quando dobbiamo assentarci per alcuni giorni, Geppuccia viene affidata a questa signora sia di giorno che di notte.
Ora che noi genitori siamo anziani, pensiamo di regolare la futura sistemazione attraverso un testamento da fare presso un notaio.
Abbracciamo tutto il personale della redazione e un caro saluto a Mariangela Bertolini.
Maria Antonia e Mimmo Sinacri


Carissimi tutti della redazione

È da tanto tempo che desideravo scrivervi e il questionario mi dà la possibilità di uscire dalla mia timidezza e di partecipare alla rubrica.
La rivista Ombre e Luci è per me una ventata di pace e serenità perché penso che chiunque scriva, sia una bella persona con tante cose da insegnarmi e suggerirmi.
Vorrei abbracciarvi tutti per il sostegno che mi date. Sono la mamma di Francesco, che ora ha 15 anni.
A sei anni, scoprendo che era affetto da Distrofia Muscolare di Duchenne, abbiamo dato un senso alle nostre preoccupazioni, dubbi e perplessità riguardo alle difficoltà di movimento di Francesco.

“Vivo alla giornata, ieri è stata dura, oggi è bello, grazie Signore!”

La notizia ci ha sorpreso, scioccato e io sono stata senza voce per alcuni giorni; non riuscivo a dire niente ma sentivo dentro di me una Presenza calda, silenziosa, pacifica che mi sussurrava “non avere paura, fidati Io sono con te, con Francesco, con voi e non vi lascerò soli”.
Dopo qualche giorno la mia voce era ritornata e anche le lacrime che non riuscivo a fermare. Dentro di me sentivo la presenza di Gesù e della Sua Mamma che mi guardavano con un sorriso di pace. MI sono fidata. Oggi io con mio marito, con Francesco e i suoi fratelli camminiamo, lentamente ma camminiamo, cercando ogni giorno di affrontare con serena determinazione le cadute, le delusioni, le tante rinunce di Francesco; così si cerca compatibilmente con gli strumenti a disposizione, di valutare e scegliere le alternative che compensino la grande voglia che ha Francesco di correre, di disegnare, di costruire, di andare in bici, in moto…
Io sono dispiaciuta per la condizione di disabilità di Francesco perché non può fare le tante cose che fanno i suoi coetanei e spesso vedo questa sua tristezza nei suoi occhi e nelle sue parole.
Io posso solo stargli vicino, ascoltarlo, aiutarlo a rendersi indipendente dal punto di vista intellettivo, incoraggiarlo a costruirsi relazioni umane perché non si isoli e a stuzzicare la sua creatività perché non si stanchi di coltivare lo spazio per dei sogni da realizzare come un puzzle, ogni giorno un pezzettino.
Grazie di cuore a tutti per avermi ascoltato.
S.B.


Anche io non ho più l’età

Carissima Mariangela, capisco benissimo il discorso dell’età. Anch’io “non ho più l’età” (ne ho 85…) e ho dovuto lasciare la mia amata associazione, l’U.F.H.A., con la quale ho combattuto una lunga guerra contro uno Stato che dire “insensibile e inidifferente” è poco. Sono ormai bloccata fisicamente (violenta artrosi alle ginocchia, più altre cento complicazioni) ma sempre meno della mia Laura che ormai a stento, con due persone valide che la sorreggono, riesce a mettersi seduta sulla seggiolina a ruote. Ha 53 anni. Da vecchi cambia la vita e il modo di vedere le cose, calano i soldi… Grazie, cara Mariangela per la tua amata piccola rivista che per tanti anni mi ha aiutato a vivere. Laura è nata nel 1951 tra mille complicazioni tecniche e sociali oggi fortunatamente inesistenti.

“Con l’aiuto di Dio sono riuscita ad uscire da quel guscio dove tutto attorno mi appariva solo negativo. Fede e Luce soprattutto mi fa vivere con più naturalezza questa condizione di vita.”

Nei primi anni di vita per consolarmi, illustri professori mi dicevano “non pianga signora, tanto questa povera bimba vivrà poco. Massimo arriverà a 15/16 anni…”
Per noi genitori non era una bella consolazione… E c’è stato un medico che mi disse (testualmente) “ma perché si ostina a tenerla in casa. Lei e suo marito siete una “bella coppia”, vi rovinate la vita. La butti (sic) al Cottolengo…” Naturalmente gli risposi male, arrabbiatissima. Certamente oggi nessuno direbbe più stoltezze di questo genere. Ma ancora oggi (2012) il nostro rispettabilissimo prof. Monti e la non meno stimabile on. Fornero non si rendono conto che tagliando i denari agli Enti locali, la prime cose che saltano sono proprio le modeste previdenze sociali esistenti per disabili e anziani?
E che la situazione delle famiglie italiane in questo periodo è talmente difficile che avere in casa un anziano o un handicappato diventa un peso insostenibile?
Comunque, cara Mariangela, per non buttare al vento la nostra vita ho cercato di fare una scelta delle pagine più significative dell’enorme materiale che ho raccolto negli anni. Pagine che costituiscono la storia della mia piccola associazione e quindi delle famiglie italiane con handicappati gravi attraverso i decenni: le richieste, le proteste, le risposte statali, le leggi.
Molto probabilmente sarà difficilissimo trovare un editore anche perché il titolo è: “I cittadini inesistenti. Libro bianco sulla lunga guerra delle famiglie italiane con handicappati gravi contro uno Stato sordo, cieco e diversamente abile.” Vi farò sapere appena pronto, un abbraccio con tanto affetto.
Cecilia

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.120

La parola alle mamme ultima modifica: 2012-12-10T15:20:04+00:00 da Redazione

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