A Roma tra via Blaserna e via dell’Oratorio Damasiano ci sono 7 chilometri di strada, attraversando Portuense e Magliana. In linea d’aria ancora meno. Eppure, parlando di scuola elementare statale, la distanza è maggiore che tra la terra e la luna. Ci si ritrova letteralmente su due pianeti non solo diversi ma opposti: uno è l’inospitale “Vincenzo Cuoco”, l’altro è l’accogliente “Santa Beatrice”. Sono atterrata su tutti e due al momento di iscrivere mia figlia Benedetta in prima elementare. Ah, un particolare: la bambina ha la sindrome di Down.

La dirigente della “Cuoco” è venuta meno alla prima regola della scuola: la priorità del bambino. Una mia opinione? No, ho denunciato la vicenda ricevendo dall’Ufficio scolastico del Lazio le scuse e l’assicurazione che non accadranno più simili abusi e sciatterie. E solo una piccola storia, finita anche bene, che ora potrebbe persino tornare utile per fare in modo che non si ripetano, o almeno diminuiscano, episodi di superficialità e poca attenzione ai bambini. Di episodi di discriminazione ce ne sono tanti e ben più gravi, in ogni ambiente. Ma se è proprio la scuola a non avere un progetto culturale e sociale alto, creando problemi per rigidità o trascuratezza, allora sì che siamo veramente messi male. Già, in fondo stavolta sono “i buoni” a vincere 2-1: tra il brutto “autogol” della “Cuoco” ci sono le belle realizzazioni della scuola dell’infanzia comunale “Mondo incantato” e della elementare statale “Santa Beatrice”.

A niente è servito muovermi con un anno di anticipo, di comune accordo con le maestre della scuola dell’infanzia e la neuropsichiatra del centro di riabilitazione, per studiare il modo migliore di inserire la bambina in prima elementare. Un passaggio particolarmente delicato per tutti, ancora di più se si ha la sindrome di Down. Tutti si dicono certi che “la maestra è decisiva, se ha uno stile di insegnamento che fa scattare il feeling con Benedetta l’inserimento sarà molto più facile. Altrimenti, se sarà troppo rigida, è evidente che gli ostacoli saranno insormontabili”. Alla dirigente della “Cuoco”, da cui andiamo più volte, offriamo collaborazione piena e indicazioni pratiche. Ma, al dunque, lei fa tutto il contrario non rispettando in nulla il bene della bambina. Senza entrare nei dettagli della diagnosi funzionale, non tiene neppure conto delle indicazioni delle maestre della materna. Le ragioni? Forse disinteresse, superficialità, sciatteria. Forse altro. A conti fatti, non ho trovato riscontro delle indicazioni fornite nelle “Linee guide per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. In particolare, la III parte del documento sulla “dimensione inclusiva della scuola” non è stata certamente applicata per accogliere Benedetta.

Sì, ho avuto ragione a non fidarmi. A fare la scuola sono le persone. E di competenti e sensibili ne ho trovare appena 7 chilometri a ovest. Alla elementare “Santa Beatrice” arrivo dopo aver consultato un istituto privato, sempre su viale Marconi, che chiede 1.200 euro al mese: l’intero stipendio della maestra di sostegno, per tre ore al giorno.

La dirigente della “Santa Beatrice” vuole, per prima cosa, conoscere personal mente Benedetta. Ci dà appuntamento a scuola e ci accompagna a visitarla. Tutta. Compresi i bagni. Ci illustra un progetto educativo concreto, pratico, evidentemente frutto di esperienze vere. Si comprende come la struttura sia aperta all’accoglienza, con una serie di opportunità importanti. Insomma, siamo stati accolti in un’ ambiente che sa ascoltare e valorizzare il contributo della collaborazione tra: scuola, famiglia e centro di riabilitazione. Il paragone con quanto abbiamo toccato con mano alla “Cuoco” è improponibile. La dirigente ha subito chiaro il quadro che cerchiamo di presentarle per garantire il miglior inserimento possibile della bambina. Il dialogo è schietto e costruttivo. Non si nascondono i problemi. In realtà, non c’è stato bisogno di parlare troppo di attese educative e progetti. Un altro pianeta, appunto.

I primi quattro mesi di scuola lo hanno confermato. Benedetta si è inserita, fin dal primo giorno, alla grande. Accolta con intelligenza e affetto, con le maestre e il personale scolastico ha immediatamente instaurato una relazione davvero promettente. Non ci sono stati intoppi. Davvero è commovente vedere con quanto entusiasmo e con quanta volontà si butta a capofitto nei compiti a casa. Così come commuove constatare la sua gioia di andare a scuola e la “scintilla” che pare subito scoccata con maestre e compagni di classe. Prima ancora che imparare a scrivere, leggere e far di conto, è fondamentale che Benedetta acquisisca gli strumenti che le consentano di migliorare la sua capacità di relazionarsi con le altre persone e quelle autonomie che le possano tornare utili nella sua vita. E noi genitori ci siamo intesi al volo con la scuola, ci stiamo confrontando su tutto. I problemi non mancheranno, ma ci sono tutti i canali per affrontarli insieme.

Ecco, non era poi così difficile creare una situazione serena, accogliente. Nella scuola non è, allora, tanto 0 solo questione di tagli o di sostegni. È questione di persone.

Anna Testa, 2011

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.113

Pianeti diversi ultima modifica: 2011-03-04T16:50:14+00:00 da Anna Testa

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.