Provo un sentimento di sottile disperazione in questo periodo nei confronti di mia nipote Cecilia. Giorni fa ho parlato con l’assistente sociale che da circa sette anni si occupa di lei e cerca di aiutarla. Ho saputo che Cecilia, che vorrebbe avere un’attività fuori di casa, ha rifiutato sistematicamente ogni sua proposta e che l’unica che ha accettato è stato un lavoro di aiuto presso un maneggio: purtroppo questa iniziativa, che si trascinava da più di sei mesi, non ha ancora potuto essere attuata per ragioni burocratiche e probabilmente non lo sarà nel futuro.

Cecilia ha ormai 34 anni, ha un lieve ritardo mentale e numerosi problemi di comportamento che, fra l’altro, si manifestano anche con violenza nell attacca- mento-rifiuto per la propria famiglia. Non ha un’attività precisa, fa qualche lavoretto in casa, passa ore e ore a guardare la televisione, a scrivere le sue riflessioni, a farne il riassunto e a dividerne le varie parti in argomenti e categorie. Parla molto di sé e dei propri problemi sia in famiglia che con chiunque le presti ascolto. Anche per la strada. Una lunga psico- terapia di sostegno l’ha aiutata a conoscere un poco i suoi limiti e capacità.

Ieri, parlando con lei, ho di nuovo sentito quel senso di sottile e nascosta disperazione, che è anche esasperazione e scoraggiamento. Cecilia mi raccontava che un mese fa, alla stazione, aveva conosciuto un uomo e che lo aveva rivisto nel suo quartiere, sempre solo, ai giardinetti. Egli parlava male l’italiano, le aveva detto che faceva rimbianchino e aveva dimostrato simpatia verso di lei. Cecilia pensava di esserne innamorata. Le ho detto tutto quello che una zia, un’amica. può dire in questi casi; le ho ricordato anche alcuni episodi drammatici della sua vita che erano incominciati proprio in questo modo.

Sorrideva nel rispondermi, era un sorriso amaro ma, innocente

Sorrideva nel rispondermi, era un sorriso amaro ma, innocente. Mi ha detto: “Mi sento imbottigliata: non posso lavorare, non posso avere una casa mia, non ho un uomo”. Le sue parole mi hanno trasmesso un senso di soffocazione.

Per i giovani come Cecilia esistono soprattutto strutture diurne. Essi rimangono in casa, entrano e escono quando vogliono, litigano spesso con i familiari, non riescono mai a contentare nessuno. I genitori, i fratelli e le sorelle li temono e li proteggono oltre misura. Loro vorrebbe- ro andar via di casa, avere amici, ricevere telefonate, essere invitati… Ma sono tutti sogni ed è così raro che si realizzino!
Sono spesso profondamente infelici, spesso gravemente in pericolo.

Cecilia vorrebbe avere una piccola casa in affitto tutta per sé. È anche andata a vederne qualcuna; poi ha avuto paura e vi ha rinunciato: non era in grado di fare i conti per vedere se il suo bilancio personale avrebbe permesso questa spesa e i familiari hanno fatto presto a dissuaderla.

Ma come non dissuaderla?
Come accettare per lei tanta solitudine. inattività, autonomia?
La stessa assistente sociale che all’inizio l’aveva incoraggiata, successivamente le ha proposto di abitare con un’altra ragazza fragile còme lei e poi ha rinunciato. L’incontro fra le due non era stato positivo e, del resto, senza una guida come avrebbe potuto esserlo nel futuro?
La mia speranza è che Cecilia trovi una vera casa, un posto tranquillo, un luogo dove possa sentirsi a suo agio, autonoma, ma protetta; una casa dove ci sia una persona responsabile di lei, una figura di riferimento capace di ascolto e di sostegno e dove ci siano altre persone come lei, fragili ma piene di possibilità di agire; un luogo dove il coinvolgimento emotivo non sia cosi forte come in famiglia e dove Cecilia possa fare emergere le sue belle e ricche qualità: il luogo del dare e del ricevere, della parola e dell’ascolto, il luogo da cui partire sereni la mattina pronti per l’attività della giornata e a cui tornare la sera per il riposo e per la gioia dell’amicizia e dello scambio.
Una vera casa, proprio sua.

Maria Tonini, 1999

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.68, 1999

Sommario

Editoriale

Se qualcuno bussa di M.Bertolini

Articoli

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Proprio una normalissima famiglia di Barbara Vaciago Colpani
Cecilia vuole una casa di Maria Tonini
Gioco - Com’è questa casa? di AA.VV
Irene e i suoi in Casa Maria Grazia di Nicole e Huberta
Io prete ho adottato Valentino di Sergio De Rino
Comunità "Il rìcino di Giona" di Giovanni Vergani
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Rubriche

Dialogo aperto

Cecilia vuole una casa ultima modifica: 1999-12-17T22:22:41+00:00 da Redazione

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