Marie-Odile Réthoré dirige la sezione di ricerca dell’INSERM.
E ben conosciuta dai lettori di «Ombre e Luci». Da molti anni esercita la professione di pediatra dando speranza e fiducia a tanti genitori di neonati con handicap. E sempre molto vicina ai bambini e agli adulti portatori di handicap mentale e accompagna molte famiglie invitandole al coraggio di amare.

Quello dei genitori è senza dubbio il mestiere più difficile. Eppure nessuno pensa a insegnarlo a una coppia prima che abbia il diritto di trasmettere la vita!
Già non è facile quando tutto va bene. Ma cosa dire quando, fin da principio, c’è una malattia, un’anomalia genetica? E vero che questo bambino sarà sempre Giovanni o Luca o Natalia, interamente uomo o donna, unico e perciò insostituibile: la genetica ce ne dà ogni giorno nuove prove. Eppure lui, questo bambino, porterà e sopporterà per tutta la vita il suo handicap e ci domanderà di aiutarlo.

Ombre e Luci n. 48 - 1994

Nessun padre e nessuna madre hanno mai scelto di mettere al mondo un bimbo così fragile, così complicato, un bimbo che li porterà ad un’avventura che non è neppure immaginabile. Questo bambino sconvolgerà totalmente la loro gerarchia di valori, li metterà sotto torchio, li rimodellerà completamente, giorno dopo giorno, e questo non finirà mai…
Non saranno i genitori di adulti portatori di handicap a contraddirmi!
Ma, attenzione, questo bambino non ha mai domandato di trasformarci in schiavi sottomessi ai suoi capricci e di far vivere tutta la famiglia al suo ritmo. Egli non si aspetta affatto genitori eroici che si sacrifichino incessantemente per lui e che, ogni tanto, anche senza volerlo, glielo facciano capire…
In realtà ciò che ci chiede è di essere considerato come è, con tutte le sue qualità (ce ne sono), i suoi difetti (ce ne sono), il suo handicap (è una realtà) e di essere amato nella verità, per lui stesso e non con condiscendenza e con pietà. Ci chiede di essere accompagnato e guidato per tutta la vita, nel rispetto della sua dignità di persona umana. Ci chiede di adottarlo di nuovo ogni mattina quando si tratta di cominciare una nuova giornata che forse sarà molto agitata… o che sarà la monotona ripetizione di tutte le giornate precedenti.

«Non abbiate paura!»

Riprendiamo le prime parole di Giovanni Paolo II al mondo: «Non abbiate paura!». Non abbiate paura di essere felici con il vostro bambino, di dirglielo, di manifestarglielo, di condividere con lui la gioia per i suoi progressi e per le sue scoperte: è così che la gioia si moltiplicherà!
Lasciate che viva la sua vita di bambino, che faccia le sue esperienze. Fate in modo che scopra il mondo alla sua maniera, e riscopritelo con lui. Abbiate fiducia in lui, nella sua capacità di progredire, ma anche nella sua capacità di amare.
Amatelo e lasciatevi amare da lui!
Non abbiate paura di detestare il suo handicap, non vergognatevi di piangere per questo… Il Buon Dio non ci domanda di essere eroi, ma di essere santi. E non è la stessa cosa!
No, non abbiate vergogna di piangere, di dire la vostra sofferenza, la vostra rivolta, la vostra angoscia. Non abbiate paura di chiedere ai professionisti tutto ciò che riguarda il vostro bambino, la sua malattia, la sua evoluzione, i rischi che questa malattia possa riapparire in famiglia.
I genitori, nella maggior parte, si lamentano per la solitudine che hanno vissuto al momento della nascita del loro bambino disabile e per il silenzio dei medici: «Non mi hanno detto niente!». Obiettivamente questo non è del tutto vero; in ogni caso è così che loro l’hanno sentito. Del resto come capire un messaggio quando si ha il cuore a pezzi? Tocca a noi professionisti stare vicino a voi per ascoltarvi, per accompagnarvi in questa presa di coscienza che prende molto tempo, per permettervi di fare con un ritmo, che può solo essere vostro, il lavoro sul «lutto» del bambino che avevate immaginato e sognato in rapporto a quello che avete davanti a voi.
La parola «lutto» non mi piace perché in realtà non c’è morte. Questo bambino esiste dall’istante che è stato concepito. Si presenta a noi dopo nove mesi di vita nascosta. Tocca a noi accoglierlo, aprirgli la nostra casa, accompagnarlo attraverso l’infanzia e l’adolescenza. Tocca a noi permettergli di far sbocciare la sua personalità e di diventare ciò che realmente è. Ci è stato affidato temporaneamente non per tenerlo stretto a noi, ma per una ragione ben più importante: per fare in modo che egli possa realizzare la sua umanità; anche se misteriosa.

Voi, fratelli o sorelle di un ragazzo o di una ragazza gravemente handicappati, agitati, imprevedibili, non abbiate paura di vivere la vostra vita, di essere felici, di portare a casa gli amici, di uscire…

Come genitori avete il dovere di proclamare alto e forte i diritti di questo bambino. Se sarete soli, per voi non sarà facile perché ci si perde presto nei meandri della burocrazia. Ma non sarete soli! Se le associazioni dei genitori non esistessero sarebbe urgente inventarle! Certo esse sono solo quello che sono i genitori che le costituiscono. Ma esistono!

Ombre e Luci n. 48 - 1994

Amare fino a questo punto

Alcune persone pensando di far bene dicono ai genitori: «Almeno questo figlio resterà accanto a voi nella vecchiaia». Invece bisogna amarlo abbastanza e in maniera tale che egli possa essere felice senza di noi e indipendentemente da noi. Quanti genitori hanno difficoltà a fare il passo che permetterà l’uscita di casa del figlio. Dicono: «Sa, non c’è posto nella comunità, si vedrà, non c’è fretta… C’è il fratello che si è sempre occupato così bene di lui… Che angoscia pensare a ciò che accadrà dopo la nostra morte, la mia e quella di mio marito…». E così si resta veramente nell’angoscia dell’attesa.
«Non avrei mai immaginato che mia figlia potesse essere felice senza di me». Così mi ha detto un meraviglioso papà che voleva teneramente bene alla figlia disabile. Questa ragazza, dopo il matrimonio dei suoi numerosi fratelli e sorelle, si era ritrovata a casa sola, con una mamma stanca e un papà in pensione. Era diventata triste e aveva perso l’appetito. Si era temuto che fosse malata. In realtà si annoiava mortalmente. I suoi genitóri ebbero il grande coraggio di fare quel passo… La ragazza entrò in una comunità piena di calore.
Oggi è perfettamente integrata, è felice e rende felici coloro che la circondano, compresi i genitori che, dopo aver passato un momento molto difficile, hanno superato una nuova tappa… Sì, bisogna amare i figli fino a questo punto!

Voi, fratelli e sorelle

Non è facile essere il fratello maggiore o la sorella maggiore di un bambino gravemente handicappato, agitato, imprevedibile. Essere il fratello minore o la sorella minore non è certo più facile, ed esserne il gemello ancora meno! E per questo che dico a voi, fratelli e sorelle, qualsiasi sia la vostra situazione: non vergognatevi di essere felici, di essere sani, di aver successo nei vostri studi. Non abbiate paura di vivere la vostra vita, di portare a casa gli amici, di uscire, di amare, di fondare una famiglia. Se avete qualche dubbio parlate a un medico della malattia di vostro fratello o di vostra sorella. E non abbiate paura di amarli, di aiutarli a fare le cose che i vostri genitori avrebbero timore di insegnargli (bicicletta, scalate, sci…). Ma soprattutto aiutateli ad avere e a mantenere il senso deH’umorismo; lasciateli scoppiare in una risata quando c’è qualcosa che non va, lasciateli parlare anche se articolano male le parole e se balbettano. Non esitate ad essere il loro avvocato davanti ai genitori e agli educatori. Aiutate i vostri genitori, soprattutto al momento del passaggio di vostro fratello o di vostra sorella alla vita adulta, aiutateli a tagliare il cordone ombelicale, ma, anche qui, sempre con un po’ di umorismo!

Possiamo contare sui nonni: hanno una grande esperienza di vita, molti hanno già conosciuto la sofferenza, hanno imparato la pazienza, sanno ascoltare, hanno tempo…

E i nonni?

Per ciò che riguarda i nonni la loro sofferenza è doppia. Ma possiamo contare su di loro: hanno una grande esperienza di vita e molti hanno già conosciuto la sofferenza. Hanno imparato la pazienza e sanno ascoltare, hanno tempo… Per questa ragione sono pronti, in tanti casi, a prendere il bambino disabile con loro, per qualche ora o per qualche giorno, a seconda delle necessità del momento. Sono pronti ad ascoltare, a capire, a consolare, a insegnare. Ricordo un nonno che, con la punta del bastone, insegnava al nipotino come si faceva a piantare un rosaio. Il piccolo da parte sua, malgrado l’handicap, era capace di mettersi carponi. Ricordo anche un’altro nonno che ogni giorno accompagnava in treno la nipotina per permetterle di frequentare un centro specializzato mentre i due genitori andavano a lavorare. I nonni non devono mai avere esitazioni a proporre la loro collaborazione e a lasciarsi amare ed ammirare dai nipotini.

Per finire voglio ricordare quei genitori che avevano appena perduto il loro figlio quattordicenne affetto da trisomia 21 e colpito da una fragilità cardiaca. La mamma confidò ad un sacerdote amico: «Non sono mai stata capace di ottenere un qualsiasi risultato nella mia vita». Ed egli le rispose: «Hai saputo condurre un uomo fino in cielo».

Marie-Odile Réthoré, 1994
(OL n. 106)

Preghiera per la famiglia
O Signore, questa famiglia ti ringrazia e ti loda, perché è riunita nel tuo nome.
Concedi a ciascuno di noi un cuore sincero e buono capace di dare fiducia e di rendersi responsabile del bene di tutti.
Donaci un cuore grande che sa dimenticare le offese ricevute, che sa riconoscere i propri torti e prendere l’iniziativa di chiedere perdono.
Infondi la volontà di fare comunione tra noi anche quando ciò costa sacrificio.
Fa’ che sappiamo portare i pesi gli uni degli altri, impegnandoci più a donare che a chiedere così da vivere nella tua pace anche nei momenti difficili.
Concedi che la nostra famiglia sia segno, Signore, di cristiana apertura, di solidarietà e di amicizia per quanti ci avvicineranno.
Carlo Maria Martini
Non vergognatevi di essere felici ultima modifica: 1994-12-19T10:23:31+00:00 da Marie-Odile Réthoré

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.