«Ho bisogno di te!»

Testimonianza – Io e Fede e Luce

INCONTRO A VARSAVIA

Dal 24 al 30 luglio 88, si è tenuto a Varsavia rincontro dei delegati della zona Alpina di Fede e Luce della quale fanno parte la Svizzera, la Germania Federale, l’Austria, l’Italia, la Jugoslavia, la Polonia. Presenti alcuni amici di paesi vicini. È stato un incontro pieno di diversità, di gioia, di preghiera che ha avuto il suo culmine nel pellegrinaggio a Czestochowa. Le diverse attività che hanno riempito queste giornate (conferenze, liturgie, scambi di esperienze vissute, lezioni di danza, mimo, giochi, attività pratiche…) hanno offerto spunti di riflessione e di creatività da trasmettere alle nostre comunità Fede e Luce.
Riportiamo alcuni passi di una testimonianza di un’amica di FL: una situazione dolorosa e angosciosa molto grave l’aveva stremata. Ci racconta come l’incontro con Fede e Luce l’ha aiutata a ritrovare la forza per andare avanti.

Le frasi (in corsivo) prese dal mio diario vogliono far capire la situazione in cui mi trovavo quando ho conosciuto Fede e Luce. Questo stato è durato diversi anni, anche dopo i primi incontri con la comunità.

«Non posso diventare persona. Abbi pietà di tutti questi anni e di queste indicibili sofferenze. Solo Tu puoi guarirmi. Abbi pietà. Signore, io non sono buona. Accetta il mio sì e dammi la forza di andare avanti. Non posso pensare che non guarirò mai».

«La mia testa non capisce. Nulla mi porta sollievo. Maria, mamma di Gesù, dammi la forza, fammi trovare la strada. Non riesco a comunicare con nessuno. Non ho niente da dire, nemmeno alle persone che mi stanno vicino. Trasforma, ti prego, la mia disperazione in speranza. Aiutami a reggere…»

«Signore, aiutami a guarire. Stato di automa; viso che a volte fa paura per quanto manca di espressione o emana una spaventosa tristezza. Perfino i capelli, spezzati, bruciacchiati non hanno più verso. Incapacità di comunicare con i colleghi».

«Per l’incapacità di amare e di comunicare, per cui le sofferenze di anni e di ora continuano ancora a schiacciarmi, per la mia mente bloccata, per la mia tristezza e morte interiore, per la mia insicurezza, per tutto ciò che ho tanto desiderato e che non riesco a realizzare, per questo io ti ringrazio Signore, perché tu hai un piano perfetto per me».

(Voglio precisare che il ringraziamento al Signore per ogni situazione, al di là di ogni logica umana, è stato fra le componenti base del mio cammino di fede).

6 gennaio 1981: mi rivolsi alla mia amica e collega, suor Luisa, per chiederle quasi un ultimo tentativo per farcela: trovare un modo per sentirmi utile; cercare una strada per non morire. Suor Luisa pensò allora ad una sua nipotina, Monica, che aveva una vista bassissima. Sarei dovuta andare, nel primo pomeriggio, a prenderla per accompagnarla ad una scuola di catechismo. Avrei così evitato un viaggio ai genitori che abitavano molto lontano. Era la prima volta che mi trovavo vicino ad una persona handicappata: non sapevo come muovermi, mi sentivo ridicola e «falsa» in ogni atteggiamento, in ogni tentativo di parlare. Sentivo dentro di me tutto il peso della mia incapacità ad essere «persona», ad essere semplicemente me stessa.

Fu proprio nella casa in cui accompagnavo Monica al catechismo, che una signora mi chiese se avessi mai sentito parlare di Fede e Luce, una comunità di handicappati mentali dove molti giovani condividevano parte del loro tempo per incontri, preghiere, lavori di artigianato, campeggi. Mi disse di provare ad andare, perché avrei potuto trovare un senso alla mia vita.

Incredibile! Per mille motivi diversi, non riuscivo, nonostante gli sforzi, a mettermi in contatto con loro. Finalmente, dopo l’ennesima telefonata, arrivò il giorno dell’incontro: Festa della Luce. 2 febbraio. Fu un impatto tremendo: tante, tante persone, in carrozzella, visi segnati nei lineamenti; impossibile guardarli. Da qualunque parte mi girassi, mi sembrava di essere bombardata dai loro gridolini, dai loro urli, da quegli strani movimenti ritmici dei loro corpi… tornai a casa senza un filo di energie. Eppure, nonostante questo incontro così doloroso, decisi che sarei rimasta.

Pasqua 1981. Viaggio a Lourdes. L’incontro con i ragazzi e le persone che provenivano da tutto il mondo, è stata un’esperienza forte, non l’unica, ma un’esperienza fonda- mentale nel mio «ritorno alla vita» e nell’imparare ad amare. Il mio cuore si spaccò: questo avevo chiesto per tanti anni al Signore, questo fece. Fu una grande sofferenza: caddero pian piano tutte le barriere nel rapporto con gli altri. Il mio comportamento divenne gradualmente sempre più sereno e ricco di festa nei confronti di chiunque.

* * *

Questo è stato il dono più grande che ho ricevuto da Fede e Luce. Senza dubbio a Lourdes, l’incontro con Sabina (una ragazza grave, deformata nei lineamenti, rannicchiata su se stessa, incapace di parlare, di vedere, di udire), fu come una picconata, un grosso colpo di smantellamento alla mia durezza, rigidità, incapacità di rapporto con gli altri.

Nel pomeriggio di uno di quei giorni, Sabina entrò nella camera d’albergo dove ero alloggiata, accompagnata da una ragazza che stava quasi sempre con lei. Stefania aveva da fare un momento e mi chiese: «Sabina potrebbe restare un po’ con te?»

Bene, in quella stanza i minuti divennero un tempo lunghissimo; il silenzio, pregno della presenza di Sabina, diventò per me schiacciante. Le lacrime mi scendevano dagli occhi senza che me ne accorgessi: volevo dire qualcosa, era tremendo quel silenzio da sopportare. Ogni parola era superflua: Sabina era lì, seduta davanti a me con tutta la sua essenzialità.

Una sera, dopo quel pomeriggio, chiesi se potevo spingere la sua carrozzella per andare alla grotta. Cominciò Sabina a giocare e come sentiva la mia gioia e la meraviglia che provavo davanti al suo comportamento e al fatto che finalmente mi sentivo accettata da lei… Sabina mi provocava, sentiva che avevo capito.

Dopo Lourdes, cominciai ad andare agli incontri domenicali della comunità, alle feste, ai campeggi. Tutto questo sostenuta dalla preghiera, mia e degli amici, dalle cure mediche. Non capivo: ogni tanto si apriva come uno squarcio dentro di me e provavo una grande gioia; poi tutto tornava come prima.

Sabato 5 dicembre.

«Signore, tu sai che giornata è stata ieri! Era la cresima di Marco (Marco è un ragazzo spastico, molto sensibile e intelligente). Lui è stato contento, si è commosso, ha detto delle preghiere bellissime. Io ho portato gli altri ragazzi; ho cercato di fare del mio meglio, ma ero come un automa; sono tornata a casa distrutta…

Forse sono state proprio la semplicità e la gioia con cui Marco ha parlato, i suoi occhi vivi e il suo sforzo per esprimersi e comunicare a farmi sentire di più tutta la mia asfissia, il mio vuoto e nello stesso tempo, quella festa dentro.

* * *

Ora, mi sento dentro alla comunità. La cosa più bella per me, è che ci telefoniamo, ci vediamo anche al di fuori dei tempi stabiliti, andiamo al cinema insieme o a fare una passeggiata; si è creato un legame di amicizia tra me e tutte le persone della comunità.

 

Da uno dei 4 campi estivi di roma

«Eccoci tutti noi del campo di Fiuggi riuniti per la foto ricordo delle olimpiadi del campo… fatto di gare “particolari” ma avvincenti come quelle vere! (o forse di più!)…

Ed ecco la recita per la giornata dei genitori: eh, sì! Pablo e Monica facevano un figurone come tartarughe. A seguire, la gara di ballo in onore di quelli che al campo compivano gli anni in agosto (ben 5!) e non sono mai festeggiati. Infine, spesso durante la giornata, specie la sera, prima di andare a letto, riuniti intorno a lui per ringraziarlo e chiedergli di “far nuove tutte le cose”».

Vita Fede e Luce n. 23 ultima modifica: 1988-09-20T14:09:31+00:00 da Redazione

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.