Ci sentiamo molto soli

Cara Ombre e Luci.
È la prima volta che ti scriviamo, ti abbiamo letto molte volte grazie alla signora Aquini Franca di Udine e così ci siamo abbonati.
Siamo genitori di una bambina, dal nome Nella, nata pretermine e cioè alla 32a settimana di gestazione. La madre ha avuto una gestosi gravidica con coma della durata di tre giorni. La gravidanza fino allora era minacciata da aborto e parto prematuro. La bambina nata da taglio cesareo urgente pesava kg 1,4 con asfissia. Ha avuto anche una emorragia cerebrale causando ulteriori danni. Sono stati fatti vari E.E.G. e due T.A.C. dimostrando lo stato molto grave del cervello. Diagnosi «Tetraparesi spastica, atrofia cerebrale diffusa». Adesso ha quattro anni e mezzo essendo nata il 18-2-84.
Lo stato neurologico della figlia attualmente si dimostra sempre compromesso e non presenta segnali positivi. È seguita dalla «Nostra Famiglia» di Pasian di Prato Udine. Ha molte crisi epilettiche e per questo prende dei farmaci giornalmente (Luminalette e Tegretol).

“Certo non eravamo preparati ad accogliere una figlia molto ammalata..”

La nascita di Nella ha segnato un periodo molto sfortunato accaduto sulla nostra famiglia. Due giorni prima della nascita di Nella in un incidente stradale morì il fratello di Argeo (Argeo è il papà di Nella) e dieci giorni prima il papà di Argeo sofferente di cuore. Prima di sposarci eravamo bene preparati al matrimonio partecipando a vari convegni sulla coppia e per dimostrare a noi stessi la validità dei nostri principi eravamo stati anche a Lourdes accompagnando i malati assieme all’U.N.I.T.A.L.S.I. Eravamo molto entusiasti pur sapendo che la vita matrimoniale non è sempre rosea però eravamo consapevoli di ciò e non ci spaventava più di quel tanto. Certo non eravamo preparati ad accogliere una figlia molto ammalata. Forse il destino ha voluto che noi dimostrassimo la vera Fede ai nostri principi. Tante volte ci vengono vere e proprie depressioni morali e viene voglia di mollare tutto. La vita ci ha attaccati molto duramente e tante volte non crediamo più in essa. Per fortuna che affiora la nostra preparazione prematrimoniale che ci rinsalda e ci dice di tener duro, perché la vita da un grande male fa uscire un grande bene. Importante è avere Fede in Dio; forse sembrerà utopia ma è la verità non nata dopo queste prove della vita, ma iniziata prima del matrimonio e si sta maturando in questo periodo per raggiungere la sublimità delle forze interne in noi stessi. È un messaggio Divino e questa figlia ce lo sta dicendo mettendoci alla dura prova. Certo abbiamo periodi molto duri da passare e io, Argeo, prego sempre con la Bibbia che non dobbiamo mollare; molto importante è essere uniti. La moglie Annarita è molto più provata avendo il carico più pesante non soltanto per come conduce la giornata ma sul lato morale. Si sente ferita molto profondamente come madre. Gli amici pensano che la nostra sia una vita quasi normale e ormai la bambina è quella che è e dobbiamo pensare a noi; uscire di casa e svagarci lasciando Nella a qualcuno, ecc. e via di questo passo. Al momento dei fatti tutti sono occupati o devono andare da qualche parte. Ci sentiamo molto soli. La Chiesa non fa tanto per aprirci anzi sono periodi pare che non esistiamo. Sono questi periodi che a noi ci capitano le delusioni più forti.

Delusioni verso una società che a parole si sente moralmente a posto e per dietro pensa solo al suo egoismo.
Io Argeo sono un operaio delle Ferrovie a Udine e la moglie Annarita fa la casalinga. Abitiamo in un paese del Friuli di circa 7.000 abitanti in un condominio vicino al centro.
Scusaci tanto per questo nostro sfogo, ti ringraziamo della tua attenzione per questa e per i molti errori nello scrivere; importante sono i sentimenti che si sentono dentro.
Auguriamo che tu sia non Ombre ma Luce splendente in tutte le famiglie non soltanto con quelle che hanno qualcuno handicappato o disadattato ma normali e serene. Inoltre ti ringraziamo di averci rotto la solitudine attraverso la tua rivista.

I genitori di Nella

Sofferenza e rabbia

Siamo sposati da quattro anni ed abbiamo due bambini. Carlo di due anni e nove mesi, perfettamente sano e Lelia di sei mesi, affetta da sindrome di Down.
In questa lettera vorremmo tentare di raccontare come abbiamo vissuto la nascita di nostra figlia Lelia, una bambina «diversa» da quella che ci saremmo aspettati dopo nove mesi di gravidanza.
Il fatto è ancora recente e i sentimenti provati sono ancora molto vivi dentro di noi; tuttavia esprimere quello che si prova alla notizia della nascita di un figlio «diverso» non è facile; probabilmente non ci sono parole che riescano a rendere perfettamente la disperazione di quel momento. Quando ci è stato detto, ci siamo sentiti letteralmente gelare e la notizia è stata così terribile che quasi sembrava impossibile. Pertanto, immediatamente, è scattato dentro di noi un meccanismo di autodifesa che ci ha spinto a credere ad un brutto sogno. Ma purtroppo non era così: il fatto era reale: la bimba era nata, era lì e i medici la definivano «mongoloide».
L’incredulità comunque continuava a persistere e allora è subentrata la speranza che si trattasse di un banale errore, di una clamorosa cantonata dei medici. Ma purtroppo anche questa possibilità veniva presto smentita, prima da un consulto di pediatri, e poi, in maniera definitiva, dalle risultanze della mappa cromosomica che sentenziava per nostra figlia «una trisomia 21 libera».

“Anche noi eravamo diventati diversi, il nostro pensiero fissi ai suoi limiti, al suo ritardo, alle sue difficoltà”

Come era possibile? Perché la natura ci aveva fatto questo brutto scherzo? Da quel momento, però, non c’era più alcuna speranza cui potersi aggrappare per evitare la disperazione. E allora siamo piombati nell’abulia più totale, nella non voglia di vivere, nella mancanza di motivazioni per andare avanti. Per noi la vita era finita, in quanto anche noi eravamo diventati dei «diversi», dei genitori «diversi» da tutti gli altri. Il nostro pensiero era fisso: Lelia e i suoi limiti, Lelia e il suo ritardo mentale, Lelia e le sue difficoltà. E al mattino, risvegliandoci, avremmo voluto riaddormentarci per la paura di affrontare quella terribile realtà che invece ci attendeva. La sofferenza era enorme e ci prendeva in maniera così totalizzante da non avere neanche la forza per aiutarci ad affrontare il momento e per incoraggiarci ad andare avanti.
E alla sofferenza si aggiungeva la rabbia per quello che era accaduto. Si trattava di un fatto casuale, ma perché proprio a noi che avevamo una così gran voglia di vivere? La sensazione era appunto che la vita si fosse fermata; non potendo far nulla per uscire da quella situazione, iniziammo a tormentarci con mille interrogativi tipo: perché abbiamo concepito Lelia? Perché non abbiamo fatto l’amniocentesi? Per poi passare a discorsi ancor più terribili, dal momento che i tanti interrogativi ci scoprivano diversi come persone. L’uno, fedele alle sue convinzioni religiose, non avrebbe mai e poi mai rinunciato al proprio figlio, comunque fosse stato. L’altro invece, di formazione più laica, non avrebbe avuto remore nell’usufruire di una legge che gli permetteva di liberarsi di un feto malato.

Tale diversità, ovviamente, una volta emersa, ha comportato inevitabilmente una frattura del nostro rapporto con la conseguenza che, con il passare dei giorni, ciascuno di noi ha affrontato la situazione percorrendo strade diverse. L’uno ha iniziato ad affezionarsi alla piccola Lelia che nel frattempo cresceva, anche se con ritmi più lenti rispetto ad una bimba normale. L’altro invece, continuava a tenere le dovute distanze da quella bimba che gli aveva sconvolto la vita e che pertanto non poteva accettare.
Oggi, comunque, a distanza di sei mesi, la burrasca è passata. Piano piano, anche se percorrendo strade diverse, e quindi, in sostanza, l’uno più lentamente dell’altro, siamo usciti da quel momento iniziale di profonda disperazione.
I problemi ci sono ancora, ma la vita ha ricominciato a pulsare come prima, anche se con una presenza nuova che comunque non è così negativa come immaginavamo.
Lelia ci sta aiutando ad uscire fuori dal nostro essere e dal nostro egoismo per aprirci agli altri.
Lelia ci sta facendo capire che ciò che conta in una persona è il suo cuore e i bimbi come nostra figlia hanno certamente un cuore grande.

Sapremo lasciarci guidare da lei?

Una mamma

Blandine

Blandine,
abbiamo aperto
il nostro cuore
e le nostre mani;
come un fiore
sei venuta a noi
nella tua piccolezza
nella tua fragilità;
sii accolta nel cuore
della nostra famiglia.

 

– Michèle e Maurice

Dialogo aperto n. 24 ultima modifica: 1988-12-20T20:45:40+00:00 da Redazione

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