A volte poi il padre è assente.
Ci sono due modi di essere assente.
Il primo è quando il padre lascia la casa per andare a vivere altrove.
Diceva un medico il quale ha dedicato la sua vita al mondo dei bambini con difficoltà, che quando nasce un bambino con disabilità, tra i genitori i rapporti inevitabilmente si modificano. L’intesa può diventare più profonda, quando intesa c’è già. Ma quando questa non è forte, finisce con l’incrinarsi definitivamente e spesso avviene che il padre lasci la famiglia.

Taluni sostengono che una parte della responsabilità dell’abbandono è da attribuirsi anche alle madri le quali — colme di dolore e assorbite dal bambino — non trovano più il tempo o la forza per occuparsi del marito, almeno non come nei tempi precedenti alla nascita. Sarà. Personalmente ritengo che il padre si allontana perché non regge il ritmo diverso che subisce la vita della famiglia e preferisce evadere da una realtà difficile. In fondo la ragione vera è che il padre non sempre accetta un figlio nato… così. Forse per la madre è più facile: la necessità di proteggere il figlio da subito e continuativamente, crea fin dai primi giorni un legame fortissimo che resiste a tutto. Quel bambino piccolo piccolo con tanti problemi e tante difficoltà ha bisogno che tu ti occupi di lui praticamente sempre. Piange e non sai perché. O resta stranamente silenzioso e non sai perché. Si muove troppo e non sai perché. O resta immobile e non sai perché. Perché… perché… perché…? Ma è tuo figlio, è li e tu lo ami. Non puoi fare ameno di amarlo.

L’altro modo di essere assente è quando il padre continua a vivere in casa ma è come se non ci fosse, come se i problemi del figlio non lo riguardassero.
Ricordo nella mia personale esperienza ormai lontana una domenica in cui avevo avuto voglia di una doccia a metà mattina. Tutte noi mamme di bambini con difficoltà sappiamo benissimo come, soprattutto nei primi anni, taluni «lussi» quali leggere una pagina di giornale, scrivere una lettera o anche fare una doccia, sono riservati alle ore della notte o dell’alba, quando i piccoli dormono.Ma quella domenica mattina mia figlia era sul tappeto del soggiorno, tranquilla, circondata da giocattoli ed avevo chiesto a suo padre seduto lì vicino a leggere il giornale, di farle dieci minuti di compagnia.

Al termine della doccia, aprendo la porta del bagno, trovai mia figlia seduta in terra davanti alla porta — dove era arrivata camminando a carponi — immobile e silenziosa, sola e con gli occhi tristi. Come una mendicante lasciata fuori e ignorata. Suo padre non si era accorto di nulla. Ancora oggi a distanza di tanti anni, in presenza di una situazione della mia figliola migliorata a tal punto da non essere nemmeno paragonabile a quella di allora, ancora oggi io… «preferisco» fare la doccia di notte oppure all’alba. Personalmente ho avuto modo di conoscere entrambi i modi di assenza del padre, prima in casa e poi fuori. Ovviamente nessuno dei due è facile. Però, a mio avviso, è preferibile l’assenza totale. La situazione è più chiara, trasparente e senza più illusioni ci si può organizzare su basi realistiche. Certo non è semplice fare, come si è soliti dire, da padre e da madre. Manca soprattutto la possibilità di confrontarsi, di consigliarsi, di discutere. Si deve decidere tutto da soli. La responsabilità è enorme, la paura anche. Ed è dura.

Però se non ci si scoraggia, se non ci si lascia andare, se si stringono i denti e si resiste, allora si riesce ad andare avanti. E quel figlio, il quale continua ad essere fonte d’amore e più che mai rappresenta ragione di vita, quel figlio diventa anche motivo di gioia profonda.

– E.C. , 1987

Il padre assente ultima modifica: 1987-12-30T10:22:47+00:00 da Redazione

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