Forse la nostra testimonianza potrà aiutare altri « nuovi » genitori, scoraggiati, delusi davanti alla culla del loro bambino.

Un articolo per Ombre e Luci? Sì, certo, dal momento che nostro figlio Saverio, di tre anni e mezzo, è un bambino con trisomia 21 e che il prossimo numero sarà dedicato a questo handicap… Sì, certamente… Ma che cosa dire? Come dire? E perché dire?

Che cosa dire? Non si può dire tutto… forse per rispetto umano. Ma anche per rispetto dei genitori e soprattutto per rispetto a lui.

Come dire? Non abbiamo tutti lo stesso linguaggio né la stessa esperienza; lo abbiamo ben capito da quando siamo entrati a far parte di questo mondo a parte di «genitori di figli handicappati». Anche per questo dunque, rispetto dei genitori che vivono esperienze estremamente dolorose e che non potranno forse capire che noi parliamo della nostra gioia.

Perché dire? Forse perché la nostra testimonianza potrà aiutare altri «nuovi» genitori, scoraggiati, delusi davanti alla culla del loro bambino.

Quando Saverio aveva circa un mese, mi ricordo di aver telefonato alla mamma di un bambino Down di tre anni; non la conoscevo affatto, una mia sorella mi aveva parlato di lei. Ho ancora nelle orecchie la frase: « Sa, ora Luigi non è per noi il problema più grande!».
Dunque, si poteva avere un bimbo così senza che questo fosse il problema più grande per la famiglia? Non mi sembrava vero. Quella semplice frase mi fece un gran bene.
Di fatto, per noi, i primi mesi furono il periodo delle ombre; la luce è venuta poco alla volta.
La prima ombra fu quando mio marito entrò come un fulmine nella mia stanza, in clinica, il giorno dopo la nascita di Saverio; il suo viso era grigio; era appena uscito dallo studio di un medico ben poco psicologo; di colpo, mi disse: «Non andrà a scuola come gli altri».
Invece Saverio andrà a scuola come gli altri! E’ iscritto alla scuola materna del quartiere, che a quattro anni comincerà a frequentare come gli altri nostri figli.
Sempre in clinica, il giorno dopo, venne a trovarci un altro medico che ci conosceva per spiegare a mio marito questo handicap e tutto quello che oggi si può fare con questi bambini.
La luce c’era già, portata dagli altri; la leggevo sul viso di mio marito prima che mi parlasse di questa visita provvidenziale.

Decidemmo di rischiare

La mia seconda ombra era in me il terrore di avere un figlio brutto. Oh, come mi sembra meschina e misera, ripensandoci, questa reazione! Ma, veramente, mi son sempre sentita attirata dalle cose belle, dal bello e soprattutto dai bei bambini… E Saverio era il neonato più carino che avessi mai visto (e sì che ne avevo visti molti; sono di famiglia molto numerosa: 43 nipotini e 4 figli). Ma ero persuasa che sarebbe diventato molto brutto e che non avrei saputo amarlo mai come gli altri. Ebbene, se non è il più bello, è tuttavia molto carino, e ho incontrato tanti bambini come lui e li trovo simpaticissimi. Anche in questo sono stata aiutata molto da una dottoressa, un’assistente del prof. Lejeune che mi disse: «Vedrà, quando si farà più sveglio, con due occhi vivaci e sorridenti, come sarà carino…». Ed è vero.

La terza ombra che rivedo in quel periodo, era la paura che fratelli e sorelle fossero traumatizzati. Soprattutto non volevamo che confinassero il fratellino in un modello già incontrato o conosciuto, del quale avevano paura. In realtà, credo che trasferissi su di loro la mia paura.

Volevamo che scoprissero Saverio poco alla volta, che lo amassero o lo rifiutassero, ma senza un giudizio a priori. Così decidemmo di rischiare, di non dire niente (avevano allora dieci, otto e due anni), e di aspettare le loro domande via via che scoprivano il fratellino. Era un rischio: abitavamo in una città piccola e avrebbero potuto sapere qualcosa brutalmente da un compagno di scuola. Ma ne avevamo parlato con amici e tutti erano stati meravigliosi quanto a comprensione e discrezione.
In capo a un anno le domande si fecero avanti: «Perché non cammina ancora?» «Non ha molti denti!». Soprattutto il paragone con altri bambini della stessa età aprì loro gli occhi, progressivamente, nella pace, quando già amavano il fratellino e noi eravamo più forti.
L’ombra è diventata luce anche in questo caso; i due più grandi sono padrino e madrina e il loro amore è forte e solido.
Quando Saverio compì diciotto mesi capii che il mio amore non bastava più per raggiungerlo. Avevo bisogno di imparare gesti e linguaggio che non riuscivo a trovare da sola con lui.

Cercai a destra e a manca, lessi quanto potevo leggere, ma mi mancava l’esempio vissuto. Alla fine incontrai la persona che cercavo.
Avevo saputo di un’educatrice di bambini come Saverio. Dapprima volevo solo chiederle qualche consiglio, poi, dopo un’ora che stava con lui e fin dal primo momento, vidi che tra lei e il mio ometto c’era una relazione tale che decidemmo di portarlo da lei ogni settimana. E’ impossibile calcolare e dire quanto ci ha dato e continua a darci. E’ a lei che devo l’aver conosciuto Fede e Luce e adesso ho la gioia di veder nascere una comunità qui nella nostra città.
Ho voglia di chiudere con una frase detta recentemente da mio figlio maggiore: «Mamma, è formidabile, da quando è nato Saverio fai molte più cose di prima!», io, che nell’ombra dell’inizio ero convinta di dover restare inchiodata a casa per educare un figlio «non come gli altri».
So anche che con Saverio siamo all’ombra della croce e che quest’ombra ci impedisce di essere accecati, ci permette di vedere quelli che sono inchiodati su questa croce con Colui che ci ha manifestato tanta tenerezza nella prova: attraverso gli aiuti che abbiamo ricevuto e gli incontri che abbiamo fatto grazie a Saverio, non ci manifesta già la sua resurrezione?

(Tratto da Ombres et Lumiére, n. 50)

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.4, 1984

Ombre e Luci n.4 - Copertina

SOMMARIO

Editoriale
"Il mio bambino con la sindrome Down" di Mariangela Bertolini

Dossier: Trisomia 21

Trisomia 21 di Jerome Lejeune
Saverio di Marie N. Lauth
Quando la vita è così difficile di Gilberte Roger N.
Andrea a scuola di Anna Bernardi
Quando sono adulti di Jean Vanier
Il lavoro di Gianni di Sergio Sciascia

Rubriche

Dialogo Aperto n.4
Vita Fede e Luce n.4

Libri

La debilità mentale, Autori vari
I giullari di Dio, Morris West
Meb, pittore gioioso, Marie-Luise Eberschweller

Saverio ultima modifica: 1983-12-29T17:04:53+00:00 da Redazione

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