Dopo «l’ultima sala d’aspetto» per molti c’è solo buio. Carlo Maria Martini sentiva che, varcata la soglia del «duro calle», avrebbe incontrato la pienezza della verità. Ma non temeva di rivelare il suo timore, umanissimo, nei confronti di quel passaggio così difficile per ciascuno.

«Io, vedete, mi trovo a riflettere nel contesto di una morte imminente. Ormai sono già arrivato nell’ultima sala d’aspetto, o la penultima…». L’aveva annunciato il 2 ottobre 2008, parlando davanti a mille persone riunite in San Fedele, a Milano, per ascoltare la sua presentazione di un libro dedicato a Paolo VI “uomo spirituale”. La voce già iniziava a farsi flebile. Gli occhi azzurri, però, brillavano come sempre. Trasparenti e capaci di rivelare un’immensa forza interiore.

L’uomo dalla fede incrollabile aveva paura. Come tutti. Come il più fragile tra i fragili. Uomo, in mezzo agli altri. Lui che appariva sempre così sereno, così sicuro.
Non ha mai esitato, Martini, a rivelare la sofferenza che lo affliggeva. Aveva davanti un grande maestro, Giovanni Paolo II. Il Papa picchiò il pugno sul tavolo quando non riuscì più a esprimersi. Il gesuita divenuto arcivescovo manifestava senza stizza le sue difficoltà. Ma non le nascondeva.

Ha accettato prima il bastone, poi la carrozzina, poi l’amplificatore per la voce. Chi confidava nella Parola e affidava alla parola il suo insegnamento, non poteva più comunicare. Una penitenza difficile. Eppure, la fede insegnava a guardare oltre. L’ultima lezione di Martini è qui, nel suo sguardo sulla sofferenza. Lui, da molti ritenuto ieratico, quasi altezzoso, era una persona timida ed estremamente sensibile.

È difficile scriverne, senza considerare tutti i ricordi personali che si affollano nella mente.
Il più bello rimane il suo saluto alle persone disabili mentali delle comunità di Fede e Luce riunite in arcivescovado per salutarlo prima che lasciasse la diocesi a fine 2002. Gli occhi azzurri si colmarono di lacrime quando strinse la mano di alcuni di loro, per una preghiera che divenne poi una danza. La commozione aveva preso il sopravvento. Nessun freno, per lui, davanti a chi coglieva il senso di  quelle lacrime.

Ora che tanti piangono la sua scomparsa, Martini resta vivo in quella capacità di ascoltare il cuore di chiunque: credente o non credente, santo o brigatista, potente uomo di Stato o persona resa fragile da diverse forme di sofferenza. La sua voce autorevole, che in tanti abbiamo ascoltato magari seduti  sul freddo pavimento del Duomo, alla Scuola della Parola e in decine di incontri, non ci accompagnerà più. Ma gli scritti abbondano e chi volesse compiere un itinerario alla scoperta della fede, del dialogo, dell’ecumenismo avrebbe molto da leggere. La sua lezione non si perderà. Ora il cordoglio è unanime. Sarebbe bello se tutti, ma davvero tutti, potessero cogliere gli insegnamenti di quella fede che attingeva sì alla Parola della Bibbia, ma anche alla concretezza di un mondo che cambia. In cui ogni tempo lascia il suo segno.

Angela Grassi, 2012

tratto da La Prealpina – 1 settembre 2012

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.120

Superata l’ultima sala d’aspetto ultima modifica: 2012-12-10T15:30:04+00:00 da Angela Grassi

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