«Si può fare rete con fratelli e sorelle di persone con disabilità?». A formulare la domanda è la voce di una sorella che conosciamo dal 1991, Luciana Spigolon. «Vivo a sud della provincia di Padova con mio fratello Giorgio, di 62 anni, e mia sorella Cristina, che ne ha 57. Entrambi con una invalidità gravissima, in carrozzina. Anche se, in qualche modo, mi sono sempre curata di loro, dalla morte di nostra mamma nel 2012, me ne occupo totalmente». Nel 1991 avevamo pubblicato un questionario per capire il bisogno di case famiglia: Luciana – che ora ha 61 anni – cercava di mettere i suoi genitori in contatto con le associazioni «ma loro non avevano la predisposizione ad andare oltre la famiglia e il territorio. In quel periodo i miei fratelli erano ancora a casa, non avevamo rapporti esterni. Hanno cominciato a frequentare il centro diurno nel 1998, dopo che ho bussato a tante porte. I miei erano di una realtà contadina, semplice, non avevano risorse economiche o culturali. Ed eravamo circondati da una grande chiusura e dal giudizio altrui. Era ed è ancora così. L’unica proposta arrivò negli anni Sessanta per portare uno dei tre figli (uno dei tre, quindi avrebbero dovuto scegliere) in un istituto. Quando hanno visto il posto, hanno detto “No, ci teniamo i figli a casa”. Da parte del parroco, del sindaco, di chi aveva interesse, a quel tempo la reazione fu: “Noi vi aiutiamo e voi rifiutate questa opportunità!”. L’hanno pagato caro i miei genitori il rifiuto di mettere in istituto uno di tre figli (uno dei fratelli, Enzo, è morto all’età di quindici anni, ndr). Ma, in quel momento, hanno scelto la cosa migliore: salvare la vita e tenerla qui».

Come stanno ora Giorgio e Cristina?
Giorgio mi fa sempre un po’ preoccupare, è più fragile. Cristina ha una buona salute, si ammala molto raramente.

Come è la vostra giornata?
Il sabato e la domenica siamo qua, in casa, noi tre dalla mattina alla sera. Mi prendo cura di loro e della casa. Quando vanno al centro, rientrano più o meno alle 16. Mi alzo alle 6.30 per prepararli perché siano pronti per le 9.
Prima avevamo un’assistente domiciliare che, insieme alla badante che avevo per 4 ore, in 40-45 minuti preparava due persone. C’era sempre un cambio, una arrivava, poi un’altra e un’altra ancora… Ogni volta era sempre un ricominciare. A un certo punto ho rinunciato perché un servizio così non era dignitoso. La badante è stata con noi dieci anni ma poi si è licenziata e da allora non ho più nessuno, sono sola e va bene così. In aggiunta ci sono le cose della casa, la burocrazia… Non ho nessuno con cui confrontarmi, quindi faccio errori, dovrei chiedere consiglio ma andare in cerca è un po’ difficile. Sono più portata per le cose pratiche, tutte le questioni burocratiche mi pesano tanto.

Vorrei davvero creare una rete con altri fratelli e sorelle, comunicare con loro per condividere la bellezza e la ricchezza del nostro essere a fianco

Come sei arrivata alla consacrazione nelle Apostole della carità?
Avevo studiato dieci anni architettura, desiderio di mio papà. Dopo l’istituto d’arte ero andata all’università a Venezia, ma proprio non era per me. Venne fuori un corso da educatore: psicologia e pedagogia erano materie che mi entusiasmavano. Ovviamente fu battaglia con i miei genitori, non volevano saperne. Quegli studi mi hanno permesso di capire la mia famiglia, le difficoltà, i difetti, le sofferenze che hanno avuto. Non ho nulla da rimproverare a mia madre e mio padre perché hanno dovuto fare delle scelte e hanno vissuto dei lutti non indifferenti, in un periodo in cui non c’era niente. Dopo il corso di educatore professionale volevo andare a La Nostra Famiglia. Negli anni Novanta avevo anche chiesto per mia sorella, visto che era più giovane e poteva essere inserita; riuscì a fare un paio di soggiorni. Nel 1995 stavo facendo un cammino di ricerca personale e, sempre alla Nostra Famiglia, incontrai la direttrice, una persona fantastica, la persona giusta: compresi cosa volevo.

Avevi un progetto di una comunità di vita…
Era ed è un mio desiderio di sempre, però non trovo le persone. Costruire una comunità oggi è un desiderio diverso da quello di trent’anni fa. Oggi la sentirei anche come sicurezza per il futuro, per non stare qui morire da soli.

Cristina e Luciana Spigolon

Cristina e Luciana Spigolon

Ti conoscono tutti da una vita nel tuo paese… cos’è che li tiene distanti?
Non ci si pone il problema che le persone possono avere bisogno e cresce la solitudine delle famiglie che hanno una persona anziana o la disabilità in casa. Su suggerimento di un’amica, ho scritto un libro durante il covid per dire che anche in questa realtà si può trovare luce, che può essere una scuola di vita. Il mio desiderio era quello di raccontare come la disabilità e la sofferenza possano essere una realtà che dà vita, uscendo cioè da questo giudizio della “disgrazia”. In Veneto c’è la mentalità di dire che è una disgrazia, e noi quante disgrazie avevamo…

Cosa cambieresti, se potessi scegliere una cosa?
Vorrei avere il coraggio di lasciare tutto qui e andare a vivere al Villaggio Senza Barriere a Bologna. Ci andiamo tre/quattro volte l’anno: lì siamo tutti uguali e stiamo bene. Ho più rapporti con loro che con le persone del mio paese. E poi vorrei davvero creare una rete con altri fratelli e sorelle, sarebbe così importante. Comunicare con loro per condividere la bellezza e la ricchezza del nostro essere a fianco. Le fatiche, i problemi che incontriamo a livello civile, burocratico, sociale e se necessario sollevare richieste. Condividere competenze e informazioni. Oggi sento l’importanza di fare qualcosa per uscire dalla solitudine che, con gli anni che passano, diventa sempre più pesante. La nostra esperienza di vita come sorelle e fratelli è preziosa con i lati oscuri e di luce, con le conquiste e le fatiche. Penso a fatti e imprevisti che sono stata costretta ad affrontare negli ultimi mesi: se avessi avuto amicizie e relazioni con persone che vivono la mia stessa situazione, sicuramente sarebbero state di aiuto e incoraggiamento. Non penso di essere la sola ad avere questi bisogni. Coraggio, facciamo rete, abbiamo molto da condividere.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.165

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Tra conquiste e fatiche ultima modifica: 2024-05-14T10:03:22+00:00 da Cristina Tersigni

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