Nasce nel solco della tradizione, e ne incarna lo spirito, della Consulta per le Persone in Difficoltà, che da 33 anni coordina, a livello regionale, 60 associazioni torinesi impegnate a fianco delle persone con disabilità: Agendo per l’Agenda nasce a gennaio con l’obiettivo di comporre la prima Agenda della Disabilità, raccogliendo proposte, stimoli e iniziative di istituzioni pubbliche e società civile in modo da costituire una vera task force che lavori a fianco e in collaborazione con le organizzazioni no profit quotidianamente in contatto con genitori, famiglie e soggetti toccati dalla disabilità. Che sia la naturale evoluzione della CPD è testimoniato dalle parole dell’animatore di questo piano di azione, Giovanni Ferrero, direttore da 20 anni della CPD e figlio dello storico fondatore e presidente della Consulta, Paolo, che fu – oltre che professore di musica e cantante lirico della RAI – fermo difensore dei diritti delle persone con disabilità, sempre in prima linea per il superamento di quelle barriere culturali, fisiche e mentali che dividono le persone e lacerano i rapporti e le coscienze, impedendo quell’integrazione e inclusione che ci rendono uguali nelle diversità: «Ho vissuto direttamente il significato della parola disabilità: papà era poliomielitico e sosteneva che l’handicap peggiore è non trovare soluzioni che migliorino la vita del prossimo per indifferenza e/o pigrizia». La tabella di marcia è serrata: in pochi mesi sono stati costituiti i gruppi di lavoro, condivisi report, raccolte testimonianze e organizzati dibattiti nell’ottica del massimo coinvolgimento delle organizzazioni imprenditoriali e sindacali, del mondo del volontariato e accademico, degli ordini professionali e degli enti pubblici. La parola chiave, del resto, è apertura: la sola a garantire quell’incontro di visioni ed esperienze, anche lontane, da cui scatta la comprensione e il desiderio di lavorare ad un progetto che ricomponga vite e relazioni.
«Le riunioni in corso in questi giorni si rivolgono direttamente alla società civile: associazioni, istituzioni, comitati di quartiere, anche di altri territori, università, imprese, esercizi commerciali: ogni interlocutore che voglia incidere concretamente sul fronte dell’avanzamento dei diritti e dell’integrazione è per noi una risorsa preziosa» sottolinea Ferrero, avanzando una richiesta: «Ci rivolgiamo, in particolare, alle organizzazioni del territorio, per individuare uno (o più) portavoce che partecipi ai prossimi appuntamenti, perché l’Agenda si nutre di contributi esterni, idee ‘altre’, critiche costruttive, linee alternative finora trascurate o inespresse». Del resto, quel variegato mondo dell’associazionismo -da sempre roccia di sostegno e cura delle persone con disabilità e delle famiglie- porta in sé un patrimonio di sensibilità, esperienze e competenze. Per consentire, dunque, la partecipazione estesa all’intera collettività, e che questa sia parte integrante del progetto, è stata costituita una comunità virtuale (www.agendoperlagenda.it), a cui hanno già aderito, iscrivendosi, oltre 600 realtà del no profit. Il conto alla rovescia da qui al 3 dicembre, quando – in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – sarà presentata ufficialmente l’Agenda, è già iniziato: in linea con la sua missione, alla CPD spetta il ruolo di coordinamento di un laboratorio di innovazione sociale e culturale chiamato, alla luce delle complesse necessità emergenti, a rispondere con efficacia e servizi innovativi a richieste e bisogni sempre più specifici. Agendo per l’Agenda, primo e unico esperimento a livello europeo per capacità di aggregazione di un tale ecosistema di attori di tutto un territorio, uniti nel definire concreti obiettivi nella direzione di un agire comune a fianco dei soggetti fragili, trova esplicita ispirazione nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: «Rifacendosi ai 17 goals, abbiamo delineato 6 obiettivi strategici -spiega Ferrero- Abitare Sociale, Sostenere le Famiglie, Vivere il Territorio, Lavorare per Crescere, Imparare dentro e fuori la Scuola, Curare e Curarsi».
Incentivare le relazioni di prossimità tra il vicinato, in modo da contare anche su sostegni informali, è indispensabile per prevenire solitudine e abbandono. Così come sostenere esperienze di vita in autonomia o rendere sostenibili modalità di abitare in co-housing per un numero sempre maggiore di persone con disabilità. Perché ciò divenga prassi diffusa, le famiglie devono poter affidarsi a servizi di sollievo e di emergenza, ed essere informate sugli istituti di tutela/amministrazione di sostegno utili a chiarire ruoli e responsabilità, soprattutto genitoriali. Alla collettività, intesa come nucleo di rapporti extrafamiliari, è richiesto di estendere le opportunità, aprirsi all’accoglienza, proporre relazioni qualificanti, aumentare la profittabilità, anche attraverso interventi di mediazione, di risorse culturali e tempo libero, e di spendersi nel volontariato, donando il proprio tempo. Altrettanto fondamentale è che le imprese locali e il mondo delle professioni rendano disponibili percorsi e laboratori di inserimento aziendali rivolti ad agevolare l’ingresso e la permanenza di persone con disabilità nell’ambiente lavorativo. «Inutile ribadire che il punto di partenza sono e restano le istituzioni scolastiche: le sole capaci di formulare per ogni bambino e adolescente con disabilità, oltre ad uno specifico piano formativo, un progetto di transizione alla vita adulta, anche tramite l’accesso facilitato a percorsi ed esperienze di gruppo, vocazionali e culturali, comprese quelle informali» sottolinea il direttore Ferrero. Infine, molto lavoro ancora è atteso sulla strada della ‘cura integrale’ della persona, a cominciare dall’individuare soluzioni di accompagnamento e di mediazione, oltre che strumentali, a garanzia di un accesso consapevole ai servizi sanitari e riabilitativi, anche in presenza di significative compromissioni. Superare ostacoli tecnici e organizzativi, perché si creino realmente condizioni di pari opportunità rispetto a tutti gli altri cittadini, richiede solo un po’ di sforzo collettivo. Quanto basta per far sì che questo non resti un’utopia.
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