Non è facile la vita di Ma Xiang, adolescente cinese appartenente alla minoranza musulmana: i genitori si sono separati qualche tempo prima, non ha più alcun rapporto con la madre e il padre è in prigione. Non solo: l’uomo è anche indebitato e spetta a Ma Xiang provare a ripianarne i debiti in attesa che venga scarcerato. Al ragazzo non resta dunque che tentare la stessa strada di migliaia di altri giovani che, come lui, non hanno grandi prospettive: lasciata la campagna e gli studi, Ma Xiang va in città a lavorare in un ristorante di noodles (i tipici spaghetti cinesi), di cui è proprietario lo zio. Il ragazzo si trova così ad affrontare il passaggio verso l’età adulta, uno dei momenti più difficili della vita, senza avere dei punti di riferimento: sebbene lo zio sia disposto ad aiutarlo non gli regala nulla, mentre gli altri familiari lo considerano un corpo estraneo. Anche il cugino, con cui pure sembra andare d’accordo, ha una mentalità diversa dalla sua.

Ma Xiang scopre i rumori e i ritmi della città, il consumismo, la fatica di un lavoro privo di alcuna soddisfazione, le umiliazioni, la dipendenza dalla generosità altrui, il tutto senza riuscire a costruire una sua personale crescita umana. A volte sembra più grande della sua età, ma basta osservarlo nelle scene con gli zii per capire che è ancora un ragazzino impaurito. Nel suo sguardo e nelle sue parole, è evidente il vuoto causato dall’assenza dei genitori.

Non è quello verso la ricchezza o l’indipendenza il percorso illustrato in Noodle Kid (2019) dal regista Huo Ning: è, invece, il tentativo di trovare una propria serenità, resa impossibile dalla solitudine. Saranno il rapporto da riprendere con il padre e quello da ricostruire con la madre a permettere al ragazzo di sognare un futuro migliore anche in una città alienante che sembra averlo inghiottito.

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Brancolando nella solitudine ultima modifica: 2020-09-02T15:26:07+00:00 da Claudio Cinus

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