Roma. Periferia di Corviale: un edificio di edilizia popolare alto 10 piani, lungo un chilometro, che ospita circa 4000 persone con centinaia di alloggi abusivi e altrettanti inquilini non autorizzati dall’ATER, l’ente che lo amministra.
Proprio qui, un luogo ad altissima tensione sociale, un gruppo di amici hanno accettato la sfida di portare una testimonianza di accoglienza, bellezza, spiritualità e sport. Tanto sport.

«Erano molti anni che chiedevamo alla Regione uno spazio sportivo per praticare il nostro nuovo modello di calcio, il “calciosociale”, – spiega Massimo Vallati, ideatore e fondatore della SSD Calciosociale – e quando è arrivata la proposta dell’allora Presidente Marrazzo siamo rimasti spiazzati. Ci avevano offerto il centro sportivo di Corviale, una struttura degradata, completamente abbandonata, ritrovo di spacciatori e totalmente da ristrutturare. Il gruppo si è spaccato, chi è restato ha fatto una vera scelta di vita».

Già, Calciosociale è un’esperienza che nasce a Monte Verde, un quartiere non distante da Corviale eppure lontanissimo per qualità della vita. Nasce precisamente nella parrocchia di Nostra Signora di Coromoto dove, come in molte parrocchie, i ragazzi giocano a calcio. Ma quello che Massimo ascolta e vede proprio non gli va giù: «Eravamo vicino ad una Chiesa eppure volavano parolacce, insulti, mancava il rispetto delle regole e chi non era bravo restava in panchina. Questo non era sport e non testimoniava nulla».

Nasce così l’idea di un modello di gioco calcio inclusivo, sperimentato proprio a Coromoto, basato sui valori più genuini dello sport e con regole sorprendenti: squadre miste, uomini e donne, normodotati e persone con disabilità fisica e psichica, grandi e bambini, persone con un passato segnato dalla dipendenza e affermati professionisti nel quale tutti possono dare il proprio contributo per vincere la partita.

Il miracolo è che funziona! Ogni anno a Corviale viene organizzato il torneo di Calciosociale. I partecipanti oltre a sfidarsi in campo seguono anche un percorso di educazione civica e di impegno nella comunità. I temi affrontati cambiano di anno in anno. Le squadre sono intitolate a personaggi importanti o a concetti e valori: nell’anno dedicato alla lotta criminalità le squadre sono state dedicate alle vittime degli attentati mafiosi oppure nell’anno dedicato alla Costituzione italiana le squadre portavano i numeri dei primi dieci articoli.

Ma Calciosociale è molto di più: «Anzitutto dobbiamo offrire un luogo aggregativo alternativo ai ragazzi del quartiere, un luogo sicuro e legale. La piccola criminalità è sempre in cerca di giovani corrieri e noi glieli togliamo». La reazione non si è fatta attendere: la notte del 13 novembre 2015 due bottiglie incendiarie hanno distrutto la Casetta della Spiritualità dedicata al dialogo interreligioso. «Come abbiamo reagito? Avremmo potuto costruire una fortezza per difenderci e invece abbiamo scelto una risposta civica. Abbiamo aperto un presidio notturno di legalità – Radio Impegno, una radio notturna in onda in FM dalle 24.00 alle 8,30 del mattino, tutte le notti. Le dirette le curano le associazioni, le onlus, i cittadini, tutti coloro che aderiscono alla nostra carta d’intenti». Da allora sono passati quasi due anni e tutte le sere si sono alternati concerti jazz, dibattiti, interviste di prestigio, live session, sperimentazioni, rassegne stampa e alcune dirette sono state curate da gruppi provenienti da altre Regioni d’Italia.

La sede di Calciosociale è il centro sportivo Campo dei Miracoli: un centro che nulla ha a che fare con la precedente struttura; oggi è una struttura priva di barriere architettoniche, all’avanguardia, ristrutturata secondo le più rigide indicazioni della bio architettura e per questo inserita tra gli edifici visitabili di Open House Roma, l’evento annuale che consente di visitare edifici e abitazioni con peculiarità architettoniche ed artistiche nella Capitale. Ha due campi da calcio, due postazioni di street soccer (le prime installate in Italia), una palestra, una sala multimediale, una cucina professionale. «Siamo a disposizione della comunità. I nostri calciatori vengono da tutta la città e a volte anche i servizi sociali e giudiziari ci segnalano delle persone da inserire. Da noi si allenano i calciatori della nazionale italiana amputati CSI, i ragazzi della squadra di pallacanestro in carrozzina Santa Lucia Basket. Abbiamo un’Accademia di Calcio seguita da preparatori altamente qualificati e proponiamo centri estivi, corsi di ginnastica, pattinaggio, ballo di sala a prezzi accessibili e secondo il principio del mutuo aiuto: chi può e vuole paga un po’ di più in modo da garantire le quote di chi non può permettersele. Spesso chi non ha disponibilità economiche è anche più a rischio sociale e di devianza e in questo modo cerchiamo di aiutarne quanti più possibile». L’associazione si avvale di numerosi volontari; economicamente si mantiene in parte con gli introiti del centro sportivo in parte con donazioni di privati e aziende «Ma non basta mai! Le esigenze di un centro come il nostro sono tante e noi non smetteremo mai di inseguire il nostro sogno di una società equa ed inclusiva. Per tutti».

Il modello di gioco Calciosociale: trasformare i campi di calcio in palestre di vita

Calciosociale è una nuova tipologia di calcio: aperta a tutti e basata su regole reinterpretate, fuori dalla logica comune e dallo straordinario impatto sociale e con efficaci risvolti terapeutici. L’obiettivo è creare un modello di società più giusto e coeso trasformando i campi di calcio in palestre di vita dove l’integrazione avviene quando le persone disagiate entrano a diretto contatto con persone normodotate.

Le regole

  • Chiunque può partecipare purché abbia un’età compresa tra 10 e 90 anni.
  • Non ci sono squadre più forti: ognuna ha lo stesso coefficiente tecnico e tutti hanno le stesse probabilità di vincere.
  • In ogni squadra ci sono due educatori che sono come la mamma e il papà.
  • Ogni giocatore deve imparare ad essere responsabile (N.B. nel calciosociale non ci sono arbitri e le dispute si risolvono tra capitani).
  • Ogni giocatore non può fare più di tre gol ma deve far segnare gli altri.
  • Il calcio di rigore viene battuto dal giocatore meno forte.
  • Nessuno resta in panchina. Giocano tutti. Siamo tutti titolari.
  • Prima e dopo la partita ci prendiamo tutti per mano per condividere le proprie emozioni.
  • Le partite non si giocano solo sul campo. Le squadre si sfidano nelle attività comunitarie e i punteggi vanno in classifica.

Per chi lo pratica, il Calciosociale non è solo un modello di gioco ma diventa uno stile di vita improntato ai valori dell’accoglienza, della giustizia e dell’amore per sé stessi e per l’altro, che viene visto come “dono”.
Attualmente in Italia altri centri sportivi sono federati al Calciosociale: tra questi Scampia, Quartu San’Elena a Cagliari, Empoli, Carsoli, Torino. Grazie al progetto europeo CROSS finanziato nell’ambito del programma Erasmus+ Sport, l’esperienza di Calciosociale, con la supervisione scientifica dell’Università di Roma Tor Vergata, è arrivata in Francia, Inghilterra, Bulgaria e Ungheria riuscendo a coinvolgere oltre 600 tra adulti e ragazzi.

Marta Tersigni, 2018

 

 

 

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.141, 2018

Copertina OL 141, 2018

Il calcio sociale come palestra di vita ultima modifica: 2018-03-26T11:14:07+00:00 da Marta Tersigni

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