Viene il giorno in cui essere fratello di una persona con disabilità diventa paternità. I genitori invecchiano, tutto diventa più fragile e noi fratelli diventiamo, se lo vogliamo, custodi dei nostri cari. Nulla di automatico e nulla di semplice: c’è da capire, da pensare e molto da amare. Questo passaggio può diventare fonte di profondi cambiamenti e per me è stata una virata totale: cambio di rotta. Dopo 18 anni spesi per l’Oratorio, il mio Vescovo ha fatto con me discernimento ed insieme siamo giunti alla definizione di un ministero sacerdotale che unisse la mia prima vocazione di fratello alla vocazione sacerdotale; così eccomi destinato alla disabilità! Che dono meraviglioso: scoprire come Gesù ci parla dell’identità più profonda di Dio nella debolezza…

Felice di questo nuovo ministero mi sono subito dedicato ad un volo panoramico su come sia radicalmente cambiata la temperie culturale di questi ultimi 50 anni sulla disabilità. Sapendo per esperienza personale da dove siamo partiti, attraverso un sondaggio on line ho rinvenuto come il mondo si sia positivamente aperto alla realtà della disabilità. Il test (di cui potete ascoltare risultati su YouTube, cercando “mal di test buttinoni, ndr) non aveva nessuna pretesa scientifica, ma solo di sollevare un po’ di questioni per sondare il terreno sul sentire comune. Più di 400 persone si sono dedicate a seguire le articolate domande lasciandosi interrogare; questo numero dice già una generosa porta aperta di chi sbircia il mondo della disabilità con incuriosita benevolenza. Le questioni aperte sono importanti, ma i risultati incoraggianti. Le persone si aprono, conoscono, si confrontano e desiderano un mondo più accogliente.

Ricordo bene quel giorno dei primi anni ’70 quando per mano alla nonna con mio fratellino sento dire da una vicina di casa: “ma perché lo portate in giro?”. Nell’ingenuità dei miei sette anni capii subito che la sua diversità non era apprezzata; ma io e lui giocavamo un sacco insieme e non capivo perché non potesse uscire di casa con me. Dopo meno di 50 anni sapere che per lui oggi ci sarebbe ben altra accoglienza è molto, molto confortante. Però sento le voci di coloro che, accusando il peso di certe battaglie per i diritti dei loro figli o dei loro fratelli, sarebbero pronte a dire che c’è ancora tanto da fare, tanto da ottenere, che tante sono le cose che non funzionano nella scuola, nel mondo del lavoro, nella parrocchia, nelle regole dello Stato… Meno male che ci sono persone che si prendono a cuore i più deboli.

Forse la più grande scoperta che ho fatto e che in tutti questi anni mi ha condotto al sorriso è accorgermi che ogni volta che ci prendiamo cura delle persone con disabilità, ogni volta che li mettiamo al centro della società, della scuola, della parrocchia, dell’Oratorio, della squadra sportiva… il nostro mondo migliora.

Come direbbe il nostro maestro Jean Vanier: non domandiamoci cosa noi possiamo fare per loro, ma cosa le persone fragili possono fare per noi. Ci possono migliorare il cuore… ed è la cosa più grande. Grazie a mio fratello, grazie al mio Vescovo che l’ha messo al centro, grazie Jean che mi insegna ad amarlo, grazie a Gesù che ci guida tutti alla scoperta della festa.

don Stefano Buttinoni, 2018

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.141, 2018

Copertina OL 141, 2018

Da fratello e da padre ultima modifica: 2018-03-26T11:17:42+00:00 da Don Stefano Buttinoni

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