Un punto

Arrivi a un punto della tua vita che pensi di non aver fatto abbastanza per tuo figlio. Lui si chiama Giuseppe, per gli amici Peppe, ed è affetto da autismo. Questa malattia ti porta ad avere una vita scarsamente sociale. Tanti anni di terapie, anni in cui io e la mia famiglia abbiamo combattuto per l’integrazione, senza ottenere quasi nulla. Poi un giorno ti accorgi che la terapia giusta ce l’avevi a due passi da te, frequentando un mondo pieno d’amore, condivisione e fratellanza, il mondo di una grande famiglia, quella di Fede e Luce.

La terapia giusta è passare quattro giorni al campo estivo di Fede e Luce a Ostuni (BR), con le comunità di Monopoli e Fasano, e vedere tuo figlio finalmente felice, constatare con i tuoi occhi come il campo abbia giovato al suo comportamento. Lui che in modo sereno tollerava i tempi, le circostanze e anche il caldo afoso di quei giorni. Lui che cercava in tutti i modi di interagire con gli altri, donando abbracci e baci anche se con i suoi modi buffi ma naturali e spontanei.

Lui che finalmente cercava il contatto fisico e lo faceva tenendo la mano di Graziano, asciugando le lacrime di Stella e rincorrendo Angela per rubarle un bacio mentre i suoi occhi si illuminavano di gioia. Grazie Fede e Luce per questa seconda estate al campo, molto intensa per Peppe. Grazie a voi ho potuto constatare notevoli progressi nel mio ragazzone di 19 anni, rendendo felice lui e la famiglia.

Mamma Linda


Che onore

Domenica 18 giugno 2017, Fede e Luce Lombardia, si è ritrovata al seminario di Venegono Inferiore (Varese) per la festa di fine anno.

Abbiamo avuto l’onore di avere con noi il parroco di Gratosoglio, Don Alfredo, accompagnato da un suo amico, si sono subito ambientati e don Alfredo mi ha detto a fine giornata “mi sono proprio divertito e sono stato bene con tutti voi”.

Da Gratosoglio partiamo: in treno, in auto o con il pulmino dell’oratorio.
Saluti, baci, abbracci e accoglienza a cura degli amici delle comunità di Rho e Fatima; poi nella Cappellina per la Santa Messa celebrata da don Alfredo affiancato da Riccardo, che nel mimo ha rappresentato Gesù, molto bravo e attento a tutto.
Il mimo del Vangelo è stato animato dalla nuova comunità di Cesano, parlava della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

Nell’omelia don Alfredo ci ha fatto capire quanto sia bello e importante il sorriso, il saluto di una persona Amica, spesso ci rifugiamo nei nostri pensieri e affanni, che sicuramente ci sono, ma dobbiamo imparare a superarli, e far vedere un piccolo sorriso dà la forza agli altri di superare tanti ostacoli ed è questo a fare la differenza.
La messa è continuata con l’offertorio e una danza, fatta dagli amici di Pantigliate. Durante tutti i canti avevamo degli strumenti semplici per fare musica per animare: tamburelli, maracas, etc.

Simone, uno dei nostri vice coordinatori, ha detto: ognuno di noi ha un dono, per me questo è il significato di amore; alla fine di questa giornata questo dono portiamolo alle persone che non erano con noi specialmente alle nostre famiglie portiamo la gioia di questa meravigliosa giornata a loro.

La nostra giornata si è riempita di gioia e amore fraterno, il momento del pranzo è sempre allegro, qualcuno si scambia anche il cibo che ha portato oppure si condivide; poi i nostri giochi.

Dimenticavo l’aperitivo preparato dal gruppo di Carugate; nella mensa del seminario per godere un po’ di fresco; nel pomeriggio i giochi all’aperto.
Al termine del pranzo abbiamo festeggiato il compleanno di Arianna, Matteo, Alessandra e Marilena tutti felicissimi perché festa a sorpresa con torta, candeline e striscione.
Che dire Evviva Fede e Luce! Evviva noi! Grazie grande famiglia!

Al ritorno a casa racconteremo alle nostre famiglia della nostra giornata piena di gioia e di emozioni.

Nora Buccheri


Il campo di Cesenatico

Quest’anno il campo Cesenatico Lombardia si è svolto la prima settimana di luglio 2017. È stata una settimana stupenda, meravigliosa, è andato tutto bene: il tempo, il mare, la compagnia.

Durante il viaggio di rientro, il pullman si è fermato in zona Gratosoglio, un quartiere di Milano. Sono scesa per salutare ed aiutare, lasciando però sul sedile la mia borsa ed il cellulare. Nella confusione è salito un estraneo che li ha portati via.
Non lo hanno fermato, pensando fosse qualcuno incaricato da me, invece quando hanno visto che scappava via velocemente, hanno capito che si trattava di un furto.
Dopo una lunga odissea… tutto finisce bene. Prometto di essere piu’ attenta e di aver cura delle mie cose. Una vacanza così bella non doveva finire così.

Gratosoglio, pur essendo un quartiere difficile, ha una “Comunità di Fede e Luce” che funziona alla grande, molto ricca di ragazzi amici e genitori, e con la nostra guida spirituale don Mauro Santoro; nella zona sono presenti anche dei centri di aggregazione giovanile.
Spero che quella persona, guardando le foto della macchinetta che mi ha rubato, veda quanto ci siamo divertiti, come siamo stati bene, e le belle giornate che abbiamo trascorso.
I campi sono esperienze di vita, è una forma di crescita, arricchimento, e socializzazione, servono ai ragazzi, alle famiglie, agli amici… stare insieme è importante! L’obiettivo è conoscersi meglio. Torni con una marcia in più, hai piu’ carica. Vi invito e vi suggerisco di farne.

Flora Atlante


Sulla legge del Dopo di Noi

Leggo con disappunto e stupore sulla rivista Ombre e Luci n. 138 che la legge 112/2016 “è una buona legge nei principi e nelle finalità ma, visto anche il decreto attuativo 23 novembre 2016, risulta manchevole nel fornire sufficienti strumenti di realizzazione”.

Come componente del Csa – Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base e della Fondazione promozione sociale onlus, due realtà che sono fin da subito intervenute nell’iter di approvazione della legge con osservazioni e proposte a promozione e tutela delle leggi vigenti per le persone con disabilità, sostengo convintamente che non è così.
La legge 112/2016 è una legge che omette i diritti esigibili contenuti nei Livelli essenziali (e quindi disinforma le famiglie). Prevede interventi di poco conto: sostanzialmente alcuni sgravi fiscali per strumenti di accantonamento di risorse da parte delle famiglie delle persone con disabilità grave (ignorando peraltro serissimi problemi di effettiva fruizione nel tempo di queste risorse da parte di persone che non sono in grado di rappresentarsi da sé).

Il Consiglio nazionale del Notariato ha confermato nel protocollo siglato con Anffas il 28 aprile scorso la sostanziale portata minima del provvedimento, a fronte delle prestazioni già previste dalla normativa vigente (e molto spesso non applicate, questo è vero, ma non perché manchi qualcosa): le prestazioni previste dalla nuova legge «si aggiungono ai livelli essenziali di assistenza e agli altri interventi di cura e sostegno previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone con disabilità. Si tratta quindi di ulteriori facoltà messe a disposizione dei privati, attraverso la previsione di incentivi di natura prevalentemente fiscale». Nemmeno gli stanziamenti del Fondo istituito dalla legge sono soddisfacenti.

E meno male che il decreto attuativo ha precisato che sono aggiuntivi e non alternativi a quelli per i servizi sanitari o socio-sanitari, altrimenti si sarebbe trattato di uno slittamento completo da questi settori (dove il diritto è esigibile e le prestazioni certe) a quello assistenziale, funestato dalla discrezionalità degli interventi (che com’è noto per le persone con disabilità vanno incontro ad una giungla di pretesti sulla mancanza di risorse).
Sarebbe molto utile a decine di migliaia di famiglie in Italia se, tornando sull’argomento, voleste affrontare, con attenzione al diritto e alle conseguenti prestazioni, i temi che le famiglie sollevano quotidianamente, ma sui quali sono costantemente, nella grandissima maggioranza dei casi, prese in giro dalle istituzioni.

Un esempio su tutti, riprendendo uno degli argomenti utilizzati dai sostenitori delle allora proposte di legge e dai Parlamentari per spingere l’approvazione del provvedimento: c’è qualcuno che crede davvero che solo il fatto di mettere a disposizione un alloggio o una proprietà (quindi senza lavorare per l’intervento dell’Asl, per l’accreditamento della struttura con il Servizio sanitario nazionale, per la garanzia di prestazioni Lea, per la valutazione dell’idoneità del fabbricato, dei percorsi abilitativi-terapeutici, senza fare nulla di tutto questo, perché nulla di tutto questo è previsto dalla legge) si garantisca il presente e il futuro alle persone con disabilità non in grado di gestirsi da soli? No, qualunque osservatore ragionevole e in buona fede ammetterebbe che questo dopo di noi non ha strada davanti a sé.

Andrea Ciattaglia


Il signor Bzeek

Mohamed Bzeek è un americano di 62 anni, trasferitosi in California dopo essere emigrato dalla Libia nel lontano 1978. Probabilmente non ha mai sentito parlare di Jean Vanier, e in effetti non si direbbe che i due “santi” possano avere qualcosa in comune. Mohamed è infatti un musulmano divorziato, ha un figlio biologico e una folta barba. Eppure, nonostante i quasi 9000 chilometri che separano le loro abitazioni, c’è un aspetto che li lega profondamente: entrambi hanno consacrato la propria vita al servizio dei più deboli e indifesi tra tutti gli esseri umani.

Il signor Bzeek e la moglie, negli ultimi 20 anni hanno adottato 10 bambini malati terminali, donando loro un’esistenza dignitosa, anche dopo la nascita del loro figlio Adam, affetto da nanismo, aggravato da osteogenesi imperfetta. La loro casa è diventata nel tempo un punto di riferimento e di speranza per la città di Azusa, e la vicina Los Angeles dove vivono circa 600 bambini malati terminali.

Leggendo questa storia, nonostante Mohamed sia dichiaratamente musulmano, ho pensato ad una frase di Gesù (riconosciuto come profeta nella religione islamica) ripresa da tutti e quattro gli evangelisti: in cui ci ammonisce proclamando «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».(Mc 9,37; Lc 9,48; Mt 18,2-5 e Gv 13,20)
Personalmente leggendo la storia di coniugi Bzeek, ho pensato alla vita di Nostro Signore: nato bambino nell’indifferenza sociale, destinato a portare una croce insostenibile, questi due sembrano ora aver preso le sembianze di Simone di Cirene“moderni” Simone di Cirene, ci aiutano a capire che proporrei come “membri onorari” della grande famiglia di Fede e Luce.

Emanuele Mendola


Cara redazione

Cara redazione,
il 28 luglio scorso è venuto a mancare un amico storico di Fede e Luce, Sergio de Rino.
Lo conoscevo da molti anni e lo vedevo partecipare a tutti i nostri incontri.
Qui voglio ricordarlo per una sua consuetudine che avevo notato ed apprezzato: nei nostri incontri di Fede e Luce, lui si fermava in un luogo dove gli amici dovevano comunque passare e, man mano che passavano li salutava.
Io lo consideravo come un papà, che aspetta anche il più lento dei suoi figli; poi, per ultimo, entrava anche lui chiudendo la fila.
Discreto, paziente, sorridente con i suoi occhi azzurri sempre vigili, ci abbracciava tutti con lo sguardo.
Voglio credere che lo faccia ancora.

Elisa Sturlese

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.139


Dialogo aperto n.139 ultima modifica: 2017-09-06T09:30:44+00:00 da Redazione

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