Il mio primo vero ricordo legato all’handicap risale ai miei 16 anni. Ho partecipato ad un pellegrinaggio a Roma con un cugino gravemente handicappato. Aveva un comportamento che lo portava a toccare le persone e questo mi metteva molto a disagio.

Quando sono diventata mamma, non è stata per me una priorità sensibilizzare mia figlia all’handicap. Onestamente si spera sempre che la propria famiglia sarà risparmiata. D’altra parte però “Amatevi l’un l’altro” è sempre stato al centro della mia educazione. Noi siamo tutti differenti e questa attenzione verso chi è diverso va oltre l’handicap e nello stesso tempo lo ingloba.

Credo molto nella forza dell’esempio. Se un bambino vede i propri genitori aiutare spontaneamente una persona anziana ad attraversare la strada, invitare a pranzo un’amica divorziata da poco, fare la spesa ad una zia che è caduta…l’attenzione agli altri resterà impressa nelle loro menti. E parallelamente è mostruoso che un bambino possa sentir dire a tavola che non si capisce perché la tale amica non abbia abortito sapendo di aspettare un bambino handicappato. Ho aiutato per due anni un bambino autistico del mio quartiere.

Ines, benché ancora piccola, si rendeva conto che Yves aveva qualche problema e mi ha fatto delle domande alle quali ho cercato di rispondere. Ma soprattutto ha visto che sua madre si dava da fare per aiutare un bambino che, in cortile durante la ricreazione alcuni compagni prendevano in giro. Oggi come Guida adulta ha scelto come servizio di occuparsi di una ragazza con un ritardo mentale grave.

Quest’estate su richiesta del nostro parroco è partita per la Giornata Mondiale della Gioventù per accompagnare una ragazza della sua età con difficoltà motorie. Sono veramente emozionata nel vederla mettere in pratica questa attenzione verso i più piccoli.

Laurence , 2016, da O&L N° 213

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.136

L’educazione attraverso l’esempio ultima modifica: 2016-12-16T10:25:14+00:00 da Redazione

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