Lo zaino che Emma dovrà portare per tutta la vita sulle spalle, è la sindrome di Down. Percorrerà il suo cammino, riuscirà a fare le cose che fanno i suoi fratelli, ma sempre con più fatica degli altri perché ha questo fardello sulle spalle; i suoi genitori e tante altre persone possono aiutarla, ma non possono portare quello zaino per lei.

L’autrice ci parla di Emma, la sua secondogenita nata con la sindrome Down, con uno stile narrativo piuttosto asciutto, diverso da altri libri dello stesso genere, senza enfasi, con toni pacati. Talvolta si ha il timore di trovarsi di fronte ad una madre poco affettiva, a causa del tono, in alcuni casi, quasi spietato con cui racconta episodi e stati d’animo.

Ma in verità emerge con forza e sincerità l’amore profondo che ha per sua figlia e ancor di più il riconoscimento obiettivo delle sue conquiste e l’accoglienza piena della sua disabilità. L’autrice fa una netta distinzione tra la figlia e la sua disabilità e sintetizza il suo pensiero in una frase illuminante: “la sindrome di Down non è un dono, Emma è un dono”.

Ne emerge un libro quasi pedagogico in grado di aiutare e dare fiducia a quei genitori che debbono accompagnare un figlio disabile. L’autrice ci parla dei suoi cambiamenti anche dei benefici che questo cammino le ha portato. Benefici a cui tuttavia avrebbe rinunciato volentieri pur di poter alleviare la figlia dal peso del suo zaino.

Rita Massi, 2015

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.130

Lo zaino di Emma – Recensione ultima modifica: 2015-03-19T09:40:53+00:00 da Rita Massi

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