Caro Clemente che ricordi hai dei giorni della tua infanzia quando ti portavamo con noi a passare insieme diverse domeniche ogni anno agli incontri di Fede e Luce? Certamente né a me né alla tua mamma veniva in mente di chiedere il tuo parere. In realtà il nostro pensiero implicito era che la comunità di Fede e Luce sarebbe stato un luogo di formazione per te e per la tua crescita. Non ne abbiamo mai parlato insieme e questa è l’occasione per chiederti oggi, per la prima volta, come vivevi quelle giornate. Che ricordi hai, quali sensazioni belle ti sono rimaste e quali invece quelle meno gradevoli?

Diciamo che di quando ero piccolo non mi ricordo moltissimo. Ora tutte le persone che mi incontrano delle varie comunità dicono: “Oh come sei cresciuto! Io ti ricordo quando eri piccolo piccolo”. Bene, ora vi dirò io: non mi ricordo di voi. I primi ricordi che ho di Fede e Luce risalgono a quando ero gia abbastanza grande per tirare calci a un pallone. Infatti i primi ricordi sono le casette a San Valentino, quando io passavo il tempo fuori, al campo da calcio a fare tutto il giorno porta porta con Emanuele Manfucci. Perennemente ci chiudevano fuori e stavamo le ore ad aspettare che ci aprissero. Una volta entrati mi ritrovavo in un posto che per me era formato da gente speciale, come se avessero avuto dei super poteri. C’era Monicona che ti faceva sempre sorridere con i suoi abbraccioni, c’era Gerry che sembrava sempre arrabbiato ma in realta voleva giocare, Corrado che guai se gli davi la palla (per ripassartela ci metteva una vita ed era sempre indeciso a chi passarla); infine c’era Danielino, che camminava sempre, non si fermava mai, sembrava sempre in ansia, poi però veniva da te e ti dava un abbraccione come per dire: “Tranquillo, io sto bene, non ti preoccupare per me”. Insomma io ho vissuto Fede e Luce, e lo vivo tuttora, come un luogo dove stare con persone che a modo loro ti fanno stare bene. Molti dicono che noi facciamo molto per loro: a queste persone risponderei che, al contrario, i ragazzi fanno più per me che io per loro.

Quando hai cominciato a pensare agli incontri come un posto dove avresti anche potuto non venire? Hai continuato a venire solo per obbedienza e per routine, oppure c’era qualcosa che ti teneva legato alla comunità? Oppure hai continuato a venire perché ti sentivi in dovere di dare un aiuto?

Ho iniziato a pensare che sarei potuto andare via dalla comunità quando ne è uscito mio fratello piu grande, Tommaso. Poi però non l’ho mai fatto, anche se certe volte ci pensavo; poi, però, mi venivano in mente tutti i momenti condivisi e passati insieme e mi veniva da pensare che andarmene da lì sarebbe stato come andarmene da casa: come avrei fatto senza di loro? Non riuscivo ad immaginarlo, e quindi eccomi qua, dopo 19 anni, ancora a Fede e Luce, e non mi sono ancora stancato e non penso lo sarò.

Pensi che la tua partecipazione a Fede e Luce abbia influito sul tuo modo di vivere le relazioni con persone in difficoltà? Se pensi che sia così, quando hai cominciato ad essere consapevole che la comunità di Fede e Luce ti consentiva uno sguardo sulle cose diverso da quello che vedevi nei tuoi amici o compagni?

Si, certo mi ha aiutato molto a rapportarmi con le persone in difficoltà, tuttavia, penso mi abbia aiutato molto di piu a rapportarmi con la gente, non solo con le persone in difficoltà. Del resto siamo tutti uguali: perché dovrei rapportarmi in modo diverso con una persona o con un’altra. Questo l’ho capito solo da poco, quando le mie attività giornaliere e quotidiane mi hanno portato a rapportarmi con molta gente: bambini adolescenti, adulti; con chiunque io mi sia dovuto rapportare ho usato gli insegnamenti che mi avevano dato i ragazzi.

Ora che vivi Fede e Luce da adulto trovi che qualcosa sia cambiato nella tua partecipazione alla vita di comunità? Senti che alla tua presenza corrisponde ora una maggiore responsabilità verso gli amici, le famiglie e i ragazzi, oppure continui a venire pensando che dall’incontro prendi semplicemente quello che viene?

Fino all’anno scorso non sentivo moltissima responsabilità, anche perche, per qualsiasi cosa o problema, sapevo che c’era qualcuno di più esperto pronto a dare il buon esempio e rimediare ai miei errori. Ormai da quasi un anno mi ritrovo io a fare da esempio e devo fare il possibile perché vada tutto per il meglio e tutti stiano bene. Sicuramente ora ho più responsabilità, anche perché se c’è qualcosa che non va, mi sento io il “colpevole”. Sono però dell’idea che uno dà il massimo, poi quello che viene viene, l’importante è averci provato.

Trovi naturale parlare della tua esperienza di Fede e Luce ai tuoi amici che non la conoscono? Hai mai pensato di invitare qualcuno di loro?

Di solito non vado io a raccontare alla gente di Fede e Luce, ne parlo solo se salta fuori l’argomento o qualcosa che lo riguarda. Mi sono trovato a parlarne con professori e studenti, perché ogni anno, per la comunità, vendo calendari e uova di Pasqua a scuola.

Un’occasione in cui ho pensato che l’educazione di Fede e Luce ti avesse veramente permeato è stato quando hai invitato un amico disabile alla tua festa di 18 anni. Ti ho visto presentarlo ai tuoi compagni di classe, dicendo: “Questo è un mio carissimo amico”. Ti ho ammirato. Da diciottenne mai avrei avuto la stessa sicurezza e anche indipendenza di giudizio per una presentazione così diretta e del tutto incurante delle reazioni altrui.

Nel percorso di vita seguo una mia filosofia: sii te stesso, fai solo ciò che ti rende felice e non curarti affatto di ciò che pensa la gente. Se agli altri non sta bene qualcosa, si arrangino, l’importante è che tu sia felice. Quindi, al mio diciottesimo ho fatto solo quello che mi veniva naturale. E poi è normale presentare un amico ad altri amici, non importa se portatore di disabilità o altro, siamo tutti uguali.

Francesco e Clemente Bertolini, Roma – Kimata

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.129

Come sei cresciuto? ultima modifica: 2015-03-19T09:24:08+00:00 da Stefano Marchetti

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