Wonder, meraviglia, cosa bella, che desta stupore… il contrario di quello che il protagonista del libro dovrebbe rappresentare: August, uno dei trenta componenti di una classe di adolescenti di 11-12 anni, è tutt’altro che una meraviglia. È la pietra di inciampo sulla quale vanno a sbattere un po’ tutti i suoi parenti, compagni, professori. È nato con una malformazione facciale congenita che lo rende difficile da accostare e da amare.

Sebbene sia un libro d’invenzione, la storia che Palacio ci racconta non solo è credibile, suscita il nostro interesse, cattura la nostra fantasia ma ci propone una riflessione intensa sull’estetica. Che cosa si può guardare, rimanere incantati, meditare sul valore o meno di ciò che è bello, di ciò che piace, o –semplicemente- di ciò che è “normale”. Che cosa invece rende “tremendo” l’incontro con chi è diverso; come si fa a non coinvolgere in questa vicenda i familiari di August…Sin dall’inizio ci troviamo di fronte ad una scommessa che sembra dirci che non ce la faremo.

E invece no. Tutte le attività di scuola, dallo studio al gioco, dallo sport al teatro, dall’amicizia all’amore, tutto si muove intorno ad August con il timore che sia sempre lui il colpevole; la sua sola scomoda presenza rovina tutto.
Ma non sarà così: piano piano, l’arte misteriosa del “bene” e il valore dei piccoli successi, la bellezza di alcuni gesti, il coraggio di sfidare i luoghi comuni; tutto ciò contribuirà a far sentire August un ragazzo importante e grande per la sua famiglia e per tutti i suoi cari.

Leggetelo, è un libro che bene al cuore.

Mariangela Bertolini, 2013

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.124

Wonder – Recensione ultima modifica: 2013-12-14T12:15:00+00:00 da Mariangela Bertolini

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