Conosco Nunzia da molti anni, da quando sua figlia Emanuela che ha superato da un po’ la trentina, di anni ne aveva solo sei ed era alle prese con la prima elementare.

Emanuela è una ragazza disabile, la sua diagnosi è anchilosi temporo mandibolare bilateale, non può muovere la mandibola, non parla, non mastica ed ha ancora qualche difficoltà nella deglutizione. Questi problemi sono associati ad un importante deficit cognitivo.

Nunzia è una mamma che, insieme ai suoi familiari, di difficoltà ne ha dovuto affrontare tante, ha vissuto e superato sofferenze ed ostacoli, senza perdere il gusto per la vita, il sorriso sul volto e la fiducia nel prossimo. Pur essendo già nonna, mantiene ancora un aspetto giovanile e piacevole, tanto che una volta si è sentita dire: “signora, ma è vero che ha una figlia handicappata? La vedo così bella! “ E già – dice Nunzia – secondo certe persone, le madri con figli disabili devono apparire meste, vestite in modo sciatto, invecchiate precocemente!”

Ho cercato di ripercorre insieme a lei questi trentacinque anni con Emanuela, soffermandoci sui momenti più cruciali, quelli che hanno messo di più alla prova lei e la sua famiglia.

Nunzia ed il marito Nando, oltre a Emanuela hanno un altro figlio maggiore, padre di un bambino di 5 anni che vive in Francia.

Come hai appreso della disabilità di Emanuela e quale è stata la tua reazione e quella dei tuoi familiari?
“Ho saputo subito che mia figlia stava molto male, era cianotica alla nascita, è stata un mese in coma e mi dicevano che sarebbe morta. Mio marito per consolarmi pensava già ad un altro bambino. In quel primo periodo io non andavo nemmeno a trovarla perché non volevo affezionarmi a lei, ma appena l’ho vista ho sentito subito il timore di perderla. Fino ai sei mesi è rimasta nell’ospedale in cui era nata, dove ci continuavano a fare un quadro confuso e tragico, ipotizzavano che fosse cieca e sorda, ma la cosa peggiore era data dal fatto che la bambina non si nutriva, non riusciva a deglutire per cui la sua vita sembrava veramente appesa ad un filo. Dopo sei mesi decidiamo di trasferirla al reparto di gastroenterologia del Policlinico, dove le praticano la gastrostomia e intervengono con terapie appropriate. Emanuela ha iniziato così a migliorare. Intanto io continuavo a proporle bevande per bocca nel tentativo di farla deglutire finché a tre anni, finalmente, un giorno ha mandato giù del succo di frutta, allo ho subito deciso di riportarla a casa., dove gradatamente ha iniziato a nutrirsi regolarmente per bocca. Al Policlinico quasi non volevano credere che sarei riuscita a far alimentare Emanuela per via naturale e mi dicevano “ che grinta signora!” Ma dal momento in cui l’ho accettata, mia figlia mi ha dato forza e la mia vita è cambiata, io sono cambiata: ero timida e sono diventata aperta e risoluta.

Mio marito ha fatto un po’ più fatica ad accettarla, ma non ha mai avuto atteggiamenti di rifiuto. Il nostro rapporto di coppia non è stato messo in crisi dalla presenza di Emanuela, credo che sostanzialmente non sia stato modificato, il nostro è un rapporto di tipo tradizionale: il padre lavora e delega alla madre la cura dei figli e della casa. Comunque all’occorrenza è stato sempre presente.
I familiari di mio marito si sono mostrati subito e costantemente affettuosi e accoglienti, mentre purtroppo mia sorella si è gradatamente allontanata da me.”

Che rapporto hai avuto con la scuola e con i servizi territoriali?
“L’inserimento scolastico non è stato facile, ho sempre vigilato su mia figlia e pertanto, all’inizio della prima elementare, mi son potuta accorgere che passava molte ore di scuola in una stanzetta da sola con l’insegnante di sostegno, persino al momento dell’uscita dalla classe, la bambina era tenuta fuori della fila dei compagni. Sono andata dal Direttore, molto agguerrita ed ho chiesto ragioni. Dopo un certo “putiferio” e un avvicendarsi di insegnanti, finalmente ne è arrivata una , molto brava e con grande disponibilità che ha fatto di tutto per abituare Emanuela a stare in classe, le è stata inoltre assegnata una brava e sensibile assistente educativa.
Anche con l’aiuto dei servizi territoriali Emanuela è riuscita ad inserirsi bene nel gruppo classe a socializzare ed a fare progressi sul piano del comportamento.
I servizi territoriali, a cui mi ero rivolta, hanno aiutato anche me; la psicologa in particolare mi ha sostenuto in una fase di grande difficoltà e mi ha dato modo di tirare fuori il carattere, di ritrovare me stessa, di vedere il problema in un altro modo. L’assistente sociale mi ha sostenuto nell’ affrontare i problemi e nel cercare di superarli. Pian piano ho anche recuperato me stessa i miei vari ruoli di madre di due figli, di donna, di moglie. Ho ripreso a fare le cose che mi piacevano ed ho ricominciato ad andare a ballare insieme a mio marito, portando con noi anche Emanuela.”

Come ha affrontato la pubertà di Emanuela?
“In ogni cosa che dobbiamo affrontare io le parlo prima, la preparo sulle cose da fare.
Emanuela è sviluppata precocemente, ma anche in questo avevo cercato di prepararla per tempo. La portavo con me in bagno quando avevo il ciclo e le facevo vedere con naturalezza quello che facevo, finché una sera la vedo arrivare in cucina con il pacco dei mia assorbenti in mano, le dico di andarli a posare perché non ne ho bisogno, lei insiste e poi mi porta in bagno e mi fa vedere che le era arrivato il ciclo…
Anche per la sua sessualità, non l’ho mai ripresa nei suoi momenti particolari, ma ho insistito perché andasse in camera sua. Non mi ha mai messo in imbarazzo, anzi in seguito era lei a cercare in certi momenti la sua privacy.
Ho sempre puntato molto sull’educazione di Emanuela, questo mi permette di portarla ovunque senza problemi, inoltre ha acquisito una certa autonomia, sa stare anche un po’ da sola e soprattutto sa cosa può fare e cosa no. Ad esempio anche se è molto golosa posso lasciare in vista cioccolatini o caramelle, lei certamente non li tocca perché sa che non è in grado di ingoiarli.”

La presenza di un altro figlio ti ha aiutato con Emanuela o ha costituito un’ulteriore difficoltà?
“La presenza di mio figlio Daniele di otto anni più grande della sorella, sicuramente è stata di grande aiuto per me. Daniele era ed è tutt’ora molto legato ad Emanuela, è stato sempre molto protettivo nei suoi confronti e fin dai primi tempi ha imparato a prendersene cura.. Quando era ormai grande molte volte sollecitava me e mio marito ad uscire offrendosi di rimanere con lei.
Non si è mai vergognato di portare a casa amici o fidanzatine, debbo dire che è un ragazzo speciale, tutt’ora che vive lontano si mostra premuroso verso di lei ed entrambi sono fortemente legati l’uno all’altro.”

Ti è costato lasciare il lavoro e dedicarti interamente alla famiglia?
“Avevo studiato e ero impiegata in un laboratorio di analisi, ma ho trovato normale lasciare il lavoro e dedicarmi ai figli, non ho rimpianti in tal senso, ho anche ripreso un piccolo lavoro part time, quando Emanuela ha iniziato a frequentare il Centro diurno, ma poi l’attività si è interrotta. Comunque sono contenta di poter seguire da vicino mia figlia, ho frequenti contatti con il Centro Diurno che lei frequenta e vigilo su quello che lei fa, dal momento che purtroppo mia figlia non mi può raccontare niente. Anche lì tal volta non condivido certi modi di fare, ma siccome mia figlia mostra di andarci molto volentieri, ritengo si trovi bene. Tuttavia difendo le mie opinioni e quando una nuova neuropsichiatra insisteva nel volerle prescrivere dei sedativi perché in quel periodo Emanuela era un po’ agitata, io mi sono decisamente opposta e continuo a rifiutarmi di dargliene. Quando è più nervosa cerco di distrarla e le resto più vicina”

Nunzia hai mai pensato al futuro di Emanuela, cosa pensi in proposito?
“Emanuela ogni estate va in vacanza al mare con il Centro diurno ed ha fatto anche i campi di Fede e Luce. Ama molto il mare e l’acqua in genere, parte sempre molto volentieri e non ha problemi a staccarsi da noi. Non riesco però a pensare che Emanuela possa andare a vivere fuori di casa, finché posso, desidero che viva con noi , quando non ci sarò più io, confido in mio figlio, sono certa che saprà trovare per lei la sistemazione più adatta. Certo per Emanuela non mi dispiacerebbe una Casa Famiglia come il Carro.”

Ancora una domanda: hai avuto problemi con gli altri , amici, vicini …, parli volentieri di tua figlia?
“Come ho detto sono una persona molto aperta e comunicativa, mi capita spesso di parlare di Emanuela come parlo dell’altro figlio o del nipotino. Non faccio differenze, Emanuela è molto discreta ed educata e non limita la mia vita di relazione, la tratto normalmente e lei mostra di capire tutto. Cerco anche di curarla molto nell’aspetto così come faccio con me, credo che se ci si presenta bene si è anche accettati di più. Ho visto che in alcuni casi il mio aspetto ha influito sulla disponibilità dell’altro ad ascoltarmi e questo è un vantaggio anche per mia figlia.
Emanuela ha gli occhi felici e questa è la cosa più importante per me!”

Intervista di Rita Massi, 2013

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.122

Che grinta! ultima modifica: 2013-06-10T15:59:04+00:00 da Rita Massi

Ogni mese inviamo una newsletter

Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.

Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.

Ti sei iscritto. Grazie e a presto... anzi alla prossima newsletter ;) Se ti va, quando la ricevi, facci sapere che ne pensi. Ci farebbe molto piacere.