Ogni anno Bernard nonno e padrino di Emeric, un ragazzo Down di 24 anni, passa una decina di giorni, insieme a suo nipote… intrattenendo così una relazione eccezionale!
Telefonata della mia adorata figlia Virginia, in lacrime: il suo secondo figlio è affetto da sindrome Down. Mi faccio prestare una macchina, attraverso la Francia per andarla a trovare in clinica e tentare di confortarla, non so con quali parole. Mia figlia mi blocca subito: “Papà taci”. Due parole che mi rimescolano ancora dentro. Ho capito allora che in certe situazioni, non si dice niente, si ascolta, si prende semplicemente la mano.

L’angoscia di Virginia mi ha toccato profondamente; ho voluto coinvolgermi per lei e per il piccolo Emeric. Ma se la mia vicinanza a suo figlio è eccezionale, è perché lui ha qualcosa in più, non ho infatti lo stesso tipo di rapporto con i miei altri nipoti. Ogni anno a Pasqua, viene a passare, da solo, una decina di giorni da me, ad Antibes ed è per lui uno dei periodi più belli dell’anno. Emeric ha un attaccamento per me che mi sconvolge; ad esempio un giorno un malanno mi aveva costretto a letto ed eccolo lì, in ginocchio ai piedi del mio letto in lacrime : “ Mio Dio, il nonno è malato, bisogna fare qualcosa, non può restare così!”. E così risveglia in me una tenerezza che non sospettavo di avere. Ha un vero e proprio passe-partout per aprire il cuore, abbatte ogni barriera convenzionale. I miei altri nipoti non si gettano tra le mie braccia come fa lui e né io né loro osiamo dirci semplicemente che ci vogliamo bene, così come fa Emeric.

Questo amore non viene spontaneo solo perché si è nonni; mia moglie Mirella è cresciuta con un fratello handicappato. A quell’epoca era una vergogna, non si mostrava un bambino così. Quindi quando Emeric è nato è stata una sofferenza più grande per mia moglie che per me. Un giorno voleva abbracciare Emeric, ma lui l’ha respinta; sentiva infatti ciò che lei provava. E’ stato terribile.

Una domanda straordinaria
Quando Virginia mi ha chiesto di fare da padrino a suo figlio, ha precisato: perché “c’è bisogno di te.” E’ stata una richiesta straordinaria. In quel periodo mia figlia aveva tralasciato la pratica religiosa. Vedendo che a sedici anni, Emeric non aveva ancora fatto la sua prima comunione e avendo costatato che gli piaceva molto accompagnarmi tutti i giorni a messa, quando era in vacanza con me, ho proposto a mia figlia di prepararlo e lei ha accettato. Emeric ha quindi fatto la sua prima comunione nella mia parrocchia! Ormai quando mi presenta agli altri, non dice che sono suo nonno, ma il suo padrino. Lui non ha che un solo padrino ed io, tra i miei quindici nipoti, non ho che un solo figlioccio: questo ci rende unici l’uno per l’altro.

Come tenerlo occupato?
Debbo ammettere che dopo essere rimasto vedovo mi sono chiesto come poter riempire le mie giornate con Emeric. Ho allora proposto la sua collaborazione al supermercato del mio quartiere. Così quando viene a stare da me, tutte le mattine va a sistemare i prodotti negli scaffali di questo grande magazzino. Emeric va al lavoro e alla fine della settimana riceve un regalo come pagamento del suo aiuto: bisogna vedere com’è felice! Per il resto della giornata mi segue dappertutto. E’ facile per lui essere a suo agio con tutti. D’altra parte occuparmi di lui è per me una grande responsabilità e quando riparte, mi sento sollevato.
Amo profondamente mio nipote e questo fa molto piacere a sua madre: la solleva, la discolpa. Vede che suo figlio è desiderato. Non mi piace la frase che dicono i sacerdoti: “Dio ama tutti gli uomini.” Mi lascia indifferente: io voglio essere amato come essere unico! Emeric è unico per me ed io sono unico per lui.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 117, 2012

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Emeric, una tenerezza che non sospettavo di avere ultima modifica: 2012-03-16T11:03:57+00:00 da Bernard Provoust

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