“Turbata da quelle parole, ella si domandava cosa potesse significare un tale saluto”
(Lc. 1-29)

Nella gioia della nascita del proprio figliolo, una nube si pone davanti; hai partorito un figlio, aspettato, sperato, amato fin dai primi momenti dell’attesa. Momento misterioso, pieno di sofferenza e di gioia. Ma la gioia si offusca: non è un figlio come avevi atteso, sperato, amato. È diverso è lì che ti guarda e aspetta…

Mio Dio cosa vuoi da me? Non è possibile, non è vero; mi sto sbagliando…La realtà è lì davanti. Ti chiama: “Vuoi essere mia madre?”.
No, non posso, non potrò mai.
A me no, non ce la faccio.

Chiamata terribile e misteriosa: la gioia sparisce. Tutto è buio. Hai voglia solo di chiudere gli occhi; non vedere, non sentire, non credere che sia vero. La realtà è lì davanti: ti chiama: “Sono il tuo bambino. Mi vuoi?”.
Come dire di sì? Come accettare?

Non puoi Signore chiedermi questa cosa. Non ho la forza, non posso. Va via. Allontanati da me.

Ma il bimbo che tu hai messo al mondo è lì, ti chiede di essere nutrito, attaccato al seno, lavato, cambiato, vestito.
Non puoi sottrarti.

Allora, per forza, devi lasciarti portare da lui a compiere gesti che non vuoi fare ma che devi fare: allattarlo, anche se lui non vuole; sorridergli attraverso le lacrime; accarezzarlo, anche se fuggiresti lontano.
Non puoi, non sai dire di “sì”.
È impossibile.

Giorni interminabili, notti insonni: tutto è crollato: gioia, speranza, sorriso, tutto è sparito.
Notti infinite, senza riposo; vita senza vita, maternità senza amore.
Pietà Signore, pietà, non abbandonarmi.
Quei “sì” che dici – giorni ed anni passano – a gesti di madre forzata sono simili ai passi trascinati nel dolore muto di chi non vede dove sta andando, nel buio.
Il bimbo lo sa, lo vede, ne soffre.
E allora?

Marito, parenti, amici medici con le loro voci di incoraggiamento, di delusione, di silenzio, di comprensione, di offesa, turbinano attorno a te ed al tuo bimbo: tu li vedi, li senti, ma è come se non li vedessi, non li sentissi.
Sei lì, impietrita, sola, di fronte ad un bimbo tuo, certo, ma che non senti tuo.

“Beata colei che ha creduto che si sarebbe avverato quanto era stato detto da parte del Signore”
(Lc 1,45)

Per una strana coincidenza, incontri un’altra mamma, come te.
Non ne sai il perché, né te lo chiedi. È lì vicina a te, con il suo bimbo come il tuo.
Parla, racconta, ti abbraccia.
Tu guardi attonita il suo bimbo ed il suo viso; è diverso dal tuo, completamente diverso. Ma non importa.

Quello che stai scoprendo ha un valore unico: non sei sola!
C’è qualcun altro che sta vivendo quello che vivi tu. Tu che non hai più sorriso, sorridi a quella mamma perché loro ti hanno sorriso.
Non puoi, anche se gli occhi ti si riempiono di lacrime, non puoi non sorridere. È più forte di te.
Non capisci perché. Non capisci il mistero.
Altre mamme si uniscono a quella mamma, altri bimbi, tutti diversi dal tuo ma tutti un po’ come il tuo.

A che serve parlare? A che serve spiegare?
Le parole non contano, non servono; il confronto ancora meno.
Senti dentro di te, per la prima volta, la gioia di non essere sola.
Sorridi e canti con loro, un canto che stride, ma che ti allarga il cuore; un canto che sembra assurdo perché troppo in contrasto con quello che hai davanti.
Eppure ti senti portata, trasportata ad unirti a tutti loro, mamme, papà, bambini, che piangendo e sorridendo insieme cantano un Magnificat che non potrai più dimenticare.

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini
di buona volontà”
(Lc 2, 14)

Te ne vai da lì con il cuore in pace ed in tumulto nello stesso tempo: sei te, non sei più te. Vai a casa; spingi il tuo esserino che ti guarda con il suo sguardo misterioso.
Tutto è mistero in lui: nessuno sa spiegare, aiutare, capire: non parla, non cammina, non gioca, non sa vestirsi, non sa mangiare da solo, non sa tenersi pulito…

Ma tu sei lì, sei la sua mamma: hai fatto sempre tutto te per lui: cantato, parlato, imboccato, cambiato, vestito, cullato, sorriso. Lui vive sempre con te, è inseparabile da te.
Tu hai detto sì, sempre, sempre, ma con quanta tristezza dentro il cuore, con quanta rabbia a volte, con quale sgomento guardando gli altri bambini.

Ora lui ti guarda e tu lo guardi in modo diverso: è il tuo bimbo finalmente! Il tuo cuore batte forte, forte; il tuo sorriso si spalanca verso di lui; per la prima volta gli parli in modo diverso. Hai quasi paura per quello che ti sta succedendo. Sei sola ma non senti più la solitudine: ci sono tante altre mamme: come sorridevano, come sembravano volerti bene, come facevano festa al tuo bambino.

Senti misteriosamente quello che ti sta succedendo; è nato ora il tuo bimbo. È rinato nel tuo cuore perché ora gli vuoi bene, è lui, il tuo bambino, così com’è.
Mentre sali a fatica le scale di casa, ti si avvicina un ragazzo che ti chiede se può aiutarti. “Sì, grazie!”. Non osi credere: sei passata per tante volte da quelle scale, nessuno mai ti ha chiesto di aiutarti.

A casa, trovi l’amica che, appena entri, ti domanda se può far giocare il tuo bambino.
Ti senti rispondere: “Certo, perché no?”. Non l’hai mai fatto prima di allora.
E quando alla sera, tuo marito rientrando, sospirando in caccia da anni di un tuo sorriso, ti chiede se il bambino ha mangiato, ti senti rispondere a piena voce: “Sì, bene, grazie, come stai?”.

Nei giorni che seguono scopri piano piano che molte persone sono vicine a te e al tuo bambino; ma tu non le vedevi; molte persone che non conoscevi bene, sono lì pronte ad amarlo, con te, vicine a te, senza enfasi, tacendo.
E tu dici “grazie” perché è nato il tuo bimbo nel tuo cuore.

“Ecco, Egli è posto come segno di contraddizione. Anzi, a te pure una spada trapasserà l’anima affinchè vengano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2, 34-35)

Lo tenevi nascosto il tuo bambino; il tuo cuore offeso di madre non ti lasciava libera di mostrarlo agli “altri”. Paura, difesa, confusione, timore, orgoglio… Gli altri, non capiscono; gli altri sono crudeli; meglio stare per i fatti nostri; soli, nascosti nel nostro dolore, nella nostra umiliazione. E questo, anche se ti faceva male, ti sembrava naturale, giusto. “Lo proteggo – dicevi – dagli sguardi indiscreti, dalle critiche malevole, dai commenti poco simpatici”. Ed eri fiera di proteggerlo.

Ora, genitori, parenti, amici, ti chiamano fuori, ti invitano, vogliono dimostrarti con sincerità, concretamente che il tuo bambino è aspettato, chiamato.
Allora esci, lo porti, lo presenti con il suo nome; non hai più paura che lo vedano così com’è: ecco il mio bambino!

Nel mondo – per le strade, nelle riunioni, alle feste, in Chiesa: ecco il mio bambino!
Il Signore ti ha chiamata attraverso la voce dei fratelli. Ora non sono più nemici come prima. Ti chiamano e tu rispondi con gioia: sei contenta, canti, scherzi, la vita rinasce. La vita, che ti sembrava fatta solo di dolore, ti appare sotto una nuova luce. Ritrovi il gusto delle cose belle che ti circondano, ritrovi la semplicità che non avevi più: la semplicità, il candore, ti portano una nuova vita.

Fiat – Magnificat – Grazie, grazie Signore di avermi dato questo figliolo, così com’è. Non importa, lo so, sarà sempre duro, difficile: dovrà sempre imboccarlo, vestirlo, lavarlo…
Il dolore ci sarà sempre tutta la vita, ma grazie, Signore. Tu sei con me. Non temo più. Con te vicino, con lui accanto, il cammino è più facile.

Il dolore si è trasformato: ho gli occhi aperti su di lui: posso amarlo, così com’è e scopro ogni giorno di più il tesoro nascosto in lui: il suo amore paziente verso di me mi ha fatto scoprire il mio amore per lui e per gli altri.
Posso ora, finalmente, alzare gli occhi verso di te, Signore, per ringraziarti.

“Ora, tutti quelli che lo ascoltavano si stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte” (Lc 2,47)

Un giorno ti accorgi che il tuo bambino è cresciuto, si è fatto grande, si è staccato da te. Piano, piano, certo, e con quanta lentezza. È ancora lui, sì, pieno di bisogni e di cure – quelle non finiscono mai – ma gli anni sono passati anche per lui nonostante tutto, non è più un bambino.

Non sai bene ritrovarti in questo nuovo compito: è grande e non lo è. Vorresti proteggerlo, ma non è giusto. Devi educarlo a vivere da solo, come può. Ed è duro, difficile, penoso; sono momenti pieni di incertezze, di dubbi: faccio bene, faccio male. Ha bisogno di me, ma sta bene con gli altri… devo aiutarlo, ma non deve accorgersene… spronarlo, senza esigere troppo. Sperare che progredisca, senza aspettarmi miracoli. Aver fiducia in lui… Eppure, lui ha ancora bisogno di me; da solo come può fare?

Quante domande cui far fronte, quanti sbagli, quante omissioni.
Lui chiede di essere considerato grande e non lo è. Vuol fare da solo e non può.
Signore, aiutami, non mi lasciare!
Poi all’improvviso, quando meno te lo aspetti, ecco, la chiamata ti viene dalle circostanze: sei costretta a lasciarlo andare da solo. Mistero, paura, angoscia.
Sei tu costretta a lasciarlo. È lui che ti lascia.
Per dove? Come? Cosa sarà di lui?

Tuo figlio, come ogni altro figlio, non ti appartiene, come tu credevi. È legato a te più degli altri, ma, non ti appartiene. E devi lasciarlo seguire la sua chiamata, ancora una volta misteriosa e paurosa.
Non temere! Oh, come è facile a dirsi e come è difficile a viversi!
Il Signore è con te. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato.

Il passo è duro e difficile, ma ancora una volta la gioia si unisce alla sofferenza perché ritrovi il tuo bambino intento a “guidare” gli altri, a “insegnare” il suo messaggio di innocente fra chi non lo è più, a portare la sua luce a chi la sa e la vuole vedere in lui.

“O Maria, che con il tuo fiat ci hai dato Gesù, che con il tuo aiuto mi hai dato di scorgere nel mio bambino il volto del tuo Gesù. Fa che il tuo esempio mi porti a cantare ora e sempre, umilmente MAGNIFICAT!

Mariangela Bertolini, 15 agosto 1978

Mariangela Bertolini

Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.

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Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.128

Momenti misteriosi ultima modifica: 2014-12-15T10:01:23+00:00 da Mariangela Bertolini

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