Creata da Jason Katims (già vincitore di un Emmy per la sceneggiatura di Friday Night Lights, nel 2011) As We See It mette al centro le vite di tre persone neurodivergenti che condividono lo stesso appartamento in semi-autonomia. Violet, Harrison e Jack, tutti interpretati da attori realmente autistici, sono infatti supervisionati da un’assistente, Mandy, aspirante neurologa combattuta tra l’opportunità di approfondire la sua specializzazione in un’altra città e la prosecuzione del cammino di affiancamento con il gruppo. I tre hanno una caratterizzazione e una problematica ben definita: Violet è ossessionata dal desiderio di avere un ragazzo con cui fare le prime esperienze di coppia, Harrison ha il terrore di uscire di casa e camminare tra la gente, mentre Jack fa fatica a relazionarsi con gli altri per via del suo approccio troppo sincero.
La serie non è un capolavoro e non ha un taglio particolarmente memorabile dal punto di vista stilistico, se non per la scelta di girare tutto con la camera a mano, a voler dare l’idea di trovarsi in un contesto intimo, quasi documentaristico. Si fa però notare perché, così come promette il titolo, è un racconto attento a non scivolare in facili retoriche sul “povero disabile”, ma anzi costruisce dinamiche sociali complesse, scomode e quasi contraddittorie, per questo molto reali: una buona ricetta per allontanarci da quel fastidioso pietismo. Prima che con disabilità, Jack, Violet e Harrison sono persone con caratteri unici, piacevoli o insopportabili a prescindere dalla loro condizione.
Il rapporto tra Violet e suo fratello Van, ad esempio, presenta conflitti tutt’altro che ovvi: lui è spesso costretto ad accantonare la vita privata, rinunciando persino ad avere una relazione, per dare priorità alla sorella. Pur con tutte le migliori intenzioni, dettate dall’amore e dalle preoccupazioni, Van non potrà risultare altro che possessivo e asfissiante per Violet, che invece cerca disperatamente la sua indipendenza. Anche l’evoluzione dell’amicizia tra Harrison e il vicino di casa offre vari spunti per riflettere sui pregiudizi e la mancanza di sensibilità, talvolta inconsapevole, verso chi è più fragile.
Così come già in Atypical, anche in As We See It gli aspetti drammatici sono stemperati da stacchi divertenti, sparsi con dosato tempismo. Rispetto alla serie Netflix, però, le atmosfere da storia adolescenziale sono abbandonate in favore di un tono più adulto. Entrambe le storie concorrono all’obiettivo di una sempre migliore rappresentazione delle minoranze sociali, ed è bello constatare risultati così soddisfacenti. Meno bello è invece scoprire che, per quanto ben costruite, queste storie fatichino ad incontrare il favore del pubblico generalista: gli scarsi risultati di visione hanno infatti spinto la produzione a interrompere la serie dopo la prima stagione. Gli otto episodi di As We See It sono tutti disponibili in streaming su Amazon Prime Video.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 160, 2022
SOMMARIO
Editoriale
Declinazioni di speranza di Cristina Tersigni
Focus: Per pedalare tutti
Otto giorni per vent’anni di Cristina Tersigni
Tandem in Trentino di Andrea Posa
Invertire gli addendi di Cristina Tersigni
Bari scintillante di Cristina Tersigni
«Ce l’abbiamo fatta!» di Giampaolo Mattei
Intervista
Alberta e la Rivoluzione di Giulia Galeotti
Testimonianza
Alla ricerca dell’altro da me di Giulia Cirillo
Dall'archivio
Avete mai provato... di Mariangela Bertolini
Associazioni
Il piacere del contatto di Enrica Riera
Spettacoli
Il mondo come lo vediamo noi di Matteo Cinti
Fede e Luce
Campi di giochi
Dialogo aperto
Libri
A sua immagine? a cura di Alberto Fontana e Giovanni Merlo
La più bella nuotata della mia vita di Anne Becker
Abbassa il cielo e scendi di Giorgio Boatti
Il grande cavallo blu di Irène Cohen-Janca e Maurizio A.C. Quarello
Diari
Fiera di me stessa di Benedetta Mattei
E.T. alla Bicoca di Giovanni Grossi
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