“Se io dico quello che penso…». Bisognava vederla l’espressione sul volto di Papa Francesco per sostituire quei tre puntini. Ce l’aveva – e di brutto – con i parroci che non accolgono le persone con disabilità, quell’11 giugno 2016 incontrando quanti si danno da fare, sul serio, per superare “incomprensioni, chiusure e discriminazioni” nelle parrocchie verso le persone più fragili. A cominciare dai bambini. E magari – ebbe a dire il Papa senza giri di parole – quei sacerdoti accampano pure scuse perbeniste del tipo “ma io non sono preparato” o, peggio, “ma tanto non capiscono!”. Quel parroco dovrebbe “convertirsi!” il suggerimento schietto di Francesco. Di più: a un sacerdote che non accoglie tutti, disabili intellettivi compresi, che consiglio darebbe il Papa? «Chiudi la porta della chiesa, per favore! O tutti, o nessuno: sei tu che non sei capace di capire!».

Parole chiare. E messe pure in atto. Non c’è incontro pubblico, udienza o messa, in cui Papa Francesco non riservi alle persone con disabilità “il posto d’onore”. Accogliendole con abbracci e soprattutto con la disponibilità ad ascoltare. Proprio quell’11 giugno 2016, nell’aula Paolo VI, un piccolo gruppo di bambine con sindrome di Down – sì, tutte femminucce – decisero di andare a dare un bacetto al Papa… proprio durante il discorso. E certo Francesco non ha messo barriere di protocollo: ha semplicemente messo da parte il testo scritto, con un sorriso, e le ha accolte, una per una, con un abbraccione e tanto di bacetto. «Vieni, vieni – ha detto alla prima del gruppo – questa è coraggiosa, non ha paura, questa rischia, sa che le diversità sono una ricchezza; rischia, e ci ha dato una lezione. Questa mai sarà discriminata, sa difendersi da sola!».

Parole, e gesti, che valgono più di ore di dibattiti. Ecco perché tra le “catechesi” più efficaci di Papa Francesco ci sono proprio i suoi incontri personali con i bambini Down (e non solo). Sì, esattamente come quel giorno nell’aula Paolo VI. Non è certo un caso che scene simili si ripetono di continuo, spontaneamente: di recente, il 13 ottobre, nella più solenne sala Clementina del palazzo apostolico in Vaticano, Gemma (con la forza inarrestabile dei suoi 4 anni e una passione per la recitazione) ha deciso che il suo posto era proprio alla sinistra del Papa. Il monsignore reggente della Prefettura della Casa Pontificia l’ha presa in braccio sorridendo, cedendole subito il posto. E lei è rimasta lì, seduta, per tutto il tempo dell’incontro, scherzando e parlottando con il suo “amico” Papa. Niente di più semplice. Niente di più naturale.

È stato così, qualche giorno dopo, anche per Benedetta: è voluta andare a dire personalmente a Francesco che stava per ricevere la Cresima. Benedetta aveva già avuto modo di conoscere il Papa – oltretutto faceva parte del “coraggioso gruppetto” dell’aula Paolo VI… – e sapeva benissimo che sarebbe stata accolta. E ascoltata. Da buona amica, ha confidato al Papa la sua preoccupazione per la piccola ferita al sopracciglio e allo zigomo sinistro: sulla “papamobile”, cercava di salutare un bambino a Cartagena in Colombia, Francesco si è fatto male con la copertura in vetro del veicolo. E Benedetta, vedendolo in tv con il cerotto, si era seriamente preoccupata. Al punto di chiedere continuamente se la ferita del suo “amico” si fosse (finalmente) rimarginata. E così, quando lo ha incontrato, non ha certo mancato di chiedergli notizie direttamente. «Tutto a posto!» l’ha rassicurata il Papa che l’ha poi subito abbracciata, ridendo, sentendo la risposta di Benedetta «Ma sei proprio sicuro sicuro sicuro?». Tra amici si fa così, no?

Ecco, dunque, il contenuto essenziale di queste particolari “catechesi” di Papa Francesco, suggerite e proposte a tutti con l’aiuto delle sue “amiche” Gemma e Benedetta: imparare ad accogliere e ascoltare tutti, nessuno escluso, con la consapevolezza che “la diversità è sempre una ricchezza”.

Giampaolo Mattei, 2018

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.140

Le amiche di Francesco ultima modifica: 2017-12-21T11:20:33+00:00 da Giampaolo Mattei

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