“Nell’anno del Giubileo straordinario della misericordia, (…) e nel contesto delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della morte del beato don Gnocchi, questo testo mette a confronto posizioni autorevoli, diverse, ma con argomentazioni convergenti su interrogativi sempre attuali: è possibile dare un nome al dolore umano? C’è una ragione umana e cristiana, un significato possibile e plausibile del dolore, soprattutto quello innocente? …” (dalla prefazione al libro, p.10)

Per don Carlo le 50 pagine di questo scritto volevano essere un testamento spirituale (veniva dato alle stampe nei giorni in cui la sua vita terrena giungeva al termine) a quanti affidava e raccomandava la sua opera di misericordia, nata per rispondere al dolore dei tanti bambini che dalla guerra avevano riportato tremende ferite fisiche e psicologiche e che sarebbe stata poi rivolta anche a quanti soffrivano di malattie invalidanti per le più svariate cause. Il cammino verso l’accettazione del dolore umano, soprattutto quello dei bambini, è davvero difficile: per don Carlo l’unica risposta possibile rimane quella di guardare al Crocifisso.

Emerge in lui una grazia speciale in seguito alle grandi sofferenze vissute nella guerra: da cappellano militare non ha lasciato i suoi alpini durante la guerra sul fronte russo, ne ha seguito la drammatica ritirata, è tornato e ha speso la sua vita a non render vano tanto dolore proprio in nome di Gesù Crocifisso. Il libro pubblicato contiene i contributi del cardinale Angelo Scola e di Salvatore Natoli i quali, da punti di vista diversi, non temono di poter continuare a porsi domande su un tema che da sempre sollecita l’animo umano.

Cristina Tersigni, 2016

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.136

Pedagogia del dolore innocente – Recensione ultima modifica: 2016-12-16T09:00:14+00:00 da Cristina Tersigni

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