La mamma è veramente agitata oggi. Si sta preparando a uscire, ma non si decide: avrà provato almeno venti vestiti – pensa Viola – li sta buttando uno dopo l’altro sul letto, lei di solito così ordinata. Però, in fondo, il suo nervosismo Viola lo capisce: come si sentirebbe lei, se dovesse andare alla presentazione del romanzo della sua amica del cuore in una delle più belle librerie della città?

Che poi Viola ha questo sogno nel cuore: da grande vorrebbe fare la scrittrice, ed è per questo che guarda sempre con grande curiosità Valeria, l’amica della mamma, quando viene da loro per il té. Perché Valeria Parrella è proprio una scrittrice famosa. L’ultimo suo libro, poi, ha una copertina bellissima: c’è una donna, di spalle, che guarda il mare, i capelli corti arruffati dal vento. Si intitola Tempo di imparare (Einaudi, 2013), e racconta – in prima persona – il rapporto di una giovane madre con Arturo, il figlio disabile.

Nei giorni scorsi, la mamma ha letto a Viola qualche pagina di questo romanzo, e c’è in particolare una scena che alla bambina è ritornata spesso in mente da allora. Le piace da impazzire.
“Alla tua festa di compleanno – scrive Valeria Parrella – la casa come una bolgia infernale, bambini infilati in ogni interstizio, io che pensavo che dopo non sarebbero bastate le pulizie: ci voleva una ristrutturazione. Ariel [il babbo di Arturo] era sul divano a chiacchierare con il papà di Antonio [un compagno di classe legatissimo ad Arturo] e Antonio si è avvicinato. Serio serio ha guardato Ariel: ‘Ma Arturo è disabile?’. Il papà di Antonio si è fatto rosso in viso, come accade quando si perde l’innocenza.

Ma Ariel ha visto nella bocca di Antonio una parola troppo grande, così gli ha raccontato questa storia: ‘Sì, è disabile, siamo una famiglia di disabili. È come i pellerossa, ne basta uno della tribù che prendono tutti gli stessi segni, io sono disabile, la mamma di Arturo è disabile, i nonni sono disabili, e anche il Botanico, vedi quel signore là che sta fumando fuori al balcone? È un nostro caro amico, conosce Arturo da quando è nato, così è disabile anche lui.

La sua fidanzata un poco meno, almeno finché non si sposano’. ‘E io?’, chiede Antonio. ‘No, tu non sei disabile, mi dispiace: tu sei di un’altra tribù’”.

Viola – che adora pensare a lei e a Mimosa come due piccole squaw – si affaccia alla porta della stanza dei suoi genitori. Alla mamma che ha finalmente deciso per il vestito verde, sussurra “dì a Valeria che la nostra tribù di fiori le fa un grosso in bocca al lupo”.

Giulia Galeotti, 2014

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.125

Viola e Valeria ultima modifica: 2014-03-29T11:50:35+00:00 da Giulia Galeotti

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